Israele, Libano, Iran e Siria: il 2024 di sangue della polveriera mediorientale
Israele, Libano, Iran e Siria: il 2024 di sangue della polveriera mediorientale
Il 2024 è stato contrassegnato in gran parte da guerre e instabilità in buona parte dei Paesi della regione mediorientale: l'anno che sta per chiudersi era partito con il fardello del conflitto all'interno della Striscia di Gaza e sta finendo con molte altre crisi in corso e avviate di recente. Non ultimo, anche il dossier legato alla Siria ha subito svolte inaspettate e poco attese proprio nelle ultime settimane. Il bilancio che è possibile tracciare sul Medio Oriente è quindi contrassegnato da conflitti e problemi vecchi e nuovi, circostanza che pone non pochi interrogativi anche in prospettiva futura. E che conferma la regione mediorientale come la più turbolenta del pianeta.
Il conflitto a Gaza
La tragedia umanitaria in corso all'interno della Striscia ha preso forma soprattutto nel 2024. La guerra da queste parti è esplosa a seguito del sanguinoso attentato portato avanti, nel corso della mattinata del 7 ottobre 2023, da Hamas in territorio israeliano. La risposta di Tel Aviv è arrivata subito dopo ma, considerando anche i giorni della tregua del novembre 2023, è negli ultimi 12 mesi che il governo di Netanyahu ha attuato le fasi più significative del conflitto.
La svolta più importante si è avuta il 16 ottobre 2024, giorno dell'uccisione del capo politico di Hamas Yayha Sinwar. Scovato non lontano da Rafah, nel sud della Striscia, il ricercato numero uno dalle autorità israeliane è morto a seguito del crollo della palazzina in cui aveva trovato rifugio. A testimonianza della giornata rimarranno per sempre le immagini che mostrano Sinwar, ferito e seduto su una sedia, scagliare un bastone contro un drone israeliano.
Poche settimane prima, il 31 luglio 20214, a essere eliminato era stato invece Ismail Haniyeh, predecessore di Sinwar. In Qatar da diversi anni, l'ex capo politico di Hamas è stato ucciso in circostanze non ancora del tutto chiarite a Teheran, lì dove si trovava per assistere all'insediamento del presidente iraniano Masoud Pezeshkian.
Sotto il profilo militare, le truppe israeliane hanno occupato buona parte della Striscia e hanno creato insediamenti militari stabili lungo due assi: il corridoio di Philadelfi, nell'area meridionale al confine con l'Egitto, e il corridoio di Netzarim, nella parte centrale della Striscia. I vertici di Hamas risultano in gran parte eliminati, ma l'organizzazione non è stata definitivamente sconfitta: gli ultimi report dei servizi segreti Usa, parlano di un gruppo oramai diviso in più cellule e senza un vertice riconosciuto. Circostanza che rende più agevoli spostamenti e decisioni e che rende al momento impossibile per Israele la cancellazione del movimento islamista.
Preoccupa poi la situazione umanitaria: dentro la Striscia vivono oramai 1.5 milioni di sfollati interni, i quali hanno sempre meno accesso a cibo, acqua e servizi di base. I morti dall'inizio della guerra sono ufficialmente quasi 50mila, tuttavia alcune stime parlano anche di oltre 110mila vittime.
La guerra tra Israele ed Hezbollah
Ma il fronte più caldo, soprattutto nella seconda metà dell'anno, ha riguardato il sud del Libano. Qui è stanziata buona parte della popolazione sciita libanese e qui sono dunque molto ramificati i combattenti di Hezbollah, il gruppo paramilitare alleato dell'Iran. Più armato e meglio equipaggiato di Hamas, con una forte esperienza in combattimento accumulata durante la guerra civile siriana, Hezbollah ha sempre rappresentato il gruppo più temuto da Israele.
Dopo un crescendo della tensione, contrassegnata dal lancio di ordigni da una parte e dall'altra del confine israelo-libanese, a settembre si è avuta la tanto temuta escalation. Tra il 17 e il 18 settembre infatti, i servizi segreti israeliani hanno sabotato i cerca persone e i vari dispositivi mobili in dotazione ai combattenti di Hezbollah. Grazie all'inserimento degli agenti del Mossad nel circuito di distribuzione dei dispositivi, i servizi di Tel Aviv sono riusciti a far esplodere simultaneamente gli oggetti in questione e a provocare l'uccisione o il ferimento di decine di miliziani. A questo, hanno fatto seguito i raid mirati nel sud del Libano e a Beirut contro i vertici dell'organizzazione. Il 27 settembre 2024, in un bombardamento che ha coinvolto un edificio di un quartiere meridionale di Beirut, è stato ucciso lo stesso leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah.
