Usa 2024, il Medio Oriente rischia di essere la vera buccia di banana di Biden
La guerra tra Israele e Hamas rischia di pregiudicare la campagna elettorale dei Democratici, sempre più divisi al loro interno sulla postura americana
Biden, la conferma alla Casa Bianca complicata da Israele
C'è una questione ancora più grave per Joe Biden della sua età e delle sue continue gaffe. Questa questione si chiama Medio Oriente, o meglio Israele. Sì, perché la sua posizione è spesso giudicata troppo morbida in patria, con Donald Trump che rivendica un appoggio più netto e deciso allo storico alleato degli Stati Uniti. Ma allo stesso tempo è giudicata equivoca se non troppo solidale con Israele, soprattutto di fronte alla violenta controffensiva su Gaza. Tanto che la posizione della Cina viene percepita da molti come più equilibrata, non solo in Medio Oriente tra i paesi musulmani ma anche nel cosiddetto Sud globale.
Biden ha da tempo un profondo legame con lo Stato di Israele, sia personale che politico. Ma la politica nella regione sotto l'attuale governo israeliano - e la politica in patria nella base del suo partito democratico - stanno mettendo ancora più in bilico la sua conferma alla Casa Bianca. Il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha ripetutamente respinto le richieste di uno Stato palestinese, anche durante le dichiarazioni degli ultimi giorni, anche se Biden e la sua amministrazione spingono per un accordo di integrazione economica regionale che includa un percorso verso una soluzione a due Stati.
Nel frattempo, il sostegno di Biden a Israele si scontra con una generazione di giovani elettori. Questi ultimi sono più scettici nei confronti del governo israeliano e più solidali con i palestinesi rispetto agli elettori democratici più anziani. Ciò significa che Biden dovrà destreggiarsi sia con Netanyahu che con le fratture all'interno del suo stesso partito mentre cerca di essere rieletto.
Biden è stato fermo nel suo sostegno a Israele dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre, che hanno causato la morte di circa 1.200 israeliani. Israele ha giurato di distruggere i leader di Hamas. Ma le vittime civili palestinesi sono aumentate. Le richieste di un cessate il fuoco si sono fatte più forti, anche da parte di alcuni democratici. Ma Biden ha continuato, almeno ufficialmente, a sostenere l'offensiva militare di Israele.
Gli alleati di Biden sottolineano che il sostegno del presidente a Israele ha rispecchiato ampiamente la volontà della maggioranza dell'opinione pubblica americana. Secondo i sondaggi, sottolinea Npr, la maggior parte degli americani sostiene Israele nel conflitto. Ma in realtà i dati mostrano anche che i Democratici sono divisi. Se Biden mostrasse un maggiore sostegno ai palestinesi, potrebbe esporsi a maggiori critiche in vista delle elezioni. Alcuni democratici di sinistra vogliono che Biden faccia di più per mostrare simpatia per i palestinesi che stanno soffrendo.
Israele e Medio Oriente il vero rebus per Biden
Il rebus è di difficile soluzione, anche perché dall'altra parte i Repubblicani lo criticano per la sua presunta morbidezza, che avrebbe causato prima l'invasione russa dell'Ucraina poi l'offensiva contro Israele, dietro cui i Repubblicani pensano ci sia un altro Paese "indisciplinato" a causa della debolezza di Biden, l'Iran. In campagna elettorale, Biden ha affrontato i manifestanti che lo criticavano per il suo sostegno a Israele, anche durante un discorso di alto profilo all'inizio del mese.
La speranza della Casa Bianca e degli alleati di Biden è che il conflitto sarà molto diverso quando si comincerà a votare. Tra i suoi consiglieri c'è chi ha espresso ottimismo sulla "riconciliazione regionale". Ipotesi che appare però ancora lontana. Qualsiasi accordo regionale è subordinato alla creazione di uno Stato per i palestinesi e Netanyahu non pare intenzionato a concedere alcuna prospettiva su questo punto, incastrando Biden.
Ma a pagare il prezzo potrebbero essere anche gli Stati Uniti in generale. La Cina continua a segnare punti nella regione e oltre, esortando a ripetizione Israele a interrompere “il più presto possibile” la sua operazione militare a Rafah. Secondo quanto dichiarato il 13 febbraio da un portavoce del Ministero degli Esteri cinese, “Pechino segue da vicino gli sviluppi nell’area di Rafah, si oppone e condanna le azioni che danneggiano i civili e violano il diritto internazionale”. La mancata interruzione degli scontri provocherà un “grave disastro umanitario”, ha affermato il dicastero cinese facendo eco agli ammonimenti sempre più frequenti anche tra gli alleati di Israele.
Una posizione che sta convincendo molti non solo tra i paesi a maggioranza musulmana, ma anche nel cosiddetto Sud globale.