Kamala Harris: un nuovo fronte per la maggioranza italiana

Salvini con Trump, Meloni e Tajani alla finestra 

di Alessandro Amadori*
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Sullo sfondo Kamala Harris davanti Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Antonio Tajani

Esteri

Usa, l’impatto di Kamala Harris sulla politica italiana

La rinuncia alla corsa presidenziale da parte di Joe Biden, e la contestuale designazione, a opera dello stesso Biden, della sua vicepresidente Kamala Harris come candidata ideale per il Partito Democratico, e quindi come sfidante di Donald Trump, è certamente la notizia di politica internazionale degli ultimi giorni. Lo scenario che si è venuto a creare degli States è davvero senza precedenti, e molti si interrogano sull’evoluzione che avrà una campagna elettorale che sicuramente entrerà nella storia.

Ma tutto questo che riflessi può avere, sulla politica italiana? Come si comporteranno i nostri partiti, che “postura” assumeranno? Come sempre, per farci un’idea possiamo partire dai sondaggi, non sulle preferenze degli elettori americani bensì su quello che pensano i cittadini italiani.

Una ricerca dell’istituto SWG, recentemente pubblicata, riguardante appunto chi vorrebbero gli italiani, fra Biden e Trump, come prossimo presidente degli Stati Uniti, ha dato un’indicazione interessante. Infatti, alla domanda di SWG, la netta maggioranza degli interpellati nel sondaggio non ha manifestato dubbi: “Nessuno dei due”, per il 61%. Del rimanente 39%, il 24% sceglierebbe Donald Trump (con una preponderanza fra gli elettori di centrodestra), appena il 15% Joe Biden.

Se i dati sono questi, ai vari partiti del nostro quadro politico converrebbe, in teoria, assumere le seguenti posture. La Lega di Matteo Salvini, leader da sempre filotrumpiano, non può che confermare, con la stessa determinazione di prima, la sua simpatia per l’ex presidente.

A Forza Italia, convintamente schierata in campo atlantico e con il suo leader fortemente impegnato, come ministro degli Esteri, a ribadire il sostegno dell’Italia all’Ucraina, converrebbe invece non prendere posizione sui candidati, e ribadire la consolidata tradizione filoamericana che caratterizza il partito fondato da Silvio Berlusconi, a prescindere da chi sarà il prossimo presidente. Un po’ più complessa è la posizione di Giorgia Meloni e del suo partito, che devono cercare di bilanciare due esigenze parzialmente contrapposte. Ossia quella di  rimanere in asse con l’Europa (orientata al sostegno senza condizioni all’Ucraina) da un lato, e dall’altro quella di non entrare in una dialettica di precoce contrapposizione con una probabile presidenza Trump (nonché di non entrare in contraddizione con gli orientamenti del proprio elettorato).

Anche in questo caso, comunque, l’opzione che sarebbe al momento da preferire è quella di un prudente “stare alla finestra”, se non altro in attesa di conoscere meglio le posizioni che prenderà Kamala Harris.

Per l’opposizione, nel suo insieme, il posizionamento che appare più ragionevole è invece quello di stare dalla parte di Kamala Harris, salvo eventuali posizioni impreviste che quest’ultima dovesse prendere. La quale Harris, comunque, deve ancora ottenere l’effettiva convalida della sua “nomination”, promossa da Biden, da parte del Partito Democratico. Un motivo in più, specialmente per Giorgia Meloni, per non sbilanciarsi in questa delicata fase di transizione della campagna elettorale americana.

In sintesi, al momento la strategia comunicativamente più efficace, per i partiti italiani, è la seguente: aperto appoggio a Trump da parte di Salvini, prudente “stare a guardare” per Tajani e Meloni, aperto appoggio a Kamala Harris per Pd, AVS e Movimento Cinque Stelle. Nonché per Renzi e Calenda, se non altro per consolidare il (forse) nascente asse col Pd di Elly Schlein.

*politologo e sondaggista