Netanyahu, il mandato d'arresto della Corte penale internazionale tra cliché e luoghi comuni. Crosetto e Tajani...

La pronuncia del piccolo collegio di tre magistrati della Corte non è una sentenza...

di Giacomo Costa
Esteri

Difesa o crimine? Crosetto ignora la Cpi e legittima ogni mezzo contro Hamas

Che cosa esattamente è successo? Molte delle reazioni, sulle quali torneremo, lascerebbero pensare che la Cpi (Corte penale internazionale) abbia emesso delle sentenze, e delle sentenze di colpevolezza, nei confronti dei tre imputati Netanyahu, Gallant,  e Deif.  Ma la pronuncia del piccolo collegio di tre magistrati della Corte non è una sentenza. Esso è stato chiamato in causa dall’imputazione di questi tre soggetti mossa nel maggio scorso dal procuratore Karim Khan. Per analogia, potremmo parlare di un giudizio che espone il risultato di un’ “indagine preliminare”.

Eccolo: “La Corte ritiene che esistano ragionevoli motivi per credere il signor Netanyahu , primo ministro di Israele, e il signor Gallant, ministri della Difesa di Israele...siano entrambi penalmente responsabili dei seguenti crimini: crimine di guerra con uso della fame come metodo bellico; e crimini contro l’umanità di omicidio, persecuzione e altri atti inumani.” Ci sarà poi un processo per esaminare più compiutamente queste accuse ritenute plausibili e fondate. L’arresto è necessario per evitare la reiterazione dei crimini.

Basti pensare alla quotidiana attività di macellazione alla quale  sovraintende Netanyahu (non più Gallant che è stato estromesso dal governo). Gli esecutori delle delibere della Corte sono gli Stati firmatari del Patto , lo Statuto di Roma, il cui scopo è di perseguire i crimini di guerra e contro l’umanità. In particolare, gli Stati membri, tra cui tutti gli Stati della Ue, dovrebbero catturare questi tre soggetti, se capitassero nei loro territori. Lo spiega chiaramente il nostro ministro della Difesa Crosetto: “Ritengo che la sentenza della Corte penale internazionale sia sbagliata,  ma se gli imputati venissero in Italia dovremmo arrestarli perché noi rispettiamo li diritto internazionale”, una dichiarazione che manifesta una certa incomprensione della natura della pronuncia della Cpi, ma in compenso la lodevole volontà di adempiere gli obblighi che lo Statuto di Roma pone ai suoi membri. 

Ma perché la pronuncia sarebbe sbagliata? Perché, dice Crosetto, essa “mette sullo stesso piano il presidente e l’ex ministro israeliani con il capo che ha guidato e organizzato l’attentato vergognoso che ha massacrato donne, uomini e bambini e che ha rapito israeliani. E da cui è partita la guerra. Sono due cose completamente diverse: da una parte c’è un atto terroristico, dall’altra c’è un Paese che a seguito di questo attacco cerca di estirpare un’organizzazione criminale terroristica.” Il problema è che cosa significhi in questo contesto “mettere sullo stesso piano”. Notiamo preliminarmente che il procuratore Kahn aveva richiesto l’arresto per tre dei capi di Hamas: Ismael Haniyeh, Mohammed Deif, e Yaya Sinwar. Questi sono stati fatti assassinare dal governo israeliano, con un’ombra di dubbio sul pieno successo nel caso del secondo. Indubbiamente non si possono “mettere sullo stesso piano” i vivi e i morti ammazzati, ma non é questa la differenza di cui Crosetto lamenta il mancato riconoscimento.

Allora, il tipo di reato? No, i reati ascritti ai tre capi di Hamas erano di “sterminio e omicidio e la presa di ostaggi”, aderenti alla loro condotta e differenti da quelli attribuiti ai due capi israeliani. Ma neppure questa è la differenza che sta a cuore a Crosetto. Egli afferma che il fine dei due capi israeliani è buono, “cercare di estirpare un’organizzazione terroristica”, la classica difesa del suo operato del governo israeliano, al quale persino l’alleato Blinken ha risposto centinaia di volte che c’è modo e modo di “estirpare un’organizzazione terroristica”. Ad esempio, se lo si tenta prendendo un’intera popolazione per fame, si compie uno specifico crimine  internazionale. Questa differenza è sorprendentemente ignorata da Crosetto, il quale tende a mettere sullo stesso piano tutti i metodi di estirpazione. In sostanza, è probabile che Crosetto lamenti la “messa sullo stesso piano” dei leader israeliani e di Hamas” perché ritiene che, al contrario dei capi di Hamas,  gli israeliani non stiano commettendo alcun crimine: per estirpare Hamas ogni mezzo sarebbe lecito. 

Nettamente diversa è la posizione dell’altro nostro leader, il ministro degli Esterni Tajani: “Valuteremo con gli alleati come interpretare la decisione e come comportarci in questa vicenda: noi sosteniamo la Corte, ricordando sempre che deve svolgere un ruolo giuridico e non un ruolo politico.” Di solito quelli che pongono problemi di interpretazione sono testi oscuri e suscettibili di diverse interpretazioni: come abbiamo visto riguardo all’espressione “mettere sullo stesso piano”. Ma la pronuncia che autorizza i mandati d’arresto è chiarissima. Tajani sembra suggerire che se essa avesse esorbitato dal suo alveo giuridico e fosse in realtà una sentenza politica, allora la si potrebbe ignorare, con grande suo sollievo. Di solito una sentenza si dice “politica” quando si ritiene che i giudici abbiano usato dei criteri politici invece che giuridici per emetterla. Normalmente un imputato in difficoltà si dichiara innocente ma perseguitato dai giudici per ragioni politiche.  Ma abbiamo visto sopra qual è la base dell’autorizzazione al mandato di arresto:  il Collegio si richiama a circostanze di fatto ampiamente provate, purtroppo per i poveri gazawy!    

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