L'esercito israeliano è poi intervenuto via terra, varcando il confine ed entrando nel sud del Libano per diversi chilometri. Durante i combattimenti, sono stati più volte sparati da ambo le parti ordigni contro le basi della missione Onu Unifil. Soltanto il 27 novembre si è giunti, anche con la mediazione di Usa e Francia, a un accordo di cessate il fuoco che prevede lo stop ai raid e l'indietreggiamento dei soldati israeliani. In cambio, l'esercito libanese dovrebbe prendere il posto occupato fino ai mesi scorsi nell'area dai miliziani di Hezbollah.
Il botta e risposta tra Israele e Iran
I due conflitti principali, quello a Gaza e quello nel sud del Libano, hanno avuto una lunga eco capace di raggiungere diversi punti del Medio Oriente. A partire dallo Yemen, lì dove i ribelli sciiti Houthi filo iraniani hanno più volte lanciato missili contro il territorio israeliano. Tuttavia, la conseguenza più importante della miccia accesa tra Gaza e il Libano si è avuta con il botta e risposta diretto tra Israele e Iran.
Ai ferri corti da molti anni sotto il profilo diplomatico, con Tel Aviv che più volte ha puntato il dito contro Teheran per la sua politica nella regione e per il piano di arricchimento dell'uranio, le due parti sono arrivate nel corso del 2024 a diretto contatto. Tutto è iniziato quando il primo aprile Israele ha bombardato l'ambasciata iraniana di Damasco. Un atto visto come una violazione della propria sovranità da parte del governo della Repubblica Islamica.
La risposta è quindi arrivata tra il 13 e il 14 aprile, con l'Iran che ha lanciato contro il territorio israeliano decine di ordigni tra droni e missili balistici. Anche grazie alla difesa garantita da Stati Uniti e Gran Bretagna, i danni in Israele sono stati molto limitati. Il secondo episodio del genere invece è del primo ottobre, quando Teheran ha lanciato una nuova operazione contro il territorio israeliano in risposta all'uccisione di Haniyeh e Nasrallah.
A sua volta, Israele ha contro-replicato lanciando attacchi contro alcune basi iraniane il 27 ottobre. Da allora, non ci sono stati altri botta e risposta ma la situazione rimane comunque molto tesa. Mai prima di questo 2024 i due Paesi erano arrivati a un vero e proprio scontro diretto.
La caduta di Assad in Siria
E mentre il mondo guardava a Israele e alla situazione tra Gaza e il Libano, improvvisamente sul finire dell'anno è riemersa la questione siriana. La Siria è all'interno di una sanguinosa guerra civile dal 2011, tuttavia da diversi anni la vicenda era passata in secondo piano principalmente perché l'esercito regolare rispondente agli ordini del presidente Bashar Al Assad aveva riconquistato, grazie all'aiuto russo, tutte le principali città del Paese.
Le fazioni anti governative, in massima parte islamiste, erano da tempo confinate nella sola provincia di Idlib. Ma il 27 ottobre, un loro improvviso attacco ha permesso una veloce avanzata verso Aleppo, seconda città del Paese, caduta nel giro di 48 ore. L'esercito siriano, colto di sorpresa, non ha saputo reagire. In pochi giorni gli islamisti, guidati dall'organizzazione Hayat Tahrir Al Sham fondata da Mohammad Al Jolani, hanno preso Hama e Homs. Il loro ingresso a Damasco, avvenuto l'8 dicembre scorso, ha segnato la fine del governo di Assad e del sistema di potere del Partito Baath, in sella dal 1970.
La sconfitta di Assad è un punto molto negativo per la Russia e per l'Iran, principali alleati fino a pochi giorni fa di Damasco. Mentre, al contrario, segna una vittoria per la Turchia di Erdogan: Ankara ha infatti appoggiato negli anni le sigle islamiste protagoniste della fulminea operazione. Adesso si aprono scenari contrassegnati da un'infinità di incognite, a partire dalla stabilità del Paese arabo. Quasi un'ultima eredità che l'uscente 2024 ha voluto lasciare all'entrante 2025.