Il pane quotidiano di Gaza: panico, caos, devastazione e morte

Secondo il capo dell'UNRWA Philippe Lazzarini, solo il 14% della Striscia di Gaza non è sotto gli "ordini di evacuazione" dell'esercito israeliano

di M. Alessandra Filippi
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donne ferite durante i bombardamenti israeliani arrivano al pronto soccorso dell'ospedale Nasser di Khan Younis

Esteri

Il pane quotidiano di Gaza: panico, caos, devastazione e morte

Su molte prime pagine dei quotidiani nazionali, e non solo, oggi campeggiano le foto dei 12 bambini e adolescenti uccisi da un missile libanese mentre stavano giocando in un campo di calcio nella città drusa di Majdal Shams. Un attacco anomalo, oltre che inspiegabile, dal momento che ad essere colpita al cuore è stata la comunità drusa del Golan che, a differenza di quella residente in Israele, i cui membri sono cittadini per iure soli dal 1952, ha rifiutato la cittadinanza offertagli dallo Stato ebraico nel 1982, rivendicando sempre la propria appartenenza alla comunità arabofona, e soprattutto alla madrepatria siriana, benché Israele gli abbia riconosciuto una serie di diritti e che le altre minoranze arabofone non hanno.

Come ha osservato il corrispondente dell’Ansa e di Limes da Beirut, Lorenzo Trombetta, intervistato questa mattina su Radio3. “È strano che Hezbollah abbia voluto colpire una comunità drusa che storicamente non è a suo favore, ma sicuramente non gli è nemica. Non ha molto senso nella retorica del gruppo libanese colpire dei siriani arabi che vivono da mezzo secolo in territorio israeliano”. Trombetta ha inoltre aggiunto: “si parla di errore umano da parte di Hezbollah. Si parla addirittura di altre entità che avrebbero voluto in qualche modo aizzare la comunità drusa contro Hezbollah, o contro Israele”. Attento analista del Medio Oriente, secondo lui è improbabile che l’escalation sul campo segua quella vistosa delle parole.

Le alture del Golan, ricche di acqua, di impianti sciistici, aziende vinicole, percorsi di trekking e strutture turistiche, è bene ricordare che appartengono de iure alla Siria, sebbene siano diventate de facto israeliane in seguito alla guerra dei sei giorni del 1967, nel corso della quale sono state occupate per poi essere annesse, unilateralmente, allo Stato ebraico nel 1981. Un’annessione che, come quella dei Territori occupati della Cisgiordania, è condannata e non riconosciuta dalla comunità internazionale. L’attacco al campo di calcio di Majdal Shams, verso il quale Hezbollah continua a negare ogni responsabilità, è il più mortale che si sia verificato nelle alture del Golan dallo scorso ottobre, e porta a un totale di 44 persone uccise dal 7 ottobre sul lato israeliano del confine, tra cui almeno 21 soldati.

In Libano, invece, secondo l'Armed Conflict Location and Event Data Project, da ottobre a giugno sono almeno 543 i libanesi uccisi dagli attacchi israeliani. Colpisce inoltre l’ampio spazio dato alla notizia dei 12 ragazzini drusi uccisi, nei confronti dei quali c’è stata unanime condanna da parte di tutte le compagini politiche, italiane e europee, sono state invocate punizioni esemplari, la stampa ha pubblicato foto e raccontato le loro brevi vite spezzate. Cosa che non si può dire sia mai stata fatta nel corso del genocidio di Gaza, per le decine di migliaia di bambini fatti a pezzi ogni giorno dall’esercito israeliano. Per loro non solo non c’è spazio per foto e biografie, ma nemmeno per la notizia della loro morte. Sono infatti mesi che il servizio pubblico d’informazione, la Rai, sia via radio che nei Tg dei vari canali televisivi, non fa più menzione della carneficina quotidiana che l’esercito israeliano commette a Gaza.

Anche questa mattina, nel corso della rassegna stampa Radio3 Mondo, il conduttore Luigi Spinola ha sorvolato con grazia ineffabile l’ennesimo massacro di 60/70 civili palestinesi assassinati ieri dagli israeliani, la maggior parte dei quali donne e bambini. Mentre ha rimarcato con vigore tutte le notizie che riportano l’assassinio dei 12 piccoli drusi. Eppure, la rassegna stampa internazionale si fa leggendo le aperture delle testate on line, non solo quelle cartacee, per lo più allineate al mainstream. Nella sua lettura, è il “titolo trasversale” della paura “della guerra totale” a emergere, insieme ai negoziati, alla minaccia dell’allargamento del conflitto, le dichiarazioni di Erdogan, la posizione dell’Iran e della “rabbia e dolore” della comunità drusa.

Una rabbia, quella drusa, in verità rivolta soprattutto verso il governo israeliano e i suoi ministri estremisti, che nemmeno volevano al funerale e che ieri si sono presentati senza invito, ricevendo fischi e accuse. Guai però a dar troppa evidenza a questo dettaglio: la narrazione sionista che deve passare è che fra la comunità drusa e gli ebrei c’è un “patto di sangue” fin dal 1948, anno in cui combatterono al fianco degli ebrei contribuendo alla nascita di Israele.

L'esercito israeliano, come tutta risposta, a poche ore di distanza ha colpito con i suoi droni sette località strategiche del Libano. Secondi fonti libanesi, sembra che oggi Israele stia effettuando pesanti bombardamenti nella città di Houla, a meno di un chilometro dal confine con la Galilea. Il rischio che la reazione di Israele tracimi, malgrado sia in atto una “tempesta di cervelli” della diplomazia internazionale per scongiurarlo, è palpabile. La Middle East Airlines (Mea) ha annunciato che diversi voli all'aeroporto di Beirut sono stati cancellati o ritardati. Air France e la compagnia low cost Transavia France hanno sospeso i loro voli tra Parigi e Beirut, unitamente alla Royal Jordanian, la compagnia aerea di bandiera del Regno di Giordania; stessa cosa aveva fatto ore prima la tedesca Lufthansa.

