Guerra in Libano, la voragine morale di Israele è lo stagno dell’Occidente

Netanyahu invoca la guerra totale accusando le Nazioni Unite di essere una “palude antisemita” quando è chiaro che la voragine morale di Israele è lo stagno morale dell’Occidente. Ma non tutto è perduto

di M. Alessandra Filippi
Tags:

Il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu interviene al Campidoglio a Washington

Esteri

Guerra in Libano, la voragine morale di Israele è lo stagno morale dell’Occidente

Mentre venerdì scorso, alle Nazioni Unite, Netanyahu prendeva la parola di fronte a una platea che andava defluendo verso le uscite in segno di protesta, in un massiccio attacco aereo nel sobborgo meridionale di Dahiyeh, a Beirut, veniva fatto saltare in aria il leader Hezbollah Hassan Nasrallah. Secondo il ministero della Salute libanese nel bombardamento, avvenuto in un quartiere densamente popolato, e che ha polverizzato sei condomini zeppi di civili, insieme al Segretario generale di Hezbollah, sono stati uccisi Ali Karki, comandante del fronte meridionale di Hezbollah, e altri comandanti di Hezbollah. Fra i civili sono decine le vittime, alcuni dei quali bambini, e oltre cento i feriti, fra cui una donna prossima al parto. Difficile dire cosa possa accadere e quali possano essere le reazioni sul campo. Certo è che l’Iran non vuole essere trascinato in uno scontro diretto con Israele che invece da mesi sta facendo di tutto per provocarlo.

Da lunedì 23 settembre, giorno in cui è iniziato il bombardamento israeliano del Libano, con tattiche e modalità che ricalcano quelle della Striscia di Gaza, sono oltre 1000 le vittime e migliaia i feriti. Quasi 1 milione di libanesi sono stati costretti ad evacuare il Libano del sud e parte dell’est: mai prima nella storia del Paese dei cedri si era verificato un simile esodo forzato. Molti di loro sono accalcati lungo le spiagge di Beirut, proprio come i disperati di Gaza. Secondo l’analista politico israeliano Akiva Eldar, “Gli assassinii continueranno finché Israele avrà mano libera”. Nel corso dell’intervista rilasciata qualche giorno fa ad Al Jazeera, Eldar ha detto che "finché il primo ministro israeliano e il suo governo penseranno di avere piena legittimità, libertà indiscriminata di azione e il consenso dell'opinione pubblica israeliana, continueranno nella loro strategia di assassinii". Ha inoltre sottolineato che "Israele ha una lista di obiettivi da colpire. E vogliono usare questo slancio (leggasi impunità) per completarla”.

Già una trentina di anni fa, l’ex primo ministro Shimon Peres, descriveva Netanyahu come “una specie di leader che una volta che ha un martello crede che ogni problema sia un chiodo”. Da allora, non ha mai smesso di piantar chiodi. E Dio solo sa quanti ne abbia ancora nella sua “cassetta degli attrezzi”. D’altra parte, mettiamoci nei panni di Bibi: perché non approfittare di questa insperata libertà di seminare caos, terrore, distruzione e morte quando il prezzo da pagare a livello internazionale è irrisorio, se non nullo? Ha l’impunità garantita, rifornimenti bellici senza limiti, legittimazione a difendersi a oltranza, anche se ormai è evidente chi è l’aggressore e chi è l’aggredito, e ha il balio asciutto statunitense che lo protegge “Whatever it Takes”.

Tuttavia, malgrado buona parte della stampa sia allineata al mainstream, e le comunità ebraiche sparse per il mondo si ostinino a trasformare in antisemitismo qualunque forma di dissenso, il genocidio in corso a Gaza, a prezzo di decine di migliaia di morti, ha corroso nel profondo la narrazione sionista propinata senza sosta dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. La granitica e collaudata propaganda sionista scricchiola. La storia somministrataci per quasi un secolo, favorita dalla potenza di fuoco della comunicazione israeliana e dal supporto decennale offerto dall’Occidente, ha perso la presa sul grande pubblico. In giro per il globo c’è sempre meno gente disposta a credere e a vedere Israele come vittima. E sono sempre di più gli Stati che manifestano apertamente il loro dissenso e esprimono senza mezzi termini la loro condanna nei confronti di Israele.

L’esausto copione ebraico sembra però non voler tener conto di questi significativi, e affatto trascurabili, cambi di rotta. A partire da Netanyahu, che forse accecato dal suo delirio di onnipotenza, venerdì scorso è arrivato ad accusare la sparuta platea che era rimasta ad ascoltarlo di essere una “palude antisemita”. Un discorso arrogante, infarcito di manipolazioni e menzogne senza costrutto, che ha reso evidente, una volta di più, quanto la voragine morale di Israele sia da tempo lo stagno morale di un Occidente al tramonto, i cui appelli alla pace sembrano più il frutto di una cinica farsa, piuttosto che di un’autentica preoccupazione. "Esortiamo il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite a frenare Israele dal suo avventurismo nella regione e dalle violazioni del diritto internazionale; e a ripristinare la pace in Medio Oriente". Parole al vento: è chiaro come il sole che per l'Occidente, le vite dei libanesi sono sacrificabili tanto quanto quelle dei palestinesi.

La morte di oltre 41.500 palestinesi, e il numero sale ogni giorno, la maggior parte dei quali donne e bambini, non ha spinto Biden e i suoi amici a smettere di armare, difendere e dare ombra diplomatica a Israele alle Nazioni Unite. Solo la scorsa settimana, Germania, Regno Unito e Canada si sono astenuti da una mozione delle Nazioni Unite, sponsorizzata dallo Stato di Palestina, che chiedeva a Israele di porre fine alla sua occupazione illegale della Striscia di Gaza e della Cisgiordania. Gli Stati Uniti hanno votato contro. La risoluzione si basava su una sentenza della Corte internazionale di giustizia di luglio che affermava che la presenza di Israele nel territorio palestinese è illegale e deve finire. Così facendo, i presidenti e i primi ministri occidentali che si sono accontentati di permettere a Israele di sfogare, senza freni, la sua "rabbia omicida" su Gaza fino a farla diventare polvere e memoria, permetteranno a Netanyahu di fare lo stesso con il Libano, a tempo debito e deliberatamente. Tutto ciò che conta, per gli Usa e per l’Europa, è il diritto di Israele a difendersi.

Le richieste di cessate il fuoco espresse dai vari leader occidentali che insistono - almeno pubblicamente - sul fatto che stanno lavorando duramente per impedire che un'altra guerra catastrofica travolga il Medio Oriente, sono una stomachevole pagliacciata. Anche a un bambino sarebbe chiaro che non puoi negoziare un cessate il fuoco - per non parlare della pace-, con un uomo che ha in mente solo la guerra. Una guerra che tuttavia non può vincere, non fosse altro perché la popolazione di Gaza ha dimostrato a costo di prezzi disumani, di essere indomita, disposta a tutto pur di non mollare la terra nella quale affondano le radici della sua storia, da millenni. Una guerra che Israele non può vincere perché nessun ideale può essere sconfitto con le armi. È sempre stato così, e così sarà fino alla fine del tempo. Come nella ballata di Goethe. L’apprendista stregone, tu puoi spezzare in due la scopa, e spezzarla ancora, e ancora, ma ogni volta che lo farai, ogni singola scheggia di legno si trasformerà in una nuova scopa. Perché le idee sono più contagiose dell’odio. Ed è sempre meglio non cominciare qualcosa che non si sa come finire.

 

LEGGI ANCHE: Guerra in Libano, sale la tensione in Italia: allerta massima al ghetto ebraico di Roma e Venezia