Il potere dei “Neoconservatori” negli Stati Uniti: una forza ibrida che guida i presidenti deboli

Il peso di lobbysti, giornalisti e burocrati nella politica estera americana

di Enrico Verga

Joe Biden

Esteri

Usa, oggi i "Neocon" sono una forza ibrida: politici, lobbysti, giornalisti, burocrati che non si possono ignorare, se si vuole parlare di politica estera americana

“Un elemento vitale per mantenere la pace è il nostro apparato militare. Le nostre armi devono essere potenti, pronte per un’azione immediata, in modo che nessun potenziale aggressore possa essere tentato di rischiare la propria distruzione [. . ..] siamo stati costretti a creare un’industria degli armamenti permanente di vaste proporzioni [. . ..]. Questa congiunzione tra un’immensa struttura militare e una grande industria degli armamenti è nuova nell’esperienza americana [. . ..]. Nei consigli di governo, dobbiamo vigilare contro l’acquisizione di un’influenza ingiustificata, ricercata o meno, da parte del complesso militare-industriale. Il potenziale per un disastroso aumento del potere fuori luogo esiste e persisterà.”

Il 17 gennaio del 1961: il discorso di addio del presidente americano Dwight Eisenhower. Eisenhower non era solo un presidente: era stato uno dei più importanti generali durante la seconda guerra mondiale. Conosceva l’importanza di un esercito forte ma comprendeva anche il rischio che, negli anni del suo mandato, iniziava a palesarsi: uno strutturato complesso industriale militare che potesse influenzare la politica nazionale ed estera americana, ed alterare le scelte delle leadership politiche democraticamente elette.

Eisenhower non lo sapeva ma stava parlando dei Neoconservatori (Neocon d’ora in poi), che allora cominciavano a definire le linee guide della loro filosofia bellico-politica. Oggi i Neocon sono una forza ibrida: politici, lobbysti, giornalisti, burocrati che non si possono ignorare, se si vuole parlare di politica estera americana, specialmente in presenza di presidenti deboli come Bush Jr e Biden. Facciamo il punto

Chi sono i Neo Conservatori

Il movimento Neoconservatore è un fenomeno recente nella storia democratica americana. Questa filosofia nasce intorno al 1960 quando degli intellettuali liberali, come Irving Kristol, definirono il liberismo e il socialismo come visioni politiche fallimentari.

Il padre morale del movimento è Leo Strauss che mise insieme un mix di visione platonica, religione cristiana ed ebraica. Grazie a questa miscela di elementi religiosi e filosofici vennero creati i concetti base dei Neocon da vendere al popolo di elettori: un America forte e giusta che deve realizzare il suo destino ed elevare il mondo al suo livello. Il primo presidente “sedotto” da questa visione è stato Bush Jr, ma il percorso e l’evoluzione dei neocon ha richiesto decenni.

Neocon & primi esperimenti di politica estera

Con la fine della guerra fredda i Neocon trovano la loro “bibbia” nel libro “The End of History?” scritto da Fukuyama nel 1989. Il libro suggerisce che la democrazia liberale americana, fallito il comunismo russo, dovrà espandersi in tutto il mondo; chiunque si opponga a questa dottrina (intrinsecamente considerata perfetta) dovrà essere considerato un nemico.

Al concetto di liberismo viene associato velocemente quello di democrazia. I due elementi poi andranno a creare un trio con il concetto di globalismo che, in quegli anni, diviene il mantra e il modello economico che tutto il mondo deve adottare. A confermare che la visione Neocon va a braccetto con il globalismo ci pensa lo stesso Friedman, padre del globalismo, che in quegli anni scriveva che “McDonald non potrebbe esistere e svilupparsi nel mondo senza McDonnell Douglas, il costruttore dei caccia F-15”. 

Il concetto chiave su cui i Neocon spingono è l’espansione della democrazia: se uno stato non vuole divenire democratico (e intrinsecamente alleato degli Usa) deve essere democratizzato a forza. Non è un caso che Bush abbia spesso dichiarato che lui avrebbe “esportato la democrazia” in Iraq e Afghanistan.

La democrazia è un percorso etico, morale e sociale che richiede tempo e nasce, in parte quanto meno, nella coscienza delle persone che, evolvendo una visione più collaborativa, evolvono forme di confronto pacifico. Esportare un modello di vita sociale e politico in nazioni che hanno governi assolutisti o tribali (Iraq e Afghanistan) è fallimentare.

Esportare militarmente la democrazia potrà sembrare inefficace ma è lucrativo, dal punto di vista bellico capitalista. È in questi anni, infatti, che nasce il termine “war capitalism”: un approccio finanziario in cui la guerra diviene un’opportunità di business fine a sé stessa, a prescindere dall’esito del conflitto.

