Tre anni di guerra in Ucraina: ora la vittoria sorride a Putin. Ma sarà vera gloria?
Nel 2024 la Russia ha conseguito significativi successi sul campo, complici anche gli errori di Zelensky. La conquista di Donbass e Crimea non è mai stata così alla portata di Putin. In fin dei conti, un risultato modesto rispetto al prezzo pagato
Tre anni di guerra in Ucraina: ora la vittoria sorride a Putin. Ma sarà vera gloria?
L’Ucraina si avvicina al terzo anniversario dell’invasione russa, che cadrà il prossimo 24 febbraio, dopo un anno di guerra in cui il conflitto ha iniziato a pendere, negli equilibri sul campo, verso Mosca. Nonostante il prolungato sostegno occidentale, la consegna di artiglieria anti-aerea (tra cui i preziosi Samp-T italiani), missili a lungo raggio, carri armati, caccia F-16 e il via libera, nella fine dell’anno, agli attacchi a lungo raggio sulla Federazione Russa, l’inerzia si è mossa gradualmente verso gli invasori.
Questo per almeno tre ordini di motivi: innanzitutto, è entrata a pieno regime la strategia di guerra di logoramento della Russia per mettere in difficoltà nel Donbass gli ucraini. La battaglia di Avdiivka, finita a febbraio, e quella di Vuhledar, conclusasi ad ottobre, sono esempi di offensive russe che hanno, con questa strategia, garantito ad un elevato costo di uomini e mezzi alle armate di Vladimir Putin di acquisire un vantaggio tattico. In secondo luogo, l’Ucraina è frenata dal collo di bottiglia del calo degli arruolamenti e dell’aumento delle diserzioni, naturale conseguenza della diminuzione del morale nella popolazione di fronte a un conflitto che appare sempre più difficile da portar a casa in termini vittoriosi.
Gli errori strategici che Zelensky rischia di pagare
Terzo punto, se il 2022 e il 2023 erano stati gli anni degli errori strategici russi, quest’anno non c’è dubbio che sia stato il presidente Volodymyr Zelensky l’uomo chiamato con maggior forza sul banco degli imputati. Dalla decisione di silurare l’accorto comandante delle forze armate Valerij Zaluznij, spedito come ambasciatore a Londra dato che Zelensky ne temeva la popolarità, che ha privato Kiev di un comandante accorto a dosare i sacrifici dei suoi uomini alla conseguente scelta – scriteriata col senno di poi – di invadere ad agosto il saliente di Kursk allontanando dal Donbass le migliori unità ucraine l’inquilino della Bankova ha sbagliato su più fronti.
E, purtroppo per lui, rischia di pagare politicamente: in poche settimane Zelensky è passato dal “Piano per la Vittoria” all’ammissione che il Donbass e la Crimea non sono riconquistabili manu militari, riconoscendo di fatto quel che da tempo è palese a molti analisti, ovvero che le speranze della vittoria totale ucraina sono ormai al lumicino.
Il 2024 si chiude con un fronte che avanza gradualmente nel settore Pokrovsk-Sloviansk-Kramatorsk nel Donbass, ovvero verso le ultime roccaforti che mancano alla Russia per dichiarare vinta la battaglia nella regione contesa. Mosca può esultare? Sicuramente il 2024 ha mostrato che la Russia ha saputo gestire una guerra di fronte all’assedio economico di oltre cinquanta Stati che la sanzionano e che nel campo dei munizionamenti tradizionali e della corsa alle armi l’economia di guerra di Mosca regge il confronto con quelle occidentali. Inoltre, la Russia regge all’isolamento internazionale, mantiene rapporti politici a tutto campo coi Brics e Putin è pronto a esser richiamato al tavolo delle trattative.
A Putin Donbass e Crimea: ne sarà poi valsa la pena?
Decideranno i posteri, però, se la conquista di una regione, il Donbass, in larga parte già in mano ai proxy di Mosca nel febbraio 2022 e il consolidamento della Crimea siano valsi quei risultati consolidatisi nell’ultimo triennio: la riconversione militare dell’economia, che impone un grande rischio inflattivo negli anni a venire, la rottura dei rapporti energetici, geopolitici e industriali con l’Occidente, compresi quelli con la Germania primo partner europeo, un numero di caduti sicuramente superiore ai 150mila, la dimostrazione di un’arretratezza tecnologica negli armamenti di punta e, last but not least, la perdita della Siria per l’impossibilità di sostenere tra novembre e dicembre il regime di Bashar al-Assad.
La soddisfazione della Russia è dunque relativa alla possibilità di aver scampato esiti peggiori. Ma saprà il 2025 portare al consolidamento di questo vantaggio? La Russia è avanti tatticamente, non strategicamente, e se sceglierà di cercare quella “pace giusta e duratura” di cui parla Zelensky questo vorrà dire rinunciare a molti obiettivi, dal Dniepr a Odessa. Fermarsi sul più bello o giocare col fuoco? La risposta a questa domanda sta nel pensiero di un solo uomo, residente al Cremlino.