The Golden Age, dalla corruzione ai privilegi dell'élite: Trump si fa il suo Grande Gatsby nel silenzio dell'Occidente 

La nuova età dell’oro promessa da Trump sembra ignorare le macerie che vanno accumulandosi e sotto le quali arde una brace della quale nemmeno sentono l’odore

di M. Alessandra Filippi

Donald Trump, arriva dopo la vittoria alla festa di veglia elettorale al Palm Beach Convention Center

Esteri

The Golden Age: il grande Gatsby secondo Trump

Come l’élite di West Egg, tratteggiata nel celebre romanzo Il grande Gatsby di F. Scott Fitzgerald, l’eden di Trump, la sua tenuta faraonica a Mar-a-Lago, si fa simbolo di un’America blindata nel proprio privilegio, dove le decisioni sul destino di intere regioni del mondo vengono prese nel salotto buono, da fedelissimi e obbedienti. La futura nuova amministrazione ormai quasi al completo, composta da figure tagliate su misura del 47° presidente, sembra priva di qualsiasi consapevolezza delle macerie che vanno accumulandosi e sotto le quali arde una brace della quale non avvertono né il crepitio né l’odore. E, nel Medio Oriente, le nomine di un immobiliarista ashkenazita, Steven Witkoff, e di un pastore battista negazionista, Mike Huckabee, a ruoli chiave per la regione non promettono altro che tragedia: una politica orientata più al servilismo che alla giustizia, più agli interessi personali di una lobby, quella ebraica, che alla stabilità concreta della regione.

Nelle sale sfavillanti di West Egg, summa di tutte quelle ad est e ovest dell’Atlantico, e pure del Pacifico californiano, fiumi di ogni cosa scorrono, fra guanti bianchi d’impeccabile candore, anoressiche puttane travestite da signore e bulli viziati mascherati da magnati. In questa parata di luci, sfilata di vestiti scintillanti, danza macabra di umani non più umani, scorre una vita all'apparenza dorata. Fanno invidia a molti tranne a chi quelle sale e quei banchetti li conosce. E sa che è tutta una facciata, dietro la quale si nasconde, pure malamente, l'indifferenza, la decadenza e la corruzione di un'élite isolata nel proprio privilegio. Come Tom Buchanan, che con arroganza calpesta tutto ciò che incontra, Israele si muove sulla scena internazionale con la prepotenza dei troppo ricchi e dei troppo viziati, con sempre più sfacciata protervia, certo della propria impunità, di poter avanzare senza opposizioni. Di uccidere e mentire, manipolare e sottomettere, senza pagar pegno e subire conseguenze. Adesso più che mai.

E Daisy, la bellissima, irritante, passiva e inutile Daisy, rappresenta un Occidente complice, indeciso, riluttante, vuoto, che non si rende conto di aver disseminato lui stesso macerie tutt’intorno. Troppo impegnato a godersi gli epigoni del proprio lusso e a nutrire la sterile e vana illusione di centralità morale, l’Occidente ignora i detriti del mondo che ha contribuito a distruggere. La sua quieta acquiescenza e il suo distogliere lo sguardo sono la perfetta immagine di un sistema che coltiva l’ingannevole credenza di essere ancora il faro della civiltà mentre è già sommerso dai resti della propria decadenza.

Come i bulldozer che utilizza per distruggere e spinare la vita e la terra degli altri, Israele scava trincee, i nuovi confini di domani. D’altra parte, non ha confini certi. Non li ha mai sanciti come gli altri nella sua costituzione. Israele non ha né confini né costituzione. La Torah è il suo nord, la bussola, l’atto costituente. Siria, Libano, e soprattutto a Gaza e Cisgiordania, quella che i messianici ebrei di Israele si ostinano a chiamare Giudea e Samaria, gli appartengono per diritto divino. È scritto nella Bibbia, redatta da uomini sotto dettatura divina.

Nulla è vero, tutto è possibile. Intorno a questo stato indegno delle cose, tutti sembrano impotenti, quando in verità sono conniventi. L’ONU è un carrozzone inutile che non va nemmeno più avanti da sé. La NATO è arrogante e schizofrenica, mai stata così serva, mai stata così squallida. Come nella canzone dei Rolling Stones, Sympathy for the Devil, agisce in modo cinico e contraddittorio. Concepita come un'alleanza difensiva, oggi sembra più un incubatore di tensioni e instabilità, una cellula impazzita, una schizofrenia politica.

Mentre i bulldozer scivolano sulle macerie, noi siamo chiamati a scegliere: continuare a guardare il mondo che si sgretola o affrontare la verità: che ogni potere arrogante, prima o poi, crollerà sotto il peso delle proprie menzogne. Il mondo si trova all'orlo di un abisso, e l’indifferenza non è più un lusso che l’Occidente può permettersi. In questo scontro, la scelta è nostra: continuare a guardare mentre tutto si sgretola, o cominciare a costruire qualcosa di nuovo, lontano dalla corruzione e dall’arroganza di un potere che si crede eterno e benedetto da Dio.

 

 

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