Discariche, un problema che costa all'Italia quasi 7 milioni ogni sei mesi
L'intervista di Affaritaliani al Generale Giuseppe Vadalà, Commissario unico per le bonifiche
Erano gli anni '80 quando il primo censimento ufficiale sulle discariche mise in luce problemi le cui radici si perdevano nei decenni precedenti. Da allora, la questione si è aggravata ulteriormente, con costi non solo in termini di sostenibilità, ma anche di sanzioni cui il nostro Paese è stato sottoposto. Ma ci sono spiragli per il futuro? Ecco cosa ha raccontato il Commissario unico bonifiche, Giuseppe Vadalà, ad Affaritaliani.it.
Generale, qual è la situazione italiana per quanto riguarda le discariche, abusive e non?
I dati più aggiornati sono quelli di Ispra, che ha individuato 29.900 discariche sir (Siti di interesse regionale), non tutte abusive, da risanare su tutto il territorio. Poi ci sono anche 42 sin (Siti di interesse nazionale), che ha in carico il ministero dell’Ambiente. Si parla di circa lo 0,8% del territorio nazionale da risanare. Queste discariche sono molto presenti nel Nord. Ad esempio, in Lombardia (che è la regione più industrializzata), è presente un numero elevato di siti da bonificare.
Come bisogna agire una volta individuata la discarica?
Abusiva o meno, questi siti vanno risanati. Infatti, dopo aver svolto la sua funzione, una discarica non può essere lasciata a cielo aperto. Si apre dunque la “fase post-mortem”. Il sito viene “chiuso” con un involucro, sia a monte che a valle, in modo da poter raccogliere i percolati e non dare la possibilità produrne ancora col rischio che finiscano per inquinare falde e terreni. Questo nel caso di una discarica regolare.
Nel caso, invece, di una discarica abusiva da bonificare, bisogna capire prima quali sostanze sono presenti. E “qui” parte la “fase di caratterizzazione”. Bisogna verificare che tipo di sostanze ci sono, quante ce ne sono e se ci sono inquinanti di un certo tipo. Successivamente, si arriva alla “fase di progettazione”. Da qui si hanno due scelte, o si mette in sicurezza il sito “coprendolo”, oppure si bonifica trasportando i rifiuti in altri siti idonei.
A livello economica, in media, quanto costa bonificare?
Il parametro principale che bisogna tenere in conto è la dimensione della discarica in questione. Si può passare da qualche centinaio di migliaia di euro (100.000, 300.000, 500.000 euro) a qualche milione per la messa in sicurezza. Anche portare via i rifiuti, trovare trasporti e discariche idonee costa. Ovviamente, un campo da 1 ettaro costerà meno di un terreno da 100.
Ma quanto dura di solito il ciclo vitale delle discariche di cui poi bisogna occuparsi?
Fondamentalmente, anche in questo caso il valore principale è la dimensione. Il ciclo vitale di discariche nazionali come Roma e Verona (entrambe chiuse) è di qualche decennio. L’importante, e questo è un problema abbastanza comune, è che lo spazio della discarica venga utilizzato nel modo corretto: molte volte, per sfruttare il più possibile il sito, i rifiuti vengono messi in pila fino a creare vere e proprie torri. Purtroppo, ci sono stati casi in cui, con questo metodo, si è andati vicino a disastri dove c’è stato il bisogno di intervenire.
Generale, mi illustri il suo piano riguardante il Responsabile Unico del Procedimento
Nel 1986, l’allora Corpo Forestale dello Stato eseguì il primo censimento di cave e discariche. Questi “buchi” infrastrutturali, non sempre ma spesso, venivano riempiti con rifiuti. Questo censimento portò all’individuazione di 5.000 discariche, di cui 200 abusive. Queste 200 vennero “colpite” da un’infrazione nel 2003, una prima sentenza (non sanzionatoria) nel 2007 e, infine, una da una seconda sentenza sanzionatoria nel 2014. In quell’anno, a causa della mancata chiusura di questi siti illeciti, l’Italia iniziò a pagare ben 46.400.000 euro ogni sei mesi.
Però, la pena della Corte di giustizia dell’Unione Europea consentì la decurtazione dai 200.000 ai 400.000 della cifra dovuta a ogni bonifica compiuta. Di queste 200 discariche abusive, 119 fuoriuscirono dal contenzioso, mentre 81 finirono sotto la gestione dell’Arma. Di questi 81 siti, dal 2017, ne sono stati bonificati ben 54. Ne rimangono dunque 27, e abbiamo tempo fino al 2024 per completare l’operazione. Nel frattempo, la pena è passata da oltre 45 milioni a “solo” 6,8: una cifra comunque sostanziosa ma niente a che vedere con l’inizio della pena.
Una parte di queste 27, le più difficili da risanare, sono state inserite anche nel Pnrr come obbiettivo per l’Italia entro, appunto, il 2024. Il lavoro che stiamo attuando è comune. Lavorando insieme, e svolgendo in questi quattro anni circa mille riunioni, stiamo riuscendo a organizzare nel migliore dei modi tutte le operazioni.
L’altro pilastro su cui si fonda la nostra mission è la prevenzione. Abbiamo firmato nel 2018 un protocollo con il ministero dell’Interno, uno con la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo e uno con la Procura di Benevento. Il nostro lavoro consiste nel controllo dell’appalto con tutte le informazioni date dalle prefetture, per poi esaminare i subappalti dai 9.000 euro in su, cercando di individuare ogni possibile irregolarità. Si può prendere l’esempio del caso di Puglianello, successo di recente. Nel sito sono state trovate varie irregolarità, con cinque misure personali interdettive e il sequestro di quasi 700mila euro.
Insomma, questa forma di collaborazione è riuscita a svolgere un lavoro molto positivo: è stata portata a termine la bonifica, bloccata la sanzione pecuniaria e, contemporaneamente, ci si è occupati di chi si era approfittato di questi soldi pubblici per fare altro.