L'Italia capofila nella lotta per abolire la pena di morte all'Onu

La mozione presentata in Assemblea generale dalla diplomazia italiana ottiene il consenso di un numero record di Paesi. Con inedite alleanze, come quella tra Ucraina e Russia. Ma gli Usa restano sulla loro posizione

di Andrea Muratore
Antonio Tajani
Esteri

L'Italia capofila nella lotta per abolire la pena di morte all'Onu

L’Italia capofila della lotta mondiale alla pena di morte. Nella giornata del 17 dicembre l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato una risoluzione che chiede una moratoria globale sulle esecuzioni promossa proprio dalla diplomazia italiana in sinergia con quella dell’Argentina. Centotrenta voti a favore, 22 astenuti e altrettanti contrari la conta finale: nella lunga storia delle risoluzioni Onu contro la pena di morte quella spinta dalla diplomazia di Roma è risultata la più massicciamente ostile a una pratica tutt’ora in uso in diversi Paesi. In un’analoga risoluzione del 2007, i voti a favore erano stati 107 e quelli contro 54.

Mozione contro la pena di morte, la soddisfazione di Tajani

“Un numero record di Paesi é con noi contro una pratica ingiusta e disumana, in palese violazione dei nostri valori. Un grande risultato della diplomazia italiana. Continueremo a lavorare affinché la pena di morte sia abolita per sempre e ovunque”, ha commentato su X il ministro degli Esteri Antonio Tajani.

Il passaggio all'astensione di molti Stati che mantengono la pena di morte nei loro ordinamenti (Nigeria, Bangladesh, Emirati Arabi Uniti, Vietnam, Cuba, Thailandia per fare alcuni nomi di peso) mostra quanto la riflessione sul porre fine a una pratica fuori da ogni logica morale di rispetto della dignità umana abbia ormai preso piede. La diplomazia della lotta alla pena di morte può aiutare il soft power dell’Italia. Innanzitutto perché permette di esercitare leadership su questo fronte in Europa, continente all’avanguardia in cui un solo Stato (la Bielorussia, astenuta) mantiene sotto contratto il boia, e tutti gli altri l’hanno abolita anche nel loro codice militare in caso di guerra. Inoltre, la mossa salda la nostra politica estera con quella della Santa Sede, da decenni in prima linea contro la pena di morte.

L’Italia potrà in futuro, terzo punto, mostrarsi partner credibile per risolvere tutti quei casi in cui cittadini di Paesi abolizionisti saranno coinvolti in accuse potenzialmente passabili di reato capitale in Stati terzi, come promotrice della lotta globale alle esecuzioni. Inoltre, si mostra chiaramente uno spazio di dialogo comune tra Europa e Sud America che in tempi di accordi come quello Ue-Mercosur può sostanziarsi anche in campo morale e di diritti. Europa e Sud America hanno votato all’unanimità, con le sole astensioni di Bielorussia e Guyana, per la moratoria.

No alla pena di morte: il voto che accomuna Russia, Ucraina e Israele

Il portato politico più sostanziale di questo voto, però, è che mostra quanto la spaccatura del mondo in blocchi, su certi grandi temi, non sia ancora realtà. Contro la pena di morte votano, all’Onu, due Paesi in guerra tra loro, come Russia e Ucraina; vota contro Israele, vota contro quasi tutta l’Africa.

Ma gli Usa continuano ad opporsi all'abolizione della pena di morte

A questi voti in appoggio alla risoluzione si contrappongono Stati come Corea del Sud, Giappone, India e, soprattutto, Usa, che sono tra i 22 Paesi ad opporsi alla mozione.  Tutti questi Stati, a regime democratico, applicano la pena di morte, che negli Usa in particolare vedrà presto un sostenitore convinto nel presidente eletto Donald Trump, e hanno respinto la moratoria. Una mossa che indebolisce la pretesa di un mondo a ordinamento liberal-democratico fondato sul primato della persona: quando Washington vota assieme a Iran, Corea del Nord, Cina e alla “regina delle esecuzioni” del 2024, l’Arabia Saudita, l’idea di un’egemonia morale scema.

Ma l’Italia ha il primato di mostrare quale sia, in questo caso, la parte giusta della storia e di ricordare all’Europa dove sia giusto stare. L’idea di abbandonare la pena di morte dovrebbe essere considerata seriamente dalle democrazie che si ritengono tali per mandare, questa volta per davvero, un messaggio di diversità da dittature e autocrazie. Significherebbe ricordare cosa voglia dire essere contro la sopraffazione dell’uomo sull’uomo, dello Stato sulla persona impedendo a chiunque di essere arbitri della sorte altrui. L’Europa, in questo campo, è l’avanguardia mondiale. E deve continuare a esserlo.

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