Trump protezionista? Nè più nè meno di Biden. O di Macron...

Non sarà The Donald a porre fine alla globalizzazione. E dazi e spinte isolazioniste sono fenomeni ben noti anche nel Vecchio Continente. Come dimostra la posizione francese contro gli accordi con il Mercosur

di Andrea Muratore
Donald Trump, arriva dopo la vittoria alla festa di veglia elettorale al Palm Beach Convention Center
Esteri

Trump protezionista? Nè più nè meno di Biden. O di Macron...

Donald Trump porrà fine alla globalizzazione? Questo è il più tetro dei presagi che molti critici del tycoon repubblicano che il 20 gennaio tornerà alla Casa Bianca dopo 4 anni hanno messo in conto. Su Trump si sono espressi politici, analisti, economisti e leader del passato aprendo alla prospettiva che tra dazi, rivalità geopolitiche e fine del multilateralismo The Donald possa essere l’uomo capace di rottamare gli accordi su cui si basa l’ordine liberale.

Certo, la volontà protezionista, isolazionista e su certi punti di vista anche nazionalista in campo economico del presidente eletto sono note da tempo. Così come le nuove venature populiste del movimento repubblicano che sono ben identificate nel Project 2025 della Heritage Foundation che predica il principio politico “America First” in campo internazionale, facendo partecipare gli alleati della sicurezza garantita dagli Usa, il deciso stimolo a un’aggressiva politica commerciale e una proposta sull’immigrazione che appare favorevole a fare dell’America una fortezza e a deportare milioni di stranieri irregolari.

La combo tra isolazionismo, protezionismo, nativismo che nel 2011 George W. Bush vedeva emergente nel Partito Repubblicano è oggi l’essenza del partito stesso egemonizzato dal movimento Maga, e le nomine di Trump non fanno nulla per dissuadere dal pensare che il trend sia tracciato. Ma è certamente tutta, potenzialmente, “colpa” di Trump? No: il sistema globalizzato non vive certamente buona salute anche negli ultimi mesi prima del ritorno di The Donald.

La Francia di Macron contro gli accordi commerciali con il Mercosur

In campo commerciale registriamo, ad esempio, a valle del G20 l’aspro contenzioso tra la Francia di Emmanuel Macron e il resto dell’Unione Europea per il futuro dell’accordo commerciale con il Mercosur, il mercato comune tra Brasile, Argentina, Uruguay e Paraguay, che Parigi vuole frenare per i temi legati alla possibile invasione di carne sudamericana. Ma la stessa Unione Europea ha sostenuto a lungo nel corso del 2024 l’innalzamento di barriere protezionistiche verso la Cina. Gli Stati Uniti, poi, hanno promosso nell’era di Joe Biden un protezionismo de facto su molti fronti: sanzioni alla Russia e all’Iran che hanno territorializzato il mercato globale subordinando il diritto alla politica; tariffe contro beni e prodotti cinesi; controlli all’export che hanno messo la sicurezza sopra la prosperità, imponendo ad esempio ai produttori di chip di adattare le loro esportazioni nella Repubblica Popolare per non condizionare le politiche di riarmo del Paese rivale; finanziamenti a investimenti massicci per la reindustrializzazione orientati, nel caso dell’Inflation Reduction Act, al principio buy American.

Protezionismo? Anche Biden, lo ha applicato. Tanto quanto Trump

La Cnn ha ricordato come Biden ha ritoccato al rialzo i dazi promossi da Trump su esportazioni cinesi dal valore di 300 miliardi di euro, elevandoli” al 100% sui veicoli elettrici, al 50% sulle celle solari e al 25% sulle batterie dei veicoli elettrici, sui minerali essenziali, sull'acciaio, sull'alluminio, sulle mascherine e sulle gru per il trasporto marittimo-banchina a partire dal 27 settembre”. Anche la Tax Foundation ha ricordato che quasi nessun dazio di Trump è stato invertito da Biden. Insomma, dire che Trump sia la causa della crisi del sistema globalizzato e multilaterale è quantomeno semplificatorio. The Donald è l’espressione di un mondo in cui la competizione tra sistemi-Paese sta portando le grandi economie ad alzare le barriere. E proprio gli Usa, percependo la rivalità della Cina, sono i campioni di questo processo. Trump lo ha fatto e probabilmente lo farà ad alta voce. Biden l’ha fatto, e basta. Non c’è discontinuità quando il nodo è difendere la sicurezza economica degli Usa. Con buona pace della globalizzazione. O di ciò che ne resta.

 

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