Ucraina, Putin pronto a parlare con Trump per la tregua. Ecco le rigidissime condizioni dello zar

Le condizioni di Mosca per il cessate il fuoco e l'avvertimento: "Non c'entra il prezzo del petrolio come sostenuto a Davos"

di Redazione Esteri
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Guerra in Ucraina, Trump e Putin adesso sono pronti. Il piano per escludere l'Europa e le incognite

Se sul fronte della guerra in Medio Oriente i dialoghi per una tregua, per quanto sempre appesa a un filo, sono iniziati e Israele e Hamas stanno tentando seriamente di riportare la "pace" a Gaza, il discorso è diverso per quanto riguarda l'altro conflitto in Ucraina. La vera trattativa, che non può che passare da Trump e dalla Casa Bianca, non è ancora iniziata.

Ma per la prima volta è arrivato un chiaro segnale da parte di Putin. Il presidente russo è pronto a un colloquio con il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, che lo ha esortato a sedersi presto al tavolo per trovare un accordo che ponga fine alle ostilità in Ucraina. Lo ha dichiarato ai cronisti il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov. "Putin è pronto, siamo in attesa di segnali, tutti sono pronti", ha spiegato Peskov che, interpellato su una possibile telefonata già nel fine settimana, ha risposto che "è difficile da prevedere, vi terremo aggiornati non appena accadrà qualcosa, se accadrà qualcosa".

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"Non dipende dai prezzi del petrolio". Lo ha dichiarato il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, in risposta a chi gli chiedeva, in conferenza stampa, un commento sulla frase del presidente Usa, Donald Trump, secondo cui il calo delle quotazioni del greggio avrebbe favorito una conclusione delle ostilità.

Per Peskov, invece, la guerra "sorge da una minaccia alla sicurezza nazionale della Federazione Russa, da una minaccia ai russi che vivono nei noti territori e dalla riluttanza di americani ed europei ad ascoltare le preoccupazioni della Russia, e ciò non dipende dai prezzi del petrolio". La via per un accordo è complicata anche perché Putin, convinto di poter vincere militarmente, non intende fare concessioni. Il Cremlino - in base a quanto risulta a La Repubblica - avanza richieste precise:

1. Nuove presidenziali in Ucraina: ufficialmente per poter negoziare con un presidente “legittimo” (Zelensky, a suo avviso, ha il mandato scaduto e non ha indetto elezioni a causa della legge marziale), ma in realtà per instaurare un governo ucraino “amico”.

2. Niente ingresso di Kiev nella Nato: non basta rinviarne l’adesione, va esclusa del tutto.

3. Una nuova architettura della sicurezza “indivisibile ed eguale” in Europa o in Eurasia, volta a eliminare le “cause profonde del conflitto”. Ciò implicherebbe lo smantellamento delle forze armate ucraine e l’assenza di truppe straniere sul territorio dell’Ucraina.

4. Riconoscimento delle “nuove realtà territoriali”: oltre alla Crimea, l’annessione delle quattro regioni (Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhia e Kherson), incluse le parti ancora sotto controllo ucraino. L’unico possibile margine di trattativa riguarda uno scambio tra il territorio ucraino di Kharkiv e la parte russa di Kursk sotto controllo di Kiev, sebbene Mosca miri comunque a riconquistarla prima di qualsiasi negoziato. L’obiettivo finale del Cremlino è un’Ucraina “amica”, neutrale, smilitarizzata e persino smembrata. Putin punta a ridisegnare una “nuova Jalta” negoziando da pari con gli Stati Uniti, escludendo l’Europa.

A confermarlo sono anche figure di spicco a Mosca: per l’ex segretario del Consiglio di Sicurezza russo Nikolaj Patrushev, "i negoziati devono svolgersi soltanto tra Russia e Stati Uniti", mentre Sergej Karaganov, presidente del Consiglio per la politica estera e di difesa, insiste sulla necessità di "allontanare l’Europa dalla soluzione dei problemi mondiali". In questa visione, qualunque pace che lasci sopravvivere un’Ucraina filo-occidentale sarebbe considerata da Mosca una sconfitta.

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