Dopo la crisi in Siria Mosca cerca "porti caldi": le mire di Putin sulla Libia e la nuova base nel Mediterraneo

E l'eventuale presenza di una base russa in Libia non rappresenta certo una buona notizia per l'Italia... Analisi

di Mauro Indelicato

Vladimir Putin 

Esteri

Russia in Libia, Mosca cerca un nuovo porto nel Mediterraneo dopo la caduta di Assad

Dati satellitari e rilevazioni sul campo non lascerebbero spazi a dubbi: nella seconda metà di dicembre, i voli tra la Siria e l'est della Libia sarebbero aumentati di gran numero. E non si tratta ovviamente di voli civili. Al contrario, il riferimento è alla spola fatta da aerei cargo e militari tra le ultime basi russe in territorio siriano e l'area più orientale del territorio libico.

Putin costretto a lasciare la Siria

Il motivo dei tanti voli tra la sponda asiatica e quella africana del Mediterraneo non è casuale. Al contrario, è da ricercare nella necessità di Mosca di trovare nuovi “porti caldi”. In Siria la Russia ha usufruito per oltre mezzo secolo della base navale di Tartus: concessa da Hafez Al Assad nel 1971 all'allora Unione Sovietica, l'approdo ha garantito anche al Cremlino di avere un punto di appoggio fondamentale nel Mediterraneo.

Tutto questo almeno fino allo scorso 8 dicembre, giorno dell'ingresso a Damasco delle milizie anti governative e della contestuale cacciata di Bashar Al Assad, presidente e figlio di Hafez. La caduta della famiglia Assad ha coinciso anche con il ridimensionamento della presenza russa in Siria. E questo perché il governo del presidente Vladimir Putin è percepito come principale alleato del precedente regime.

Oltre agli storici rapporti avuti da Hafez Al Assad con l'Urss, occorre citare il ruolo attivo rivestito dalla Russia a partire dal 2015, con uomini e mezzi inviati dal Cremlino per aiutare sul campo il governo di Damasco contro i miliziani risultati poi vincitori del conflitto civile.

Perché il Cremlino prova a fare sponda in Libia

Buona parte dei mezzi portati via dalle basi siriane sta rimanendo, come detto in precedenza, nell'area mediterranea. Così come sottolineato dal Washington Post, il quale ha citato alcune fonti di intelligence, appare evidente un trasferimento di vasta portata verso l'est della Libia. Il Cremlino quindi non sembra avere intenzione di ripiegare esclusivamente lungo il fronte del Donbass, dossier certamente più scottante in mano a Putin da quasi tre anni a questa parte, ma al contrario vuole tenere fede alla propria politica in Africa.

Una politica che vede Mosca sempre più protagonista, con molti suoi uomini (in gran parte ex mercenari della Wagner) presenti nel Mali, in Burkina Faso, in Repubblica Centrafricana. E ovviamente in Libia, lì dove dal 2016 la Russia ha in Khalifa Haftar il proprio principale alleato. Quest'ultimo è il generale che controlla più della metà del territorio libico ed è ramificato soprattutto in Cirenaica, la regione più orientale del Paese nordafricano.

Qui la Russia già da almeno un decennio aveva in progetto di impiantare una seconda base mediterranea. Adesso ha la necessità di trovare almeno un approdo per sostituire Tartus. È impossibile infatti proseguire la propria politica di espansione in Africa senza un base nel Mediterraneo. In almeno uno dei porti compresi tra Bengasi, Derna e Tobruck, Putin spera tra non molto di poter issare il tricolore russo. E gli ultimi spostamenti, sembrerebbero indicare un primo via libera in tal senso da parte di Haftar.

Le incognite per l'Italia

L'eventuale presenza di una base russa in Libia non rappresenta certo una buona notizia per l'Italia. In primo luogo perché, a prescindere, avere una base navale di Mosca a pochi passi dalle proprie coste è pur sempre un'incognita. I porti della Cirenaica sono a meno di mille chilometri dalle acque italiane e il problema non riguarda solo Roma: in Sicilia, ad esempio, la base Nato di Sigonella rischia di ritrovarsi con una distanza di sicurezza piuttosto scarna rispetto a un grande avamposto russo.

L'altra incognita però riguarda il dossier libico in senso stretto. Il Paese nordafricano, com'è noto, dalla caduta di Gheddafi del 2011 non ha più trovato una stabilità istituzionale e politica. Al suo interno, convivono due governi che rivendicano il potere e decine di milizie che controllano materialmente il territorio. Haftar è per l'appunto l'uomo forte dell'est, ma il suo personale esercito tornerà utile alla Russia solo se la Libia continuerà a essere divisa.

È possibile pensare dunque che Mosca lavorerà per mantenere l'attuale status quo, circostanza poco gradita dall'Italia. Con una Libia divisa e con un Paese ancora preda dell'instabilità, per Roma risulterà ancora più difficile lavorare sui dossier riguardanti i propri principali interessi nazionali: gas e petrolio in primis, oltre che ovviamente la questione immigrazione.

 

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