Sudan nel caos, stranieri in fuga. Meloni: “Nessun italiano lasciato indietro”
Khartoum continua a bruciare nello scontro tra l'esercito e i paramilitari. La Turchia di Erdogan lancia un appello di mediazione
Sudan in fiamme, cittadini stranieri in fuga. Tutti gli italiani evacuati in rientro a Roma
L’Italia ha completato una delicatissima missione di salvataggio, quella in Sudan, dove da oltre una settimana infuriano i combattimenti tra le forze fedeli al capo dell'esercito Abdel Fattah al-Burhan e il suo vice diventato rivale Mohamed Hamdan Daglo, che comanda le potenti forze paramilitari di supporto rapido (RSF). Quasi 150 i connazionali intrappolati a Khartoum, che sono partiti dal Paese in guerra e che presumibilmente nella serata di oggi, 24 aprile, torneranno a Roma.
Già ieri era decollato alla volta di Gibuti il primo C-130 italiano con a bordo la gran parte dei connazionali che avevano chiesto di lasciare il Paese, mentre successivamente erano partiti verso la stessa Gibuti altri 40, grazie alla collaborazione con le forze armate spagnole.
E in tarda serata avevano lasciato Khartoum l'ambasciatore Michele Tommasi con del personale militare. "Dopo una giornata di trepidante attesa, tutti i nostri connazionali in Sudan che hanno chiesto di partire sono stati evacuati. Con loro ci sono anche cittadini stranieri. L'Italia non lascia nessuno indietro" ha dichiarato la premier Giorgia Meloni, ringraziando tutti coloro che hanno realizzato la delicata operazione. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani aveva fatto in precedenza sapere che "se le cose andranno per il verso giusto, contiamo di avere i nostri connazionali domani in Italia", precisando che si tratta di 140 persone cui si aggiungono alcuni svizzeri, dei dipendenti della Nunziatura apostolica e una ventina di cittadini europei per un totale di circa 200 civili. In serata poi il ministro aveva dato la notizia che "tutti gli italiani che hanno chiesto di partire dal Sudan sono in salvo ed in volo verso Gibuti".
Tajani, chiusa l'ambasciata italiana a Khartoum
"Tutto è proceduto nel modo migliore". Gli italiani "sono stati tutti messi in sicurezza. La nostra ambasciata è stata chiusa, molto probabilmente la sposteremo in maniera temporanea o in Etiopia o in Egitto". Così il ministro degli Esteri Antonio Tajani al Tg3, facendo riferimento alle operazioni di evacuazione degli italiani dal Sudan.
Sudan in fiamme, cittadini stranieri in fuga. Attaccato un convoglio francese, un ferito
Operazioni simili sono state condotte anche da altri Paesi che stanno mettendo in salvo i propri cittadini dal conflitto. Lo scenario a Khartoum è talmente critico che gli Usa hanno dovuto chiudere la propria ambasciata ed evacuare il personale diplomatico con un aereo militare, come annunciato dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden. L'avvenuta evacuazione del personale della propria ambasciata è stata annunciata anche dal Regno Unito. Quasi cento persone sono state evacuate dalla Francia, che conta di portarne in salvo altre cento; in un'operazione poi abortita, peraltro, un francese è stato ferito da un cecchino dei paramilitari, almeno secondo la versione fornita dall'esercito sudanese.
Germania, Belgio e Olanda hanno annunciato altresì l'inizio delle operazioni di evacuazione di loro cittadini dal Sudan dopo che sabato l'Arabia Saudita era già riuscita a rimpatriarne 91. A Khartoum inoltre sono stati visti incolonnarsi alla volta di Port Said decine di veicoli bianchi delle Nazioni Unite e molti autobus nonostante la tregua umanitaria di tre giorni annunciata venerdì sia stata violata anche nelle ultime ore fra l'altro con raid aerei delle Forze armate che, secondo i paramilitari, hanno causato "decine di morti e feriti".
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Sudan in fiamme, la Turchia si propone come centro di mediazione
Un funzionario diplomatico sudanese ha nel frattempo rivelato al Sudan Tribune che il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha suggerito ai leader militari sudanesi di tenere negoziati in Turchia. Nelle telefonate degli ultimi due giorni, quest'ultimo avrebbe parlato con Al-Burhan e Hemetti, trasmettendo il desiderio della Turchia di mediare la fine della guerra. Il leader turco si sarebbe offerto di ospitare negoziati diretti ad Ankara, con assicurazioni al comandante del supporto rapido. Al momento non si hanno chiare indicazioni della posizione delle due fazioni sulla proposta.