Navalny, fuori un altro

Lo Zar ha chiuso un altro conto dopo essersi sbarazzato di Evgenij Prigožin

di Gabriele Penna
Esteri

Russia, morto l'oppositore di Putin Navalny

Non sorprende la notizia della morte di Alexei Navalny. Il principale oppositore di Putin era scampato alla morte il 20 agosto 2020, quando a bordo di un aereo diretto a Mosca fu avvelenato con un tè. Poi nel gennaio del 2021 l’arresto e nell’agosto del 2023 la condanna a 19 anni per “estremismo”, da scontare in uno dei peggiori penitenziari della Russia.

Lo Zar ha chiuso un altro conto dopo essersi sbarazzato di Evgenij Prigožin, capo della milizia privata Wagner che si era messo in testa di sovvertire lo status quo.

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La tv russa individua come causa della morte di Navalny "un coagulo sanguigno", più comunemente conosciuta come trombosi. “Ha pagato con la vita la sua resistenza a un sistema di oppressione". Non usa mezzi termini il ministro degli Esteri francese Stephane Sejourné, secondo cui "la sua morte in una colonia penale ci ricorda la realtà del regime di Vladimir Putin”.

"Dopo anni di detenzione in un regime carcerario non proprio liberale la Russia perde una voce libera". Più prudente il commento del ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani.

Sorprende la spregiudicatezza del capo del Cremlino. E ancora di più la pretesa davanti all’opinione pubblica mondiale di non fare troppe questioni sui suoi affari interni. E poco conta il mandato di arrestato internazionale che pende sulla sua testa se nell’altra parte del mondo i regimi accolgono a braccia aperte lo Zar.

Passi il conflitto in Ucraina, ormai ridotto a fastidioso teatro di guerra in coda ai telegiornali, ma la mattanza di oppositori, giornalisti o attivisti politici che siano, dà la sensazione di essere tornati all'orrore del Ventesimo secolo.

 

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