Usa, il diritto all’aborto in pericolo per il Tribunale Supremo
Uno scoop giornalistico ha rivelato un progetto per cancellare il diritto delle americane
Aborto, in pericolo il diritto per le donne americane
I traguardi raggiunti dalle donne nel mondo, per quanto riguarda il diritto all’aborto, sembrano a rischio in uno dei due paesi , Stati Uniti e Polonia, da sempre molto combattuti. Lo scoop di un quotidiano americano ha scatenato un vero e proprio uragano nel mondo giudiziario, politico e sociale del paese.
L’esclusiva ha portato alla ribalta un progetto della Corte Suprema degli Stati Uniti, firmato dal giudice Samuel Alito. Nella bozza ben cinque dei nove magistrati, componenti il più importante organismo giudiziario/costituzionale americano, ritengono che il diritto all'aborto debba essere annullato.
La corte, quindi, potrebbe annullare la sentenza Roe v.Wade del 1973 in cui, al contrario, si dava l’ok al diritto di abortire. Nella bozza il magistrato Alito giudica la vecchia sentenza “terribilmente sbagliata, con motivazioni deboli che hanno provocato dannose conseguenze”.
Aborto, a rischio la libertà di decidere di 160 milioni di americane
Se andasse in porto l’abrogazione della legge presupporrebbe la libertà degli Stati di decidere sui diritti di oltre 160 milioni di donne. E sono tanti gli Stati conservatori che non aspettano altro per chiudere con l’interruzione di maternità.
In questa guerra infinita contro la donna si è schierata anche la Polonia che, nel 2020, attraverso la sua Corte costituzionale, ha stabilito che l'aborto, per malformazione del feto o malattia irreversibile, era incostituzionale.
Fino ad allora, questa era una delle tre ipotesi permesse dalla legislazione e rappresentava circa il 97% dei 1.110 aborti praticati legalmente nel paese durante l'anno precedente. La legge polacca sulla pianificazione familiare (del 1993), era già tra le più restrittive d'Europa. Battuta in questa “ottusaggine” solo da Malta, San Marino e Andorra, dove l'aborto rimane illegale in tutti i casi.
Aborto, un problema per oltre 700 milioni di donne
Nonostante alcuni piccoli grandi passi, secondo il Center for Reproductive Rights, circa 90 milioni di donne vivono ancora in paesi dove è proibito. 360 milioni lo fanno in nazioni dove è permesso solo se si vuole salvare la vita della madre, e altri 240 milioni sono in luoghi dove può essere fatto solo per gravi motivi di rischio per la salute.
Negli ultimi anni, la depenalizzazione dell'interruzione volontaria di gravidanza è stata una pietra miliare per l'uguaglianza in paesi come la Colombia; in Stati come Spagna o Argentina, dove la tutela o l'ampliamento di tale diritto ha significato un rafforzamento. Nell'ultimo quarto di secolo, 48 paesi hanno depenalizzato l'aborto, l'ultimo in termini temporali è stato proprio la Colombia.
Stante questa situazione eterogenea di aperture e chiusure il portavoce delle Nazioni Unite Farhan Haq ha ricordato che anche il Segretario Generale, António Guterres, si è reso conto di una "battuta d'arresto globale" nei diritti delle donne, compresi i diritti riproduttivi.
Aborto, progressi e stop in molti paesi
Progressi e stop in molti paesi. Tra questi il Kenya, dove l’Alta Corte a Malindi si è pronunciata a fine marzo scorso in una decisione che rappresenta un grande passo in avanti per le donne e gli operatori sanitari nel Paese africano. Nella sentenza si afferma che l'aborto è un diritto fondamentale ai sensi della Costituzione keniota e che "gli arresti arbitrari e il perseguimento di pazienti e professionisti per aver cercato o offerto servizi di aborto sono illegali".
I magistrati hanno anche ordinato al parlamento keniota di emanare una legge per l'interruzione volontaria della gravidanza e una serie di politiche pubbliche allineate alla Costituzione. Lo scorso marzo anche il Cile ha fatto un altro passo e la Convenzione Costituente ha approvato con 108 voti favorevoli, 39 contrari e 6 astensioni per inserire la depenalizzazione dell'aborto nel disegno di legge di nuova Costituzione con cui si intende abrogare la legge fondamentale in vigore dalla dittatura di Augusto Pinochet (1973-1990).
Secondo quel testo, inserito nella sezione sui diritti sessuali e riproduttivi, lo Stato deve garantire «le condizioni per una gravidanza, parto e maternità volontarie e protette». Quel progetto dovrà essere consegnato entro il 4 luglio, dopodiché saranno i cittadini cileni a decidere se approvare o meno la nuova Costituzione.
Aborto, il grande passo avanti della Colombia
In Colombia la Corte costituzionale si è pronunciata il 21 febbraio a favore della depenalizzazione dell'interruzione della gravidanza fino alla 24esima settimana, diventando uno dei paesi al mondo con il termine più lungo (in Francia è fino alla 12esima settimana e in Spagna fino alla 14esima).
Fino ad allora, e secondo la normativa approvata nel 2006, le donne colombiane potevano abortire in tre casi: stupro, malformazione del feto incompatibile con la vita o rischio per la salute fisica o psichica della donna, come la Spagna con la legge del 1985. Chi non rispettava i termini rischiava fino a quattro anni e mezzo di reclusione. Circa 400 donne sono state perseguite ogni anno per aver abortito e migliaia sono finite in cliniche illegali.
In Messico la Corte suprema ha annullato a fine 2021 il carcere con cui veniva punita l'interruzione volontaria di gravidanza e ha stabilito un precedente per l'intera nazione. Tuttavia, il percorso legislativo e giudiziario che resta è ancora lungo. Lungo perché in Messico l'aborto è autorizzato dalla Costituzione, ma dei 32 Stati solo quattro —la capitale, Oaxaca, Hidalgo e Veracruz— hanno una legge sui limiti di tempo che consente l'interruzione della gravidanza nelle prime 12 settimane di gestazione.
Ed infine in Argentina il Senato nel 2020 ha approvato la legalizzazione dell'aborto fino alla 14esima settimana con 38 voti favorevoli, 29 contrari e un'astensione. Le donne che decidono di interrompere la gravidanza possono farlo legalmente da quel momento in poi, sicuro e gratuito nel sistema sanitario. Con tale decisione il Paese ha chiuso con la legge in vigore dal 1921, che considerava l’aborto un reato salvo il caso di stupro o di rischio per la vita della madre. Luci ed ombre per un diritto che dovrebbe essere sacrosanto ma in tutto il mondo.