Ucraina? Non solo, anche Minsk e Baltico. Putin sogna una nuova Urss. Mappa

Lukashenko cede la sovranità bielorussa per restare in sella, un piano per unire Minsk a Kaliningrad minaccia il Baltico. La visione sovietica del Cremlino

di Lorenzo Lamperti
Esteri
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Ucraina, le manovre di Putin oltre il Donbass

Il riconoscimento delle repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk potrebbe essere solo l'inizio. Vladimir Putin pare intenzionato a ridisegnare la mappa della Russia, o quantomeno delle aree che possono rientrare nella sua sfera di influenza diretta. Nella sua prospettiva, viene costretto dall'allargamento a est della Nato che minaccia direttamente la sicurezza di Mosca. Ma non ci sono solo ragioni geopolitiche o difensive alla radice delle mosse del presidente russo. No, lui stesso nel discorso in cui ha annunciato il riconoscimento del Donbass nei suoi confini attuali ha restituito un anelito storico, identitario e quasi filosofico alle ambizioni di allargamento verso occidente. E i cerchi rossi sulla mappa si moltiplicano. Oltre all'Ucraina, da tenere bene sotto osservazione quanto accade in Bielorussia e in direzione di Baltico e mar Nero.

"Vorrei sottolineare ancora una volta che l’Ucraina per noi non è solo un paese vicino: è una parte inalienabile della nostra storia, della nostra cultura e del nostro spazio spirituale. Da tempo immemorabile, le persone che vivono nel sud-ovest di quella che storicamente è stata la terra russa si chiamano russi e cristiani ortodossi. Era così prima del XVII secolo, quando una parte di questo territorio si è riunito allo stato russo, e poi dopo", ha dichiarato Putin preannunciando la sua decisione. E ancora: "L’Ucraina moderna è stata interamente creata dalla Russia o, per essere più precisi, dalla Russia bolscevica e comunista. Questo processo iniziò praticamente subito dopo la rivoluzione del 1917, e Lenin e i suoi compagni lo portarono avanti in un modo che risultò estremamente duro per la Russia – separando quella che è storicamente terra russa. Poi, prima e dopo la Grande guerra patriottica, Stalin incorporò nell’Urss e trasferì all’Ucraina alcune terre che appartenevano a Polonia, Romania e Ungheria. Diede alla Polonia parte di ciò che tradizionalmente era terra tedesca come compensazione, e nel 1954, Krusciov tolse la Crimea dalla Russia dandola all’Ucraina. E’ così che si è formato il territorio della moderna Ucraina". 

La visione di Putin sull'Ucraina: "Uno stato artificioso creato dalla Russia sovietica"

Si tratta di parole fondamentali da leggere e comprendere, perché danno il significato più profondo della concezione dell'Ucraina da parte di Putin. Un territorio russo per natura, una costruzione nazionale semi artificiale. "L’Ucraina non ha mai avuto tradizioni stabili di vera statualità e quindi ha optato per emulare stupidamente modelli stranieri, che non hanno alcuna relazione con la storia o le realtà ucraine. La cosiddetta scelta civile filo occidentale fatta dagli oligarchi ucraini non era e non è finalizzata a creare condizioni migliori nell’interesse del benessere della gente, ma a mantenere i miliardi di dollari che gli oligarchi hanno rubato agli ucraini e che tengono nei loro conti nelle banche occidentali", ha detto ancora Putin, delineando i contorni di quella che vuole vendere ai cittadini russi come una missione.

Putin si spinge oltre: "La disintegrazione del nostro paese unito è stata causata dagli errori storici e strategici dei leader bolscevichi e della direzione del Partito comunista, errori commessi in momenti diversi nella costruzione dello stato. Il crollo della Russia storica conosciuta come Urss è sulla loro coscienza". Questo è il passaggio fondamentale che fa capire quanto Putin miri, quantomeno a livello retorico, non solo a riprendersi quanta più Ucraina possibile, ma anche a cercare una parziale ricostruzione di quanto c'era un tempo e che fu un errore lasciare disciogliere.   

