Israele bersaglia la scuola di Nuseirat usata come rifugio: così a Gaza la strage di civili non ha più fine

Nel campo profughi di Jabalia, nella notte, l’esercito israeliano ha fatto esplodere una dozzina di edifici residenziali, ricolmi di civili

di Alessandra M. Filippi
Gaza
Esteri

Guerra in Medio Oriente, ancora incerto il numero delle vittime. Alcune fonti parlano di oltre 150 morti

L’ennesima strage. Ancora una scuola come bersaglio. Quella a Nuseirat, nel centro della Striscia, è la 196a ad essere colpita dall'esercito israeliano dal 7 ottobre 2023. Ancora una volta di notte. Secondo quanto dichiarato dall'ufficio stampa governativo di Gaza, il bilancio provvisorio dei morti è di almeno 17 persone, la metà dei quali sono bambini, mentre sono per ora 52 i feriti arrivati ​​negli ospedali della zona. Bombardamenti di cielo e di terra proseguono senza sosta anche nel governatorato di Gaza Nord, cinto d’assedio dal 6 ottobre.

In quel fazzoletto della Striscia, quasi 400.000 palestinesi sono intrappolati nell’operazione a tenaglia messa in atto dall’esercito israeliano. Il cosiddetto “Piano dei generali” , prevede “l’annientamento” degli abitanti di Jabalya e la loro “espulsione” fuori dal perimetro di Gaza Nord, dichiarato zona militare e sotto assedio totale da 21 giorni. Ieri notte anche qui gli israeliani hanno fatto strage di civili. La Protezione civile di Gaza ha descritto l’attacco come un “massacro di massa”: nel campo profughi di Jabalia, nella notte, l’esercito israeliano ha fatto esplodere una dozzina di edifici residenziali, zeppi di civili. Incerto il numero dei morti. L'agenzia palestinese Wafa riferisce di oltre 150 morti. Numero destinato a crescere.

Secondo i dati forniti dal Ministero della Salute di Gaza, confermati dai medici e dalle ONG rimaste sul campo, dall’inizio dell’assedio gli israeliani hanno ucciso oltre 770 palestinesi, una media di 40 al giorno; una stima per difetto che non tiene conto dei dispersi e di coloro rimasti intrappolati fra le macerie. Migliaia sono i feriti, dei quali, con buona probabilità, molti non sopravviveranno a causa dell’impossibilità di recuperarli e/o curarli. Come accaduto fin dal principio dell’offensiva israeliana, fra i primi bersagli dell’assedio, ci sono state le ultime strutture sanitarie rimaste in funzione nella zona, messe fuori uso ricorrendo a bombardamenti e assalti da terra. Mortale risulta anche essere il recupero dei cadaveri, così come dei feriti che restano ad agonizzare nelle strade e fra le macerie: un numero imprecisato di cecchini ha l’ordine di sparare a qualsiasi cosa si muova. Anche le ambulanze sono state colpite; ieri l’unico camion dei pompieri rimasto nell’area è stato distrutto da una bomba.

Mercoledì 23 ottobre l’agenzia della Difesa civile di Gaza ha annunciato di aver interrotto “le operazioni nella Striscia settentrionale dell'enclave” dichiarando “la chiusura completa nella parte settentrionale di Gaza in seguito all'arresto del personale e all'attacco da parte delle forze israeliane”. L’agenzia ha descritto la situazione come "catastrofica" aggiungendo che i “residenti della zona sono ora privi di servizi umanitari essenziali". Il che vuol dire niente cibo, niente acqua, niente aiuti. Ha inoltre osservato che "le forze di occupazione israeliane nell'area di Sheikh Zayed hanno arrestato cinque dei nostri dipendenti e li hanno trasferiti in una località segreta". In precedenza, la Difesa civile aveva fatto sapere che i droni israeliani dotati di altoparlanti avevano ordinato al suo personale nell'area di Beit Lahia di spostarsi in una posizione specifica che i palestinesi dicono sia stata trasformata in una zona militare in cui vengono detenuti gli uomini delle famiglie sfollate.

Dal 5 ottobre Israele conduce una campagna di bombardamenti senza precedenti su Jabalia e il nord di Gaza; dal 6 ottobre è iniziata l’invasione di terra volta che gli israeliani dicono sia finalizzata a "impedire ad Hamas di riprendere forza nella regione". L'esercito israeliano continua la sua brutale offensiva su tutta la Striscia di Gaza nonostante la Risoluzione 2735/2024 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite abbia ordinato un cessate il fuoco immediato. Dal 7 ottobre 2023 Israele ha ucciso oltre 43.000 palestinesi e ne ha feriti più di 100.500. Secondo uno studio apparso sul sito dell’autorevole rivista medica britannica The Lancet, e sul quale ho scritto il 10 luglio scorso, sarebbero "186.000 o anche più i decessi attribuibili all'attuale conflitto a Gaza", A distanza di quasi 4 mesi, facendo le debite proporzioni, quella cifra potrebbe essere lievitata a 200.000 vittime.

Una stima ritenuta "credibile" anche dalla ONG Doctors of the World e da altre attive nel territorio palestinese. "Il bilancio delle vittime menzionato su The Lancet è coerente con la situazione sanitaria, militare e geopolitica dovuta al blocco marittimo, aereo e terrestre imposto alla Striscia di Gaza", afferma Jean-François Corty, medico e presidente di Doctors of the World. Secondo Corty, le cifre diramate dal Ministero della Salute di Gaza sarebbero calcolate per difetto e non per eccesso, come sostiene Israele. “Tengono conto solo dei morti identificati ma non di quelli rimasti sotto le macerie dei bombardamenti, o delle vittime indirette che sono morte per mancanza di cure o accesso alle cure, o per essere state trasportate in un centro sanitario".

Il dottor Corty ha le idee piuttosto chiare riguardo il numero dei morti. "Se si aggiungono coloro che probabilmente moriranno per malnutrizione o a causa delle ferite inflitte dai bombardamenti israeliani nelle settimane e nei mesi a venire, a causa dei rischi di superinfezione e perché la loro patologia verrà curata tardivamente, allora sì, la cifra di 186.000 decessi menzionata su The Lancet è credibile".

Una cosa è certa: la popolazione della Striscia di Gaza censita nel 2022 era di 2.375.259 persone. Ad oggi, considerando solo i numeri ufficiali, il 2,5% di loro è stato ucciso, il 5% ferito, mentre l’85% di tutta la Striscia di Gaza è ridotto in polvere. Compresi archivi, uffici del catasto, anagrafi, cimiteri. In questo modo, nessuno nella striscia ha più modo di certificare la sua identità, le sue proprietà, né di ricostruire la sua storia e quella della sua famiglia. Come scrivevo lo scorso 26 gennaio, anche cancellando la memoria di un popolo lo si annienta.

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