Israele dà dei nazisti ai palestinesi, ma è anch'esso responsabili di crimini

Mentre alle Nazioni Unite l’ambasciatore israeliano trita la carta delle Nazioni, a Gaza Israele trita i diritti umani

di M. Alessandra Filippi
Benjamin Netanyahu, primo ministro di Israele dal 29 dicembre 2022
Esteri

Dal trita carte al nazismo, le accuse specchio di Israele alla Palestina

Sulle testate cartacee e on line di mezzo mondo oggi campeggia, a titoli più o meno cubitali, lo storico risultato del voto uscito ieri dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite. Quasi all’unanimità le Nazioni hanno votato una risoluzione che riconosce alla Palestina la piena idoneità per diventare membro dell'Onu e che raccomanda al Consiglio di Sicurezza di "riconsiderare favorevolmente la questione".

A favore del testo hanno votato 143 Paesi, fra i quali Spagna, Francia e Irlanda, 9 hanno votato contro, fra loro gli Stati Uniti, mentre in 25 - tra cui l'Italia - si sono astenuti. Adottando questa risoluzione, l’Assemblea Generale rafforzerà i diritti dello Stato di Palestina all’interno dell’organismo mondiale – senza però il diritto di voto o di presentare la propria candidatura a organi come il Consiglio di Sicurezza o il Consiglio Economico e Sociale (ECOSOC). Il riconoscimento vero e proprio dipende dall'approvazione del Consiglio di Sicurezza e da attori chiave come gli Stati Uniti, che detengono il potere di veto e che fino ad oggi hanno votato contro.

Il successo della votazione - altra pietra miliare del cambiamento in corso negli equilibri mondiali dall’inizio dell’offensiva sferrata da Israele nella Striscia-, rappresenta un’importante vittoria simbolica per la Palestina e la sua causa. Il cammino è tutto in salita, irto di ostacoli e veti – soprattutto quello degli Stati Uniti -, tuttavia il fatto che la risoluzione è stata votata da ¾ dei membri rende plastica ed evidente la forza e lo sforzo dell’azione diplomatica messa in campo a favore della “questione palestinese”. Fra i principali cambiamenti di status a cui la Palestina avrà diritto c’è quello di sedersi fra gli Stati membri in ordine alfabetico; fare dichiarazioni e co-sponsorizzare proposte ed emendamenti, anche a nome di un gruppo; presentare proposte ed emendamenti e introdurli.

Lo scroscio di applausi e la commozione visibile dell'ambasciatore palestinese all'Onu Ryad Mansour sono stati inversamente proporzionali alla furiosa reazione dell'ambasciatore israeliano Gilad Erdan, il quale si era opposto alla risoluzione equiparandola all'approvazione di uno "stato terroristico" guidato da gruppi come Hamas e considerandola “un rovesciamento dei principi fondativi dell'Onu, nata proprio per porre fine alla tirannie naziste”.

Dal palco del Palazzo di Vetro ha tirato fuori un mini tritacarte e, con gesto teatrale, ha fatto a pezzi la Carta delle Nazioni Unite accusando gli astanti di essere loro gli autori della distruzione. E rivolgendosi ai presenti ha aggiunto “Avete aperto le Nazioni Unite ai nazisti moderni”.

Ascoltando l’intero intervento di Gilard Erdan, unendolo a tutti quelli già ascoltati in questi mesi, una libera associazione viene spontanea farla. Ovvero: le accuse che muove somigliano tanto a quelle che vengono rivolte allo Stato che rappresenta. Erdan, che tira in ballo “tirannie naziste” e accusa l’Onu di “fare a pezzi sé stessa”, a ben guardare rappresenta uno Stato che negli ultimi mesi ha collezionato un numero di accuse che spaziano dall’apartheid alla pulizia etnica; dal genocidio ai crimini di guerra e crimini contro l’Umanità. E senza contare le accuse, resta uno Stato che ha assassinato impunemente decine di migliaia di civili inermi, metà dei quali sono bambini innocenti. Uno Stato che in sette mesi ha ucciso e ferito più di 100.000 persone.

Viene da pensare al meccanismo della proiezione che, come spiega la psicoanalisi, consiste nel proiettare sugli altri i propri aspetti negativi per liberarsi del senso di colpa. Leggendolo in questo modo, l’intervento dell’ambasciatore israeliano diventa una plateale confessione della reale natura del Sionismo. L’accusa di nazismo rivolta ad Hamas – leggasi  Palestina -, altro non sarebbe che l’auto denuncia del proprio.

Franco Berardi, leggendario attivista e saggista italiano, a proposito di nazismo e Israele, ha recentemente pubblicato un testo molto duro dal provocatorio titolo “Perché Gaza non è Auschwitz”. Al termine dell’analisi scrive: “La differenza tra Auschwitz e Gaza sta nel carattere pubblico, mediaticamente ostentato dell’Olocausto inflitto ai palestinesi. La lezione che i nazisti di Sion stanno dando al mondo è che non c’è alcun modo per difendere la nostra vita, le persone a noi vicine, i nostri figli, contro l’illimitata violenza di uno stato che è nato come stato coloniale, avamposto dell’imperialismo occidentale, e fa uso sistematico delle tecniche di pulizia etnica, di apartheid, e deportazione di massa. Gaza non è come Auschwitz, perché in quel villaggio polacco non c’erano le telecamere, mentre oggi è l’umanità intera che siede in salotto e osserva il suo futuro”.

Una cosa comunque è chiara e incontestabile: mentre alle Nazioni Unite l’ambasciatore israeliano ha tritato la Carta delle Nazioni, a Gaza e in Cisgiordania Israele trita i Diritti Umani sterminando sotto gli occhi del mondo un intero popolo.

Per questa ragione oggi, più che l’odio di Israele, è bene risuonino la parole colme di dignità pronunciate ieri dall’ambasciatore palestinese. Nonostante il suo popolo da più di 76 anni sia sottoposto a una delle più prolungate, efferate e crudeli delle oppressioni, spogliato di terre, cultura, tradizioni, diritti, libertà, vita, ieri ha avuto la forza e la passione di riaffermare, senza veli di rancore, quel che il suo popolo chiede da quasi un secolo.

"Vogliamo pace e libertà, la nostra bandiera vola alta in Palestina, nel mondo e persino fuori dal Campus della Columbia University a New York. È diventata un simbolo di chi crede nella libertà. Potete decidere di stare con la pace, con il diritto di una nazione di vivere in libertà, oppure potete decidere di stare ai margini della storia. Colonizzazione e occupazione non sono il nostro destino, ci sono stati imposti. Votare per l'esistenza della Palestina non è contro nessuno stato. È un investimento nella pace".

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