Macron filocinese spaventa Usa e Nato. Per Meloni c'è un'autostrada atlantista

Terremoto mondiale sul presidente francese per la sua richiesta di autonomia strategica e fine del "vassallaggio" nei confronti di Washington

di Redazione Esteri
Emmanuel Macron e Giorgia Meloni
Esteri

L'autonomia strategica di Macron piace molto a Xi Jinping. Non a Biden

"La Nato è cerebralmente morta". Oppure: "L'Europa deve agire all'interno della Nato, con la Nato, ma anche non dipendendo dalla Nato". O ancora: "Un'alleanza non è qualcosa da cui dovrei dipendere. È qualcosa che dovrei scegliere, qualcosa con cui lavorare. Dobbiamo ripensare la nostra autonomia strategica". E infine: "L'Europa deve acquisire maggiore autonomia in materia di tecnologia e capacità di difesa, anche rispetto agli Stati Uniti". Si tratta di una breve collezione di dichiarazioni di Emmanuel Macron, pronunciate negli anni scorsi. Prima della pandemia di Covid-19, prima della guerra in Ucraina, prima che la contesa commerciale tra Cina e Stati Uniti diventasse qualcosa di più e le tensioni arrivassero a farsi sempre più forti anche in Asia-Pacifico.

Ecco, se allora in molti avevano convenuto sulla visione di Macron, credendo nella buona fede di una visione fondata sulla creazione di un'Europa più forte, ora le cose sono cambiate. Sì, perché Macron ha in sostanza ripetuto diverse di queste cose adesso, dopo che il mondo è cambiato in maniera drastica. Il presidente francese ha scatenato una tempesta di critiche dopo aver affermato che l'Europa non deve diventare un "vassallo" e deve evitare di essere coinvolta in qualsiasi conflitto tra Stati Uniti e Cina su Taiwan.

Parlando con i giornalisti di Les Echos e Politico, Macron ha detto che l'Europa dovrebbe essere una terza potenza nell'ordine mondiale, insieme agli Stati Uniti e alla Cina. Secondo Les Echos, Macron ha dichiarato: "Noi abbiamo interesse ad accelerare sul tema di Taiwan? No. La cosa peggiore sarebbe pensare che noi europei dobbiamo essere dei seguaci su questo tema e adattarci a un ritmo americano e a una reazione eccessiva cinese". Ha aggiunto che sarebbe "una trappola per l'Europa", ora che ha sviluppato una maggiore autonomia dopo la pandemia di Covid, farsi coinvolgere in crisi "che non sono nostre". Se ci sarà un'accelerazione del conflitto tra il duopolio americano e quello cinese "non avremo il tempo, né i mezzi per finanziare la nostra autonomia strategica e diventeremo vassalli, mentre potremmo diventare il terzo polo dell'ordine mondiale se avessimo qualche anno per svilupparlo".

L'ira degli Usa per la "terza via" di Macron

Nessun commento ufficiale dalla Casa Bianca, ma intanto si sono scatenati già i repubblicani, che rinfacciano a Biden il fatto di aver riservato finora a Macron l'unica visita con protocollo di Stato da quando si trova alla Casa Bianca. In un post sui social media che rimanda all'intervista di Politico, il senatore repubblicano Marco Rubio ha affermato che se Macron parla a nome di tutta l'Europa, allora gli Stati Uniti dovrebbero considerare di concentrare la loro politica estera sul contenimento della Cina e lasciare che sia l'Europa a gestire la guerra in Ucraina.

"Forse dovremmo dire che ci concentreremo su Taiwan e sulle minacce che la Cina pone, mentre voi vi occuperete dell'Ucraina e dell'Europa", ha detto Rubio. Ma anche l'establishment mediatico non ha apprezzato. Il Wall Street Journal ha affermato in un editoriale che i "commenti poco incoraggianti" del presidente francese avrebbero minato la deterrenza degli Stati Uniti e del Giappone contro la Cina nel Pacifico occidentale, incoraggiando al contempo i politici statunitensi che vogliono ridurre gli impegni americani in Europa. "Se il presidente Biden è sveglio, dovrebbe chiamare Macron e chiedergli se sta cercando di rieleggere Donald Trump", ha scritto il giornale.

Ma anche dall'Europa arrivano distinguo e chiarimenti sul fatto che la posizione di Macron esprime solo la sua o al limite quella francese. A incidere in modo negativo sulle sue affermazioni anche la circostanza in cui sono state fatte. Macron ha infatti fatto le sue dichiarazioni in un'intervista sul suo aereo dopo una visita di Stato di tre giorni in Cina, dove ha ricevuto un tappeto rosso dal presidente cinese Xi Jinping.

E dire che Macron aveva invitato Ursula Von der Leyen con lui in Cina per mostrare unità europea. La realtà ha dimostrato che il suo obiettivo era probabilmente l'opposto. Usare la presidente della Commissione europea per sollevare le questioni più spinose, dall'Ucraina a Taiwan passando per lo Xinjiang, per poi parlare anche e soprattutto di affari a livello bilaterale. Già, perché insieme a lui c'erano oltre 50 imprenditori che hanno firmato diversi accordi commerciali e di investimento con la Cina. E il documento congiunto finale riafferma tutti gli impegni presi precedentemente da Macron con Pechino.

Si crea un'opportunità per Meloni in Europa e sui rapporti con gli Usa

Non un male in sé, sia chiaro, ma il modo in cui Macron si sta muovendo appare a molti ambiguo. E forse mirato anche, o soprattutto, a promuovere la sua figura come nuovo leader di un'Europa più autonoma e decisionista in politica estera. Non è un caso che i media cinesi lo celebrino come "vero interlocutore" della Cina in Europa e una sorta di erede di Angela Merkel.

Tutta questa vicenda potrebbe però creare un'opportunità per Giorgia Meloni e il governo italiano. Tra Macron a capo dell'ipotetica "terza via" europea (di realizzazione più che mai complessa in un momento in cui persiste ancora la guerra in Ucraina) e una Germania timida e confusa con Olaf Scholz, il bastone del comando continentale appare senza padrone.

Non solo, anche la casella di principale interlocutore degli Stati Uniti in Europa sembra raggiungibile dalla premier italiana. In questi mesi, tutti i leader più importanti europei, da Scholz a Macron passando per Pedro Sanchez, sono stati in Cina. Meloni non c'è ancora andata, nonostante abbia accettato l'invito avanzata da Xi Jinping in occasione del bilaterale a margine del summit del G20 di Bali del novembre scorso.

Prima di Pechino, la premier potrebbe visitare Washington, cercando di saldare il rapporto con gli Stati Uniti e posizionarsi come punto di dialogo fondamentale non solo per i repubblicani ma anche per l'attuale amministrazione democratica. Certo, si dovranno anche prendere decisioni come la permanenza o l'uscita dalla Belt and Road Initiative cinese. Ma per Meloni si è creato uno spazio di manovra, anche a livello continentale.

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