Trump mette in discussione anche l'accordo Aukus. Tremano il Regno Unito e soprattutto l'Australia

Dopo la Nato, nuova 'minaccia' del presidente Usa eletto

di Francesco Crippa

Donald Trump

Esteri

Il trattato, siglato il 15 settembre 2021, ha un valore di oltre 369 miliardi di dollari

Non solo Nato: la rielezione di Donald Trump getta ombre anche sulla tenuta dell’accordo Aukus, il patto di sicurezza firmato da Stati Uniti, Australia e Regno Unito che il tycoon erediterà da Joe Biden. Manifestazioni di incertezza sulle intenzioni di Trump arrivano dai paesi partner, ma la speranza è che la strategia di contenimento della Cina che la futura amministrazione Usa ha intenzione di dispiegare non prescinda dall’Aukus.

Il trattato, siglato il 15 settembre 2021, ha un valore di oltre 369 miliardi di dollari. Il suo obiettivo è quello di aiutare l’Australia a dotarsi entro il 2040 di sottomarini a propulsione nucleare e in generale di potenziare le capacità militari sottomarine di Canberra. Finora, Trump non ha mai commentato l’accordo. Per alcuni è un segnale positivo, dato che su altri temi, per esempio la Nato, non è mai stato avaro di parole chiare. Eppure, un rappresentante di un’impresa britannica impegnata nella Difesa ha detto a Politico.eu che a Londra si teme seriamente che The Donald possa rinegoziare l’accordo o quantomeno rivederne la scadenza temporale. Il perché è presto detto: l’Aukus prevede che gli Usa riducano la propria flotta temporaneamente e Trump potrebbe interpretare questo punto come contrario al suo motto “America first”. Entro i primi anni del prossimo decennio, infatti, Washington dovrebbe vendere tra i tre e i cinque sottomarini all’Australia, in attesa che questa sviluppi i propri.

L’industria militare statunitense, però, sta attraversando una fase di difficoltà, come lo stop di marzo all’acquisto di nuovi sottomarini per il 2025 dimostra. Dubbi sull’effettiva capacità degli Usa di far fronte alle proprie esigenze e contemporaneamente a quelle degli alleati, dunque, sono legittimi. La possibilità è concreta, ha detto la fonte britannica. In questo senso, nel Regno Unito c’è “molta apprensione”, che si fa addirittura “enorme” in Australia. “Se si comincia a tirare un filo dell’accordo, potrebbe velocemente venir giù anche il resto”, ha ammonito. L’ex capo del Consiglio di sicurezza nazionale di Trump, del resto, aveva già detto Washington non è “sulla buona strada per raggiungere i requisiti minimi per le nostre esigenze”. Dal canto suo, però, un funzionario del governo inglese ha minimizzato, spiegando che a Londra e Canberra sono tranquilli riguardo sia alle capacità statunitensi, sia alla volontà di Trump di rispettare l’Aukus.

A far propendere per quest’ultima opzione è la questione cinese. L’Aukus, anche se non è mai stato detto ufficialmente, è nato secondo la maggior parte degli analisti proprio in funzione di contenimento di Pechino, andando a potenziare tramite l’Australia la presenza occidentale nel Pacifico. Non a caso, all’indomani della firma lo stesso presidente cinese Xi Jinping aveva detto che il patto “minacciava la pace” e che l’Occidente stava alimentando una mentalità da guerra fredda. Ebbene, Trump, che ha già in piano misure economiche per colpire la Repubblica popolare, ha tutto l’interesse a continuare nel solco tracciato da Biden, anche perché l’attività cinese in quell’area è in fermento.

Segnali rassicuranti, su questo fronte, vengono da due fattori. Primo, le nomine di Trump: Marco Rubio come segretario di Stato e Mike Waltz come Consigliere per la sicurezza nazionale. Entrambi hanno lavorato nella commissione del che ha portato all’autorizzazione dell’Aukus e dunque sono ben consapevoli della larga approvazione bipartisan di cui l’accordo gode nel Congresso. Secondo, un articolo co-firmato dallo stesso Waltz pubblicato dal The Economist all’inizio di novembre in cui viene l’amministrazione Biden viene applaudita per aver siglato l’intesa con Regno Unito e Australia.

In attesa di sviluppi, la preoccupazione rimane. Trump “è istintivamente contrario all’idea che l’America sia la polizia del mondo e quindi potrebbe non apprezzare il valore di Aukus” e per questo i governi alleati dovrebbero cercare di presentarglielo come un qualcosa da cui può trarre vantaggio, ha detto sempre a Politico.eu un rappresentante di un’altra azienda bellica. Cosa, in fondo, non difficilissima, se è vero che la maggior parte delle persone vicine a Trump “riesce a trovare nell’accordo qualche elemento in sintonia con i propri interessi”, come ha detto Sophia Gaston, responsabile inglese del thik-tank Aspi di Canberra. Per questo, Regno Unito e Australia devono “abbracciare un linguaggio più tattico e strategico orientato all’interesse americano”.

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