Il grottesco Trump incarna la rivolta popolare contro le élite che difendono la guerra, ecco perché è stato votato

Nonostante la valanga di aspetti negativi che accompagnano Trump, la sua elezione non può che far riflettere...

di M. Alessandra Filippi e Giancarlo Vianello

Donald Trump, arriva dopo la vittoria alla festa di veglia elettorale al Palm Beach Convention Center

Esteri

Donald Trump: riflessioni post-elettorali a freddo

La clamorosa vittoria di Donald Trump costringe, soprattutto gli sconfitti, a fare i conti con la realtà, e induce a una serie di opportune riflessioni. Il grottesco personaggio porta con sé una rilevante serie di aspetti negativi: la volgarità, il cinismo, i problemi con la giustizia, la brutalità politica e l’elenco potrebbe essere lungo. È senza dubbio un uomo pericoloso, non affidabile e capace delle scelte più brutali e ciniche per ottenere vantaggi.

Inoltre, è a capo di un partito i cui leader si distinguono per le posizioni più reazionarie e razziste, promosse con la più sfrontata virulenza. Come se questo non bastasse, desta preoccupazione la sua vicinanza con Elon Musk, che rappresenta il versante più spregiudicato e aggressivo della tecno-scienza, con un potere difficilmente contenibile.

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Al netto delle negatività, a Trump va tuttavia riconosciuto che negli anni della sua presidenza, non solo non ha aperto nuove guerre ma ha chiuso due situazioni di crisi: con la Corea del Nord e con i Talebani afgani, sebbene quest’ultima sia stata, indegnamente portata a termine da Biden. Come si svolgeranno gli avvenimenti futuri non è possibile ipotizzarlo, non fosse altro per la complessità del personaggio e dello scenario in cui si incastona la sua seconda elezione.

È probabile, come ha promesso, che porrà fine alla guerra in Ucraina. In questa direzione ha già iniziato a muovere le sue pedine sulla scacchiera, senza rivelare la strategia. Sarebbe un gran vantaggio per l’Europa, nella misura in cui allontana un possibile conflitto in grado di coinvolgerci. Paradossalmente, sono le politiche degli Stati europei, supportate all’unisono sia dalle destre sia dai sedicenti socialdemocratici – si veda ad esempio socialdemocratici e verdi in Germania ed Elly Schlein in Italia – che formano un blocco compatto a difesa di una guerra che oltre a massacrare l’Ucraina, avvita l’Europa in una crisi depressiva, alzando i rischi di allargamento del conflitto, con il suo pendant nucleare.

Un altro aspetto delle elezioni americane che potrebbe rivelarsi positivo è dato dal fatto che hanno incarnato la rivolta popolare contro le élite. La mappa dei risultati elettorali è molto chiara: i sedicenti democratici vincono in California e nel New England, cioè in quell’America privilegiata che dai finestrini delle limousine o dei jet privati non riesce a vedere i problemi sociali che si moltiplicano e si diletta di cultura woke e di politically correct. Il resto dell’America, il suo corpo massiccio abitato da gente che lavora, ha votato compattamente per chi, magari ingannando, è riuscito a farsi identificare come l’avversario delle élite.

Il dramma politico, che ha contrassegnato la storia di questi ultimi decenni, consiste nel fatto che non esiste una sinistra in grado di contrastare la bulimica sete di ricchezza e potere dell’esigua minoranza di ultra-privilegiati, ma che si è opportunisticamente trasformata, ponendosi al loro servizio.

In questo modo l’esercizio del voto diventa inutile, come si può evincere dall’astensionismo giunto ormai al cinquanta per cento. Non è ancora chiaro se ciò che è avvenuto nelle elezioni americane rappresenti l’inizio di una, peraltro necessaria, presa di coscienza. È certo, però, che si tratta di un avvenimento su cui sarà sempre più cruciale riflettere. Pena il definitivo scollamento tra chi comanda e chi vota: come insegna la storia, l’anticamera dell’insurrezione e della guerra civile.

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