Dal 1990 i Neocon entrano in una fase di forte espansione e infiltrazione nei gangli del potere. Con la prima guerra in Iraq Bush Senior espande ulteriormente gli interessi americani in medio oriente. Tuttavia Bush sapeva che un’operazione profonda, nel territorio iracheno, era oltre le capacità delle truppe americane.

Da ex capo della CIA sapeva bene che Saddam era trincerato. Così la guerra per liberare il Kuwait da Saddam fu relativamente breve, ma di grande successo. Le truppe irachene furono azzoppate e gli Usa, a guida di una coalizione di stati democratici e mediorientali alleati, ne emersero vincitori. La veloce operazione di Bush tuttavia scontentò una fetta dei senatori repubblicani che avevano auspicato una guerra più lunga per “sistemare Saddam”.

Tra i maggiori detrattori dell’operazione Bush in Iraq c’erano due potenti neocon: il sottosegretario della difesa Paul Wolfowitz e Richard Perle. La grande visione di un Usa poliziotto del mondo ed esportatore di democrazia venne caldeggiato da giornalisti neocon come Robert Kagan e Bill Kristol: i due sostenevano che il mondo avrebbe accolto la dominazione militare americana, in quanto forza stabilizzante e portatrice di valori giusti come democrazia e diritti umani.

Con questa visione “messianica e pioneristica” i Neocon riuscirono a farsi strada sia tra i politici sia tra i loro clienti, industrie della difesa con filiere e impianti di produzione sparsi in tutta l’America (l’incubo paventato da Eisenhower).

PNAC: la corazzata NeoCon

Nel 1997 Kagan e Kristol fondarono il PNAC (Project for a New American Century). Una think tank, un club di uomini e donne patrioti veri che vedevano nell’America il realizzatore del commonwealth 2.0. Tra i membri illustri c’erano ovviamente Wolfowitz e Perle a cui si aggiungevano altri fuoriusciti dell’epoca Reagan come Elliott Abrams, James Woolsey e Donald Rumsfeld.

Il PNAC nel 1998 pubblicò una lettera aperta a Clinton. Nella lettera si suggeriva un aumento dei budget del Pentagono per affrontare una non identificata minaccia proveniente dal medio oriente. C’è da ricordare che, dopo la fine della guerra fredda, il budget del Pentagono non era aumentato. Un budget del Pentagono basso era pericoloso per i clienti dei Neocon, le industrie della difesa americana.

Clinton non ascoltò la lettera del Pnac, forse occupato a gestire le sue segretarie e la moglie. Tuttavia quando giunse Bush Jr alla presidenza i Neocon compresero che la loro ora era giunta. Bush Jr arruolò molti membri del Pnac nelle sue file: Rumsfeld e Wolfowitz alla difesa, Perle nel board sulle politiche di difesa del Pentagono.

L’11 settembre del 2001 meno di una ventina di terroristi sauditi dirottarono 4 aerei civili. Due si schiantarono contro le torri gemelle a New York, uno contro il Pentagono, uno venne abbattuto. I dirottatori erano sauditi, la loro guida, Osama Bin Laden, era figlio di una delle più potenti famiglie saudita (i Laden), in ottimi rapporti con la famiglia Bush.

Bush jr decise di attaccare lo stato che, a suo avviso, stava dietro agli attacchi: l’Afghanistan. Uno stato che era stato supportato dagli americani nella guerra contro i sovietici e che aveva attratto gli interessi della compagnia energetica americana Unocal.

Neocon e Islam

Per capire come il più grande business dei Neocon, le ventennali guerre al terrore e al mondo islamico, abbia avuto luogo si deve comprendere la relazione tra Neocon e islam.

Introduciamo due pensatori Neocon che odiavano l’islam: Bernard Lewis e Samuel Huntington. La teoria di Lewis era semplice: egli riteneva che l’Islam non fosse una religione aperta alla democrazia e ai principi cardine rappresentati dagli Stati uniti. Quindi un conflitto con gli Usa e l’Occidente era inevitabile. Quando il 9-11 colpì l’America la visione di Lewis non venne solo confermata ma divenne propulsiva per supportare, insieme ad Huntington (autore di “scontro di civiltà” un classico della letteratura Neocon) la tesi che gli Usa dovevano agire.

