Ucraina, la parola di chi comanda al Cremlino non vale un soldo bucato

Il principale giornale del regime comunista sovietico si chiamava Pravda, “Verità”, perché comunicava “la verità di regime” e la gente sapesse che cosa credere

L'opinione di Gianni Pardo
Vladimir Putin Lapresse
Esteri
Condividi su:

Finché la Russia non tornerà alla democrazia rimarrà quella paria sociale e morale che fu dopo la Rivoluzione Ungherese e l’Invasione della Cecoslovacchia

I giornali dicono che i russi hanno ripetutamente bombardato la grande centrale nucleare ucraìna di Zaporizhzhia, provocando un pericoloso incendio. E alla fine l’hanno occupata. Il Ministero della Difesa russo, citato dalla Tass, sostiene che ciò è avvenuto perché i russi sono stati provocati dagli ucraìni. E ovviamente la tesi ha fatto sorridere molti di noi. È come se il Mike Tyson dei bei tempi mi mandasse al tappeto con un diretto e poi sostenesse che l’ho provocato. Ma non importa che cosa sia realmente avvenuto. Per una volta potrebbero persino avere ragione i russi, e questo non cambierebbe un dato incontestabile: in tempo di guerra, ciò che dicono i russi vale zero.

Parlo di ciò perché ho visto che molte persone tendono a mettere sullo stesso piano ciò che dice Putin e ciò che dicono gli Occidentali. Costoro potrebbero sostenere che se ho più fiducia in ciò che dicono gli occidentali (e persino gli ucraìni) è perché sono fazioso; per puro pregiudizio; perché ho deciso che in ogni caso hanno torto i russi. E comunque nemmeno io so come sono andate effettivamente le cose. E sulla carta la tesi è perfettamente plausibile. Ma se una lunga vita obbliga a camminare con un bastone, serve anche ad avere una lunga esperienza. E dove non arriva l’esperienza, arrivano la cultura e la storia.

Proprio oggi ho letto un gustoso articolo di Ferruccio De Bortoli che parla di Gianfranco Pasquino. Narra De Bortoli che una ragazza, conversando in treno con il politologo, non conoscendolo ed essendo sorpresa dell’acutezza delle sue risposte, gli chiese: “Ma lei come fa a sapere tutte queste cose?” E quello, con divertita civetteria: “Sono colto”.

Io non posso dire “sono colto” quanto Pasquino ma alcune cose le so. La verità è favorevole a chi ha ragione e sfavorevole a chi ha torto. È favorevole a chi vince e sfavorevole a chi perde. Dunque in guerra qualunque governo amerebbe addomesticare le notizie. Ma in una democrazia non sempre è possibile: vige il principio della libertà di stampa. Lo Stato potrà certo reagire contro il disfattismo e persino instaurare una blanda censura ma se una radio dice che una certa battaglia è stata perduta, ed è stata effettivamente perduta, lo Stato non può intervenire. Non solo per rispetto della libertà di stampa, ma anche perché la notizia sarebbe confermata da altre fonti.

Le cose stanno diversamente in una dittatura. Qui il governo può fare qualunque cosa: può arrestare chi si permette di scendere in strada per dichiararsi contro la guerra; può incarcerare chiunque dia una notizia vera ma scomoda, può stroncare chi critica il Capo, anche solo un po’. Così impone la sua versione dei fatti e guai a chi osa dichiarare che si tratta di bugie. Arriva a chiudere giornali, radio e televisioni in odore di dissenso, come avviene oggi a Mosca e a San Pietroburgo. Black out.

Chi è anziano comunque non se ne meraviglia. Il principale giornale del regime comunista sovietico si chiamava “Pravda”, cioè “Verità”, e si chiamava così non perché dicesse la verità (gli capitava raramente) ma perché comunicava “la verità di regime” e la gente sapesse che cosa era obbligata a credere. Anche se era evidentemente falso. Contestare la “Pravda” poteva anche corrispondere ad assaggiare il clima della Siberia del Nord in inverno (la famosa Kolima).

Il risultato paradossale è che si potevano far vedere i film americani (cioè un mondo libero e prospero) perché i russi credevano che quella fosse la “verità di regime” del governo americano. In realtà gli americani dovevano essere poveri e disperati come loro. O peggio.

Ma il procedimento non era esclusivamente sovietico. Durante la guerra i tedeschi non si fidavano delle notizie ufficiali e i più coraggiosi, sfidando la Gestapo, ascoltavano la BBC. Questo perché anche il governo inglese avrebbe avuto interesse ad addomesticare le notizie ma in regime di democrazia, oltre che di difficile realizzazione, la falsificazione sarebbe stata pericolosa: gli anglosassoni disprezzano i bugiardi. Si ricordi come è andata a Nixon, per avere mentito. Dunque i tedeschi ascoltavano la BBC perché se gli inglesi avevano vinto lo diceva, ma se avevano perso diceva anche quello. Londra non forse non diceva tutta la verità, ma certo non mentiva spudoratamente.

Ecco perché la parola di chi comanda al Kremlino non vale un soldo bucato. Se oggi Putin mi dicesse che è pronto a dare inizio alla Terza Guerra Mondiale non gli crederei. Se dicesse che non lo farà mai, non gli crederei. Se dicesse che ama o che odia gli ucraìni, non gli crederei. Qualunque cosa dica non gli crederei. Non solo è un dittatore, ma è un dittatore russo: appartiene a un Paese dove una tradizione secolare vuole che non si mostri alcun rispetto né per la dignità né per l’intelligenza del cittadino comune. Gli si può persino raccontare che l'Ucraìna è piena di neonazisti e di terroristi e guai a lui se non fa finta di crederci.

Finché la Russia non tornerà alla democrazia rimarrà quella paria sociale e morale che fu dopo la Rivoluzione Ungherese e l’Invasione della Cecoslovacchia.