Guerra Israele-Gaza, ecco come cambia il conflitto dopo la morte del capo di Hamas Yahya Sinwar

Chi era il leader di Hamas ritenuto da Israele la mente del 7 ottobre

di Alessandra M. Filippi

Yehya Sinwar

Esteri

Guerra in Medio Oriente, chi era il leader di Hamas ritenuto da Israele la mente del 7 ottobre

È accaduto tutto nel giro di poche ore, fra le 10 del mattino e le 3 del pomeriggio. Lo cercavano da un anno. Alla fine, le forze delle IDF lo hanno trovato per caso ieri mattina, a Rafah. Identificando 3 terroristi mentre sono in ricognizione, aprono il fuoco, due di loro, coperta da lenzuoli bianchi, scappano da una parte, il leader di Hamas fugge dall’altra, nascondendosi al secondo piano in un edificio vicino.

Le immagini dei suoi ultimi istanti, catturate in un video che lo riprende, accasciato su una poltrona, immobile, con il braccio destro privo della mano, mentre col sinistro cerca di abbattere il drone delle IDF lanciando un bastone, hanno fatto il giro del mondo. Un istante dopo l'edificio gli crolla addosso Il suo corpo è stato trovato sotto le macerie, identificato e riconosciuto e portato via dai soldati israeliani. È una buona notizia? Forse.

È la fine della guerra? No. Netanyahu lo ha detto forte e chiaro: la guerra continua. Con buona pace degli ostaggi, quelli ancora vivi. Ma l’uccisione di Yahya Sinwar, capo politico e militare di Hamas, a dispetto dei fiumi di commenti che si stanno inseguendo su carta stampata, radio e tg, è un fulmine nella tempesta e gli orizzonti restano tutt’altro che rosei. Senza contare che è molto probabile che gli sforzi israeliani di eliminare il gruppo uccidendone tutti i leader abbiano consolidato la posizione intransigente di Hamas e quella della resistenza, piuttosto che indebolirla come molti sembrano credere..

Ma chi è Yahya Sinwar, 61 anni, ventitré dei quali trascorsi nelle prigioni israeliane, a lungo considerato dai funzionari israeliani uno stratega sofisticato con una profonda comprensione della loro società? Nato nel 1962 in un campo profughi di Khan Yunis, da genitori costretti a vivere a seguito alla Nakba, la catastrofe, ovvero lo sfollamento, la fuga forzata e la deportazione dalle loro case di oltre un milione di palestinesi, su una intera popolazione che all’epoca contava un milione e quattrocentomila, Sinwar è stato spesso descritto come uno dei più intransigenti alti funzionari di Hamas.

Arrestato da Israele più volte nei primi anni '80 per il suo coinvolgimento nell'attivismo anti-occupazione presso l'Università islamica di Gaza, dopo la laurea contribuisce a creare una rete di combattenti finalizzata alla resistenza armata contro lo Stato ebraico, trasformatasi poi nelle Brigate Qassam, l'ala militare di Hamas, alla quale si unisce quasi subito dopo la fondazione del gruppo da parte dello sceicco Ahmad Yasin, nel 1987. Sulla scena della resistenza palestinese fa la sua prima comparsa nel 1989, due anni dopo lo scoppio della prima intifada, per protestare contro l’occupazione israeliana della Cisgiordania e della Striscia di Gaza. All’epoca ha 27 anni ed è già noto per la sua estrema brutalità.

Quello stesso anno viene arrestato dalle forze israeliane e condannato a quattro ergastoli, l'equivalente di 426 anni di carcere, per il presunto coinvolgimento (accusa senza valide prove) nella cattura e nell'uccisione di due soldati israeliani e quattro palestinesi sospettati di essere delle spie. Nella prigione di Beersheba trascorre 23 anni, durante i quali impara l'ebraico approfittando di un programma universitario online, e diventa un esperto di affari israeliani e politica interna, al punto da definirsi uno “specialista nella storia del popolo ebraico”.

Per comprendere il personaggio e il suo modo di ragionare val la pena raccontare un aneddoto: durante una perquisizione di routine nella sua cella vengono trovate decine di migliaia di pagine in arabo, minuziosamente scritte a mano: sono tutte traduzioni fatte da Sinwar delle autobiografie di contrabbando in lingua ebraica scritte dagli ex capi dello Shin Bet. Testi che si presume lui condividesse di nascosto con altri detenuti in modo tale che potessero studiare le tattiche di antiterrorismo utilizzate dai servizi segreti israeliani. Un alto funzionario di Hamas, Ghazi Hamad, nel corso di un’intervista ha ricordato che quelli trascorsi in prigione “Sono stati per Sinwar anni molto formativi” nel corso dei quali “ha sviluppato una personalità da leadership, in ogni senso della parola". Oltre che una conoscenza della “macchina israeliana” che pochi altri palestinesi, e non solo, possono vantare.

