Trump 2.0, De Bortoli ad Affari: "Non sono i dazi il vero problema"
Per l'ex direttore del Corriere, Trump potrebbe usare i dazi come strumento di negoziazione. Ma attenzione al debito che gli Usa potrebbero generare. E a un mercato globale in cui "ormai è stata messa in discussione la validità delle regole". L'intervista
Trump 2.0, De Bortoli ad Affari: "Non sono i dazi il vero problema"
Il Trump 2.0 è in arrivo e Ferruccio De Bortoli, parlando con Affaritaliani.it, legge le dinamiche economiche globali che le politiche della prossima amministrazione Usa potrebbero plasmare. Per lo storico direttore del Corriere della Sera, "Trump andrà giudicato nei fatti. Molti commentatori ipotizzano ora una nuova stagione dei dazi commerciali, che si pensa il presidente possa alzare soprattutto verso le merci cinesi e una parte delle esportazioni europee", come fatto da The Donald nella prima amministrazione.
La Banca d'Italia ha di recente stimato il peso di una guerra commerciale fino al 6% del Pil mondiale, e De Bortoli in ogni caso invita a aspettare a trarre giudizi prima di "temere effettivamente l'impatto macroeconomico dei dazi. Del resto", ragiona l'ex direttore del quotidiano di via Solferino "nella prima esperienza trumpiana alle promesse di fare fuoco e fiamme sui dazi sono seguiti atteggiamenti più costruttivi, e questo ci invita a pensare che per Trump la leva dei dazi possa essere un argomento da usare per poi negoziare bilateralmente". Il vero nodo del programma di Trump potrebbe essere piuttosto il debito che genererà, “che potrebbe essere di oltre 7.700 miliardi di dollari”, ricorda De Bortoli.
De Bortoli: "Ma anche i dem hanno come priorità gli interessi degli Usa"
Inoltre, è per De Bortoli fondamentale "smentire l'idea che veda negli Usa una dicotomia", e cioé che "i democratici siano amici dell'Europa e i Repubblicani nemici". L'attuale editorialista del Corriere, infatti, nota che "entrambi i partiti fanno l'interesse Usa, legittimamente dal loro punto di vista. E spesso la pressione democratica è più diretta". De Bortoli cita alcuni casi: "l'attività di lobbying per difendere le Big Tech in Europa, la lotta alla Global Minimum Tax, da ultimo anche mosse come l'Inflation Reduction Act" promosso da Joe Biden che ha contribuito a rafforzare l'industria Usa a scapito di quella europea colpita dalla crisi energetica. Certo, in quest'ottica, se "arrivassero dazi da Trump all'Europa l'effetto che potrebbero provocare potrebbe essere una spinta a trovare una maggiore compattezza europea in nome del rilancio della competitività e la difesa dell'industria".
A livello globale le regole del mercato sono ormai messe in discussione
Ragionando su scala globale, De Bortoli nota come il principale dato da affrontare per l’economia globale non solo in vista del programma di Trump ma anche in relazione al clima di competitività generalizzata tra sistemi-Paese sia “la messa in discussione della validità delle regole, dei contratti, delle norme che hanno governato il commercio internazionale, messi a repentaglio da guerre tariffarie e sanzioni”. Il direttore ricorda che “negli ultimi decenni si è data per scontata la fattispecie che vedeva il commercio e le relazioni economiche governate dal Washington Consensus, ovvero la fiducia totale nell'economia liberale e di mercato". Ora, però, viviamo la "frammentazione della globalizzazione, commerciale e non solo: il sud globale guarda a sistemi valutari slegati dal dollaro, Cina, Russia e Brics incamerano oro, si spaccano molte catene del valore" e, ricorda De Bortoli, emerge una "geopolitica del diritto in cui tutti i contratti e gli accordi economici sono suscettibili di essere considerati di interesse nazionale, con buona pace di Alan Greenspan", presidente della Federal Reserve dal 1987 al 2006, che "parlava del mercato come motore capace di regolare le forze della storia".
Ora, "crescono posizioni alternative e anche l'Organizzazione Mondiale del Commercio non ha più giurisdizione". Il dato di fondo è che viviamo in un sistema economico dove, per le rivalità politiche e commerciali, secondo De Bortoli "viene meno la fiducia", motore di sviluppo e relazioni virtuose. E la globalizzazione si muove su terreni incerti. Non solo per effetto di Trump.