Sulla mappa di Putin l'Ucraina dovrebbe diventare uno stato cuscinetto. La tensione di Kiev verso l'occidente e verso la Nato gli rendono inevitabile un intervento per riportare all'ovile un paese che nella sua ottica ha storicamente ragione di esistere solo grazie a una concessione di Mosca. Da capire come questa concezione si possa tradurre sul campo. Ci si fermerà al riconoscimento delle repubbliche separatiste del Donbass oppure si cercherà di creare un territorio unito filorusso unendole alla Crimea? O ancora, come continuano a sostenere gli Stati Uniti, l'obiettivo finale potrebbe addirittura essere Kiev?

Le risposte a queste domande arriveranno probabilmente nei prossimi giorni dopo i nuovi round negoziali, anche perché su quello da sempre si concentrano. Lo "scenario Georgia", come l'aveva definito Affaritaliani in riferimento a quanto accaduto nel 2008 su Abkhazia e Ossezia del Sud, era l'obiettivo minimo di un Putin che non poteva semplicemente girare i tacchi di fronte alla battaglia retorica con l'occidente. Intanto, però, Mosca ha di fatto preso il controllo anche in un altro paese limitrofo, la Bielorussia

(Segue con le manovre su Bielorussia e Baltico)

Bielorussia, Lukashenko cede pezzi di sovranità a Putin per restare in sella

La presenza di armi e militari intorno a Minsk e in prossimità del confine ucraino non accenna a diminuire nonostante le esercitazioni si siano concluse. Tanto che anzi, la Bielorussia sta operando delle modifiche alla sua costituzione per consentire di ospitare armi nucleari e militari di Mosca a tempo indefinito. Secondo molti analisti, si tratta di fatto di una cessione della sovranità da parte di Minsk. D'altronde si parla da lungo tempo della possibile riunificazione tra le due entità nella Federazione Russa, o meglio dell'assorbimento della Bielorussia.

La spinta decisiva a questa prospettiva potrebbe darla non solo l'estroversione del Cremlino, ma anche e soprattutto le difficoltà interne vissute da Aleksandr Lukashenko. Dopo le proteste di massa dello scorso anno in seguito alle elezioni presidenziali, il leader di Minsk ha capito che ha bisogno della tutela di Putin per poter sopravvivere, temendo tra l'altro nuove rivolte dopo il referendum costituzionale in programma a breve. Anche a costo di diventare una sorta di protettorato, Lukashenko sembra disposto a cedere un pezzo del suo potere per non essere rovesciato.

Le possibili manovre tra Kaliningrad e Baltico

Nel frattempo, Mosca preme anche in direzione del Baltico. Già dalla crisi in Crimea in poi, le incursioni aeree o le esercitazioni miltari al confine coi paesi Baltici sono stati più che ricorrenti. Ora la tensione continua ad alzarsi, anche perché l'enclave russa di Kaliningrad è a soli 150 chilometri dal confine bielorusso. Il timore di Estonia, Lettonia e Lituania è quello di ritrovarsi circondate dalle forze russe, un salto nel passato che nessuno dei tre paesi avrebbe mai voluto compiere. Forse non è un caso che gli Stati Uniti e la Nato prevedono l'invio di nuove truppe proprio sul Baltico

Il tutto mentre il Cremlino alza la posta e chiede agli Stati Uniti di ritirare le sue forze dall'Europa orientale, centro orientale, sudorientale e dai paesi Baltici. Washington risponde mandando degli elicotteri per fronteggiare un eventuale assalto dalla Bielorussia verso Kaliningrad per unire l'enclave a quello che sta diventando un protettorato di Putin.

Le pedine si stanno muovendo. Ed è un movimento pericoloso come non lo si vedeva da decenni in Europa.

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