Nel 2011 viene liberato insieme ad altri 1026 palestinesi come parte dell'accordo di scambio di prigionieri finalizzato al rilascio del soldato israeliano Gilad Shalit, catturato da Hamas nel 2006. Tornato in libertà, Sinwar sale rapidamente tra i ranghi di Hamas. Nel 2012 viene eletto nell'ufficio politico del gruppo con il compito di coordinarsi con le Brigate Qassam. In questa veste, fra luglio e agosto del 2014, svolge un ruolo politico e militare di primo piano durante l'offensiva israeliana contro Gaza, durata sette settimane. L'anno successivo gli Stati Uniti lo etichettano come "terrorista globale " e nel 2017 diventa il capo di Hamas a Gaza, succedendo a Haniyeh, eletto presidente dell'ufficio politico del gruppo. A differenza di Haniyeh, che durante la guerra in corso a Gaza ha viaggiato e tenuto discorsi fino al suo assassinio, Sinwar non è mai apparso né ha mai rilasciato dichiarazioni. Della sua vita privata si sa poco o nulla.

A differenza di Haniyeh che, pur non essendo un moderato, da mesi aveva optato per la linea di trovare un accordo per liberare gli ostaggi israeliani e ottenere un cessate il fuoco nella Striscia, Sinwar è dell’idea di logorare il più possibile l’esercito israeliano, a prescindere dalle devastazioni e dalle perdite civili. Nel corso di un'intervista su Vice News, del 2 giugno 2021, Sinwar ha dichiarato che sebbene i palestinesi non cerchino la guerra a causa del suo alto costo, non "sventoleranno bandiera bianca". E ricordando la Grande Marcia del Ritorno durante la quale i palestinesi hanno protestato ogni settimana per mesi al confine di Gaza nel 2018 e nel 2019, subendo violente e sanguinose repressioni (sono stati assassinati centinaia di palestinesi in quelle occasioni e migliaia sono stati feriti), Sinwar ha aggiunto "Per lunghi periodi, abbiamo provato una resistenza pacifica e popolare.

Ci aspettavamo che il mondo, le persone libere e le organizzazioni internazionali avrebbero sostenuto il nostro popolo e impedito all'occupazione di commettere crimini e massacrare la nostra gente. Sfortunatamente, il mondo è rimasto a guardare". E quando la giornalista gli ha fatto una domanda sulle tattiche di Hamas, tra cui il lancio di razzi indiscriminati che rischiano di danneggiare i civili, Sinwar ha replicato dicendo che “i palestinesi combattono con i mezzi a loro disposizione”, e ha accusato Israele di aver deliberatamente ucciso civili palestinesi in massa, nonostante avesse armi avanzate e precise. "Il mondo si aspetta che siamo vittime ben educate mentre veniamo uccisi, di venir massacrati senza fare rumore?".

La campagna militare di Israele a Gaza, dal 7 ottobre 2023, ha ucciso oltre 42.000 palestinesi, più della metà dei quali sono donne e bambini; ne ha feriti ormai quasi 100.000; ha costretto all’evacuazione forzata e ripetuta l'intera popolazione composta da 2,3 milioni di persone; l’86% della Striscia di Gaza è distrutto; 34 ospedali su 36 sono stati distrutti o resi inservibili; tutti i 206 siti archeologici, già patrimonio dell’Unesco, sono stati cancellati dalle bombe. In 12 mesi e 3 settimane sulla Striscia dono state sganciate 85.000 tonnellate di esplosivi. Per farsi un’idea delle proporzioni: in Germania, fra il 1940 e il 1941, ne furono sganciate 18.300; sulla città di Dresda nel corso dei bombardamenti alleati che la rasero al suolo ne furono sganciate 3.900; la bomba atomica sganciata su Hiroshima nel 1945 corrispondeva a 15.000 tonnellate di esplosivo.

Oltre al genocidio dei palestinesi, al culturicidio, al sociocidio, Israele a gaza sta compiendo anche un ecocidio: l’aria e i terreni sono pieni di sostanze tossiche, tra cui almeno 900mila tonnellate di amianto, una catastrofe ambientale impossibile da valutare, alla quale si aggiunge una crisi umanitaria senza precedenti con carestia diffusa ed emergenze sanitarie. L'assalto israeliano è stato accompagnato anche da segnalazioni di sistematiche violazioni dei diritti umani e crimini di guerra, compresa la tortura dei palestinesi sequestrati a Gaza e detenuti nelle prigioni israeliane che un rapporto di 118 pagine realizzato da B'Tselem – Centro di informazione israeliano per i diritti umani nei Territori occupati, ha definito veri e propri “campi di tortura”.

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