Sanchez ha preso lezioni da Renzi. La sinistra fa di tutto per il potere
Socialisti pronti a compromessi con i catalani
Pedro Sánchez non può continuare ad agire come se fosse normale quella che è un'anomalia istituzionale e giudiziaria
Evidentemente i giochi di palazzo, tipici della nostra seconda repubblica, di cui il senatore Matteo Renzi ne è stato uno dei maggiori protagonisti, hanno oltrepassato i confini nazionali, arrivando anche in Spagna. Il voto dello scorso 23 luglio, infatti, nel paese iberico, che ha visto una vittoria relativa dei popolari, ma senza la maggioranza assoluta per poter formare un governo, hanno creato una situazione di blocco istituzionale, che i socialisti stanno cercando di superare a loro vantaggio, scendendo a duri compromessi con i catalani di Junt di Carles Puigdemont.
Dal suo buon retiro belga di Waterloo, il controverso leader catalano, ed ora eurodeputato, sembra voler cuocere a fuoco lento i socialisti e Sanchez, pregustando una succosa rivincita sul governo spagnolo, che lo ha costretto all’esilio, dopo i fatti del referendum del 2017. “È già una novità che il Parlamento sia inaugurato a metà agosto in Spagna, ma il fatto più significativo di quanto accaduto questo giovedì è che, come previsto, il Congresso dei Deputati è stato costituito sotto i disegni di un sedizioso golpista, perseguito per corruzione e che è in fuga dal Paese.
Pedro Sánchez non può continuare ad agire come se fosse normale quella che è un'anomalia istituzionale e giudiziaria: che il fuggitivo Carles Puigdemont, attraverso i sette deputati Junts, possa imporre le sue condizioni per decidere chi saranno le massime autorità di uno Stato contro il quale si è ribellato manipolando le istituzioni catalane.” scrive in un editoriale durissimo di ieri il direttore del giornale Abc, Julián Quirós. Nella giornata di ieri si è assistito alla elezione a maggioranza assoluta, con 178 voti a favore ( quindi anche i sette decisivi di Junts) della presidente della Camera, la socialista Francina Armengol, che proprio con il leader di Junt, Puigdemont da tempo ha uno stretto rapporto di stima e fiducia reciproca.
E’ il chiaro segnale che i socialisti sono pronti a trattare su tutta la linea con i separatisti catalani, a cui è già stato concesso l’uso della loro lingua a livello ufficiale ( fino addirittura ad avanzare la richiesta che il catalano e il basco e il gallego vengano riconosciute anche al parlamento europeo). Ma le richieste di Junts e del suo leader sono state chiare fin da subito: “ Senza amnistia, Sanchez non avrà l’investitura” ha ribadito, a poche ore dalla elezione della Armengol, Teresa Jorda, la deputata di Junts per Catalunya, incaricata di portare avanti le trattative con i socialisti e con Sumar per la formazione di un governo. Se non è un ricatto in piena regola, ci si avvicina molto.
L'elezione di Armengol, inoltre, sembra aver dato vita a un'insolita gara tra Junts ed ERC per ottenere le concessioni dei socialisti in Parlamento. I quattro punti di accordo si riassumono nell'elaborazione di una legge organica sulla lingua catalana affinché sia “pienamente ufficiale in tutte le istituzioni dello Stato”, compresa la Giustizia e di uso al Congresso fin dalla prima sessione plenaria; la riapertura della commissione d'inchiesta sul caso Pegasus e le presunte intercettazioni telefoniche dei separatisti catalani, la promozione di una nuova commissione sugli attentati jihadisti di Barcellona e Cambrils (Tarragona) che hanno compiuto sei anni questo giovedì, e la depenalizzazione di quello che è stato considerato come una sorta colpo di Stato da parte delle istituzioni catalane nel 2017.
In questo modo il premier Sanchez, secondo alcuni osservatori, starebbe vendendo l’integrità nazionale in cambio di una investitura che oggettivamente darebbe vita ad un governo forse ancora più debole di quello appena terminato a maggio, dopo la durissima sconfitta subita dai socialisti alle amministrative. D’altra parte la destra appare divisa come mai, e certo non per colpa di Vox, che invece nei giorni scorsi, nel tentativo di sbloccare la situazione, si era detto disposta ad offrire ai popolari, l’appoggio dei propri 33 deputati, senza chiedere nulla in cambio: Il chiaro intento di Vox era proprio quello di permettere che si potesse assistere alla formazione di un governo di Sanchez, pur sconfitto alle elezioni, con appoggio dei separatisti baschi e catalani.
I Popolari continuano a non riuscire a superare la idiosincrasia di alcuni loro esponenti di spicco ( tra cui il segretario in primis) per un'alleanza programmatica con Vox e questo non può che ritorcersi contro un partito che sembra aver smarrito identità e autorevolezza. Proprio il recente trionfo della Ayuso a Madrid, da sempre considerata una delle esponenti più a destra del partito, sembra mostrare quale dovrebbe essere la via da seguire dal partito. Ma Feijoo sembra sordo a qualsiasi richiamo alla realtà politica dei fatti e il suo atteggiamento comincia a lasciare molti dubbi nell'entourage del partito. I suoi errori rischiano di far ricadere il paese in mano ai socialisti, e in questo caso il primo colpevole sarebbe certamente lui.
Il sentiero per Sanchez per arrivare al governo del paese appare comunque molto stretto, ma certamente sembra avere trovato un’aiuto insperato proprio da un partito popolare, ondivago ed incerto, guidato da un segretario senza leadership e senza visione. La riprova si è avuta anche in occasione del voto di ieri per il rinnovo delle principali cariche della Camera, in cui inspiegabilmente il PP ha votato contro l’elezione di un un membro di Vox, che è la terza forza del paese .
“Siamo un po' perplessi perché non sembra impedire alla terza forza politica della Spagna di rimanere fuori dall'Ufficio del Congresso dei Deputati sia proprio recuperare la normalità democratica e la neutralità delle istituzioni, e quindi è difficile per me rispondere", ha ammesso Abascal ad un giornalista che gli chiedeva se i suoi 33 deputati sarebbero stati ancora al servizio del PP per un tentativo di investitura di Feijóo. Ma evidentemente il partito di estrema destra spagnolo, spesso accusato di mancanza di democrazia al suo interno e di essere illiberale, ha mostrato, in questo caso, una maturità politica ed un rispetto delle istituzioni che altri non hanno avuto ( a cominciare proprio dall’ex premier e dalla sua alleata la vicepresidente Yolanda Diaz). Il segretario generale di Vox, infatti, Ignacio Garriga, ha dichiarato in un'intervista a Telecinco che il suo partito sosterrebbe l'investitura di Alberto Núñez Feijóo, nonostante il "disprezzo e l'arroganza" mostrati dai popolari durante il voto di ieri al Tavolo del Congresso, in cui appunto il partito Vox è rimasto a bocca asciutta ( anche qui incredibili le assonanze con quello che accadde un anno fa al partito della Meloni, Fdi, lasciato fuori come unico partito di opposizione, dal consiglio di amministrazione della Rai). Una situazione sempre più intricata che mostra ancora una volta come Pedro Sanchez sia un uomo disposto a tutto pur di restare al potere, come mostrato nei suoi precedenti governi, in cui la sua ambizione è stata più forte di tutto, ottenendo anche le critiche e in alcuni casi l'aperta ostilità, da parte dei baroni del suo partito. Se riuscirà ancora una volta a resuscitare dalle ceneri, come già nel 2016, il rischio è che a pagarne il conto possano essere gli spagnoli e la stessa unità del paese, come da tempo paventa proprio Vox.