Gli ultimi presidenti e i Neocon

Gli ultimi 3 presidenti americani, Obama, Trump, e Biden, han avuto relazioni complesse con il regime Neocon. Obama formalmente, voleva distaccarsi dall’eredità guerrafondaia di Bush. Di fatto Obama continuò le attività iniziate da Bush sia in Afghanistan che in Iraq. Mantenendo Robert Gates (dalla precedente amministrazione) al Pentagono indirettamente autorizzò la continuazione della visione Neocon. L’unica significativa differenza fu nella retorica: alle parole “guerra al terrore” e “democratizzazione” Obama preferì termini meno conflittuali come “sviluppo” e “libertà”. La dottrina Neocon di Obama continuò anche in altre nazioni: con Blinken e Nuland (discepola di Dick Cheney Vice presidente sotto Bush Jr) si optò “facilitare” il passaggio da una leadership filo russa ad una filo americana. In Siria Obama promosse un colpo di stato con risorse locali e poi lo appoggiò dall’esterno, solo l’intervento della Russia impedì ad Assad di essere estromesso. In Libia l’agenda Neocon fece morire un diplomatico americano, implicato in un traffico di armi con la fazione filo americana.

L’Epoca Trump fu per molti aspetti uno stacco netto. Con Trump questi eventi ebbero un marcato cambiamento. Le attività dei servizi in Ucraina vennero ridotto e due attori (poi divenuti famosi con Biden, Blinken e Nuland) vennero ridimensionati. In Afghanistan Trump definì un accordo per il ritiro delle truppe.

Per quanto non sia chiaro la comprensione che Trump ha della politica estera bellica americana, l’imprenditore sembra più interessato ad un confronto a parole. Il confronto con la Cina sembra andare in questa direzione: più un confronto economico a colpi di embarghi commerciali che un effettivo confronto militare. È plausibile uno scenario di guerra fredda Cina Usa che miri al contenimento del dragone.

Con l’arrivo di Biden alla Casabianca l’agenda Neocon è ripresa con il massimo slancio, soprattutto sul fronte ucraino. Le attività di Blinken e Nuland, iniziate sotto Obama, sono state magnificate. Le preesistenti relazioni che Biden, e la sua intera famiglia, aveva con uomini d’affari e oligarchi ucraini, è possibile che abbiano alterato la percezione politica del presidente. In questi mesi sono molti i documenti emersi che collegano la famiglia Biden all’Ucraina.

Solo considerando la vendita di armi, tema caldo per i Neocon e i loro clienti, l’Ucraina ha fruttato indirettamente oltre 240$ miliardi. Un tesoro per le industrie belliche americane. Molte nazioni della Nato che erano indecise se acquistare o meno armamenti americane si sono decise: dai 26$ miliardi spesi dalla Polonia agli 8$ spesi dalla Germania. Un secondo traguardo è stato lo spingere, grazie allo spauracchio di un Putin conquistatore dell’Europa intera, molti membri Nato europei a raggiungere la quota di spese belliche al 2% del loro Pil.

Se il prossimo presidente sarà Kamala Harris è probabile che l’agenda Neocon continui ad evolversi senza problemi. Tuttavia, nel caso vincesse Trump, le cose potrebbero cambiare. È plausibile pensare che Trump rieletto andrà a pacificare la crisi ucraina che, ormai, ha esperito la sua funzione di moltiplicare di business (la vendita di armi Usa-Nato ad alleati nato e familiari come il Giappone). Tuttavia è plausibile che Trump, volendo tenere tranquilli i Neocon e i loro clienti, possa aprire un fronte di guerra fredda con la Cina.

Il Dragone è già riconosciuto da tutte le think tank americane come il prossimo antagonista globale americano: Rand, Atlantic Council sono anni che scrivono di una possibile guerra fredda con i Cina. Trump presidente potrebbe optare per la guerra fredda con la Cina. In questo modo potrebbe ottenere il massimo dalla sua presidenza: non inimicarsi i Neocon e i loro clienti, aumentare il budget del Pentagono, aumentare lo sviluppo tecnologico militare nazionale e spingere per supportare le massicce spese per il programma spaziale.

La guerra con la Cina è l’unica guerra che gli Usa possono permettersi: indebitati, con una filiera di fornitori militari che parte dalla Cina stessa gli Usa sono un gigante con il fiato corto. La multipolarità, fenomeno che in questi due anni di Biden è andata sempre più prendendo piede, sta spingendo molti stati non Occidentali ad allinearsi e fare gruppo: Brics, Sco e altre aggregazioni militari o economiche.

Resta da comprendere se gli Usa, e in particolare i Neocon, saranno disposti a considerare un mondo multipolare, dove, tra l’altro, il dollaro sarà una delle monete per acquistare materie prime e non l’unica moneta (come ben spiegato dalla Yellen della Fed). Un mondo di sfide si para di fronte ai Neocon. Come agiranno questi pacifici individui?

@enricoverga

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