"Ponte sullo Stretto contro l'ambiente? Ma se riduce le emissioni di Co2"
Vincenzo Pepe, docente di diritto e politica dell'ambiente replica al report di Legambiente che boccia il Ponte sullo Stretto
L'intervista di Affaritaliani al professore di diritto e politica ambientali Vincenzo Pepe sull'impatto del ponte sullo Stretto di Messina
Il ponte sullo Stretto di Messina continua a dividere l'opinione pubblica. Ieri è arrivato l'annuncio dal ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, su un primo provvedimento che verrà portato in Consiglio dei ministri entro marzo.
Per Legambiente l'opera non s'ha da fare. Nel report Pendolaria 2023, il presidente Stefano Ciafani ha evidenziato che "è fondamentale puntare su importanti investimenti per le linee ferroviarie italiane, soprattutto nel Mezzogiorno e nel sud, smettendola di rincorrere inutili opere come il Ponte sullo Stretto di Messina".
Affaritaliani ha interpellato Vincenzo Pepe, presidente dell’associazione FareAmbiente, e professore di diritto e politica dell'ambiente e delle energie, nonchè ricercatore presso l’Università Luigi Vanvitelli della Campania.
Prendendo spunto dalla dichiarazione del presidente di Legambiente, Stefano Ciafani, il professore Vincenzo Pepe conferma che bisogna investire nelle infrastrutture e nelle linee ferroviarie, ammodernandole, rendendo i servizi sempre più efficienti, soprattutto nel Mezzogiorno e al Sud, grazie anche ai finanziamenti del Pnrr, ma non è d’accordo sul no di Ciafani alla realizzazione del Ponte sullo Stretto che, invece, risolverebbe gran parte di questi problemi.
"Dire no al ponte significa essere contro l’ambiente, significa essere figli di un ambientalismo ideologico che ha detