Israele, le bombe sul Libano premiano Netanyahu che cresce nei sondaggi

Con l'attacco contro Hezbollah Netanyahu distrae l'opinione pubblica dal pantano di Gaza. E torna a crescere nei sondaggi. Prova che la società israeliana non è contro la guerra, ma contro la sconfitta

di Andrea Muratore
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Esteri

Israele, le bombe sul Libano premiano Netanyahu che cresce nei sondaggi

Una guerra ha colpito nei sondaggi Benjamin Netanyahu, un altro conflitto può risollevarlo? Il capo del governo israeliano ha visto il suo partito, il Likud, tornare in testa nelle intenzioni di voto a un anno dai tragici fatti del 7 ottobre che avevano fortemente colpito le prospettive politiche della formazione conservatrice di Netanyahu.

A riportarlo è il Financial Times, che segnala come il Likud abbia oggi il 23,4% dei voti potenziali in media nei sondaggi israeliani, due punti sopra Unità Nazionale, la coalizione del centro nazionalista laico dell'ex ministro della Difesa Benny Gantz. Il controsorpasso del Likud è arrivato nei giorni in cui Israele ha alzato l'asticella degli attacchi contro Hezbollah, divampati in una vera e propria escalation sul Libano. Prima gli attacchi del Mossad ai cercapersone dei militanti sciiti, poi il bis con i walkie-talkie, in seguito i raid nel Sud del Libano e su Beirut contro i lanciarazzi di Hezbollah, infine la vasta operazione di ieri, con circa 500 morti, in larga parte civili, nelle operazioni di attacco aereo.

La società israeliana non è contro la guerra, ma contro le guerre perse

La società israeliana, insomma, non è tanto contro la guerra, ma contro l'idea che i conflitti possano terminare con una minaccia alla sicurezza del Paese. Il Netanyahu impreparato nell'affrontare i raid di Hamas o il Netanyahu che non ottiene vantaggi strategici a Gaza perdeva posizioni nelle gerarchie elettorali. La media della popolazione, in Israele, non cambia orientamento politico per la mattanza di civili, né Gantz e i suoi, per mesi nel gabinetto di guerra in rappresentanza dell'opposizione, hanno mai attaccato per questo. Il nodo era tutto di politica di potenza.

I sondaggi: Likud in recupero

Ricorda il Ft: "l'ondata di violenza ha scatenato costernazione all'estero, con l'ONU che chiede la de-escalation e gli alleati di Israele che mettono in guardia sui rischi di una guerra su vasta scala". Ma mentre fuori succedeva ciò, "in Israele, i sondaggi suggeriscono che il Likud ha recuperato gran parte del terreno perso in seguito all'attacco di Hamas, ampiamente considerato il peggior fallimento della sicurezza nella storia di Israele" a cui sul campo i servizi segreti hanno provato, in seguito, a rimediare.

Il Ft ricorda che oggigiorno nei sondaggi "la coalizione di Netanyahu con i partiti ultrareligiosi e di estrema destra non otterrebbe comunque la maggioranza nelle nuove elezioni. Ma i sondaggi delle ultime due settimane hanno stimato che il Likud potrebbe vincere nelle nuove elezioni per il parlamento israeliano almeno 20 seggi su 120 se si votasse oggi". Una quota in aumento rispetto al minimo storico di 16 seggi di cui il partito era accreditato nei mesi successivi al 7 ottobre.

Netanyahu è riuscito a distogliere l'attenzione dal pantano di Gaza

Netanyahu è riuscito a distrarre l'attenzione dal pantano di Gaza, dal fatto che l'Israel Defense Force non sfonda e che gli ostaggi nelle mani di Hamas sono ancora ben lontani dall'esser portati a casa. Ha deviato le energie verso Nord, verso il Libano e il regolamento di conti con Hezbollah. A costo di un allargamento della guerra che divampa da un anno in Medio Oriente, Bibi vuole andare in all-in. La società lo segue quando militarmente i risultati, indipendentemente dal costo umano per i Paesi bersaglio, premiano Israele. Paese in cui la guerra è tema d'ordinario dibattito politico. E in cui lanciare un conflitto può rafforzare un governo che ha come fine quello di essere un gabinetto della guerra. E, potenzialmente, per la guerra continua e senza prospettive di fine. Che coinciderebbero con la sua stessa caduta.