Jeanine Hennis-Plasschaert rappresentante speciale del segretario generale delle Nazioni Unite per il Libano, e il capo della Forza di interposizione in Libano delle Nazioni Unite (Unifil), il generale Aroldo Lázaro Sáenz, hanno esortato sia Israele sia Hezbollah a trattenersi e a “mettere fine agli scambi di attacchi” che potrebbero “innescare una più grande conflagrazione che travolgerebbe l’intera regione in una catastrofe”. Un'escalation potrebbe avere infatti conseguenze ancora più gravi rispetto a ciò che sta accadendo a Gaza, a causa della maggiore capacità militare di Hezbollah e del maggiore sostegno che l'organizzazione riceve dall'Iran.

Nel frattempo, a Gaza, prosegue indisturbato lo sterminio dei palestinesi. L'aeronautica militare israeliana afferma di aver colpito 35 obiettivi solo nelle ultime 24 ore “uccidendo molte persone a Rafah e Khan Younis”. Il Ministero della Salute ha confermato che nelle ultime 24 ore, in tutta la Striscia, sono stati assassinati più di 70 palestinesi e quasi 300 sono stati feriti.

A venire colpite sono soprattutto le scuole, o meglio, quel che resta delle scuole, affastellate di profughi disperati che non sanno più dove andare. Scuole usate come ospedali da campo e rifugio per famiglie e civili, prese di mira e bombardate dagli israeliani con la solita scusa, mai supportata da un solo straccio di prova: "sono un covo di Hamas". Col pensiero rivolto ai 12 poveri innocenti assassinati in Golan, voglio ricordare gli oltre 10.000 giovanissimi studenti palestinesi uccisi dal 7 ottobre senza pietà dagli israeliani, insieme a oltre 400 professori. Ricordare che secondo l'ONU oltre il 76 percento delle scuole di Gaza necessita di "ricostruzione completa o importante riabilitazione" per essere funzionale, e che gli attacchi di Israele alle scuole di Gaza hanno "eroso le fondamenta per una crescita sociale sostenibile".

In queste ore i palestinesi stanno fuggendo nuovamente dai campi profughi di Bureij e Nuseirat dopo che l'esercito israeliano ha emesso altri ordini di evacuazione. Secondo il capo dell'UNRWA Philippe Lazzarini, solo il 14% della Striscia di Gaza non è investito da questi ricorrenti sfollamenti di massa. La maggior parte della popolazione sfollata si sta dirigendo verso la città di Deir el-Balah, già piena zeppa di famiglie sfollate e dove non c’è spazio o risorse sufficienti per ospitare altra gente. Come riferisce Hani Mahmoud, corrispondente sul campo di Al Jazeera, e che riporta da Deir el-Balah,

“Gli attacchi alle scuole negli ultimi due giorni hanno distrutto ogni senso di sicurezza rimasto per le persone che soggiornano nei centri di evacuazione e hanno spinto le persone verso ulteriori sfollamenti forzati interni. Non c'è letteralmente nessun posto sicuro a Gaza”. Nel frattempo, “l'esercito israeliano continua a martellare l'area centrale con artiglieria pesante e attacchi aerei concentrati principalmente sul campo profughi di Bureij nella parte orientale dell'area centrale”. Attacchi separati sono in corso nel quartiere Tal al-Hawa a Gaza City, oggetto di ricorrenti e sistematiche demolizioni di case. A Khan Younis, la situazione all'interno dell'ospedale Nasser è catastrofica. Molti dei corpi portati all'ospedale, letteralmente a pezzi nei sacchi, è impossibile identificarli. Ad oggi, sono almeno 39.330 i palestinesi uccisi, dei quali più della metà sono bambini, e quasi 91.000 i feriti, ai quali bisogna aggiungere almeno 15.000 dispersi.

La devastazione e distruzione di tutti i mezzi di sussistenza e di tutte le infrastrutture dei servizi sociali palestinesi include anche il principale serbatoio di acqua potabile di Rafah. In un video condiviso sul suo account personale, diventato virale su X, si vede un soldato israeliano del corpo di ingegneria da combattimento intento a vantarsi mentre fa saltare il serbatoio d'acqua nel quartiere di Tel Sultan (Link caldo al video: https://rb.gy/zyj8h0). Secondo quanto riporta Haaretz, l'esercito israeliano sta indagando sull’azione che costituisce una grave e inequivocabile violazione del diritto internazionale. “Il presunto crimine è stato commesso dai soldati della 401a Brigata, la scorsa settimana, con l'approvazione dei comandanti della brigata”.

Il soldato che ha caricato il video dell’esplosione lo ha accompagnato con la didascalia: "Distruzione del serbatoio d'acqua di Tal as-Sultan in onore dello Shabbat", in riferimento al sabato, il giorno di riposo ebraico. L’elenco delle violazioni del diritto internazionale commesse da Israele e dal suo esercito sono lunghe tanto quelle delle violazioni dei Diritti umani e dei crimini di guerra, per fermare i quali inutilmente le corti preposte a farli rispettare si sono spese, attirandosi come unica risposta l’accusa di antisemitismo da parte di Israele e degli Stati Uniti. La buona notizia è che la macchina della Giustizia dell’Aia ha ripreso a girare a tutto vapore: il governo laburista di Sir Keir Starmer ha ritirato il ricorso alla Corte Penale Internazionale contro la richiesta di arresto del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, posizione “ereditata” dal precedente governo Sunak. “La richiesta di mandato è una questione che spetta alla corte decidere”.