Tim, dietro Kkr l'atlantismo di Draghi. Addio Via della Seta, welcome zio Sam
Il fondo Usa cerca il placet di Palazzo Chigi per l'operazione su Tim. La vicenda dimostra il ribilanciamento della politica estera operato da SuperMario
Kkr vuole il placet di Draghi e del governo per l'acquisizione di Tim
C'è un aspetto che non è ancora entrato nella discussione sulla vicenda di Tim. Eppure si tratta di un argomento non secondario su una vicenda che può riscrivere il futuro di una delle principali compagnie italiane. Vale a dire la politica estera del governo Draghi. Non sembra essere un mistero, infatti, che l'offerta del fondo statunitense per il colosso italiano delle telecomunicazioni sia arrivata con il via libera proprio di Mario Draghi. Da quando è arrivato SuperMario a Palazzo Chigi, non è certo un mistero che il bilanciamento geopolitico italiano sia prepotentemente tornato sull'asse euroatlantico. Con tanti saluti ai vari flirt sinorussi degli anni precedenti. E l'episodio di Kkr non fa che confermare una tendenza già chiara.
Sono lontani i tempi in cui l'Italia andava col cappello in mano a Pechino. Il governo Conte I, quello gialloverde, ha firmato il memorandum of understanding con la Repubblica Popolare Cinese sulla Belt and Road il 23 marzo 2019. Sono passati due anni e mezzo o poco più, ma sembra passata un'eternità. Così come pare passata un'eternità dalle dirette Facebook di Luigi Di Maio che durante il governo bis, quello giallorosso, immortalava l'arrivo delle mascherine e dei respiratori cinesi. Oggi il governo Draghi guarda soprattutto a Washington, e oramai ogni investimento nel quale c'è il coinvolgimento di Pechino conduce al golden power.
Su Tim, sostiene Formiche, Kkr avrebbe sondato il governo Draghi prima di formulare l'offerta di acquisto del gruppo Tim. I canali diplomatici avrebbero dato luce verde, pur senza indicazioni esplicite dallo stesso presidente del consiglio visto che Tim è una società privata quotata. Ma comunque il fondo richiede espressamente il gradimento anche del governo. La manifestazione di interesse “è, allo stato, condizionata tra l’altro allo svolgimento di una due diligence confirmatoria di durata stimata in quattro settimane, nonché al gradimento da parte dei soggetti istituzionali rilevanti e dell’autorità di governo”.
Dietro l'operazione Kkr la sterzata atlantista del governo Draghi
Ora il governo dovrà decidere se intervenire col golden power, come già chiede qualcuno, oppure no. In un'intervista ad Affaritaliani, per esempio, Stefano Fassina chiede che Open Fiber acquisisca la rete e Tim Sparkle. Il Movimento Cinque Stelle chiede che il governo vada a riferire in parlamento sull'operazione. Insomma, i tappeti rossi non sono stesi da tutti. Eppure a Palazzo Chigi e dintorni l'arrivo degli americani non viene disdegnato. D'altronde, Kkr è già presente in Italia con investimenti di grande rilievo su Fibercop (1,8 miliardi per il 37,5%) e la Cmc Machinery, società specializzata nel packaging automatizzato.
E negli ultimi mesi gli investimenti americani in Italia sono stati tanti. L’azienda aerospaziale texana Exos, una delle dieci negli Usa con licenza di lancio, ha di recente annunciato l'apertura a Torino del primo sito europeo per produrre razzi riutilizzabili, mentre il fondo Oaktree CM ha appena acquisito il 70% di un’azienda torinese leader nel settore energetico. Lo stesso fondo potrebbe anche diventare proprietaria dell'Inter nel caso Suning non riuscisse a ripagare il debito. E proprio nel calcio sempre più squadre italiane sono di proprietà di americani, dal Milan col fondo Elliot alla Fiorentina di Comisso fino alla Roma di Dan Friedkin.
Con Draghi aumentano gli affari con gli Usa, stop a quelli con la Cina
Gli investimenti diretti statunitensi in Italia sono comunque molto minori rispetto a quelli in Francia e in Germania, ma negli ultimi due anni sono aumentati. Forse anche per dovere di reazione di fronte al contropiede cinese della Via della Seta. Qualche esempio? La mega commessa da cinque miliardi di dollari ottenuta da Fincantieri per la marina americana, quella ottenuta da Webuild per la linea ad alta velocità Dallas-Houston. E poi le acquisizioni di Ipsco Tubulars, Steamline Therapeutics, Capital Brands e Luminex da parte di Tenaris, Menarini, De' Longhi e Diasorin.
Dall'altra parte, invece, sono stati fermati vari progetti. A partire dallo spazio, con l'Italia che è rientrata nell'orbita Nasa dopo essere gravitata intorno al programma spaziale cinese. Ma poi anche con il golden power esercitato su infrastrutture di rete 5G e sulla tentata acquisizione della maggioranza di una piccola azienda di semiconduttori della provincia di Milano, la Lpe, nonché l'opera di scoraggiamento della cessione dei furgoni Iveco a entità cinesi.
L'Italia è tornata in maniera convinta a essere un alleato, qualcuno direbbe sparring partner, fidato degli Stati Uniti. Un ritorno all'ovile che si rispecchia non solo nelle mosse diplomatiche, ma anche in quelle economiche e finanziarie. E che potrebbe trovare ulteriore conferma nel caso Kkr-Tim. Con buona pace dei francesi di Vivendi e del Trattato del Quirinale che giovedì Emmanuel Macron dovrebbe firmare con Sergio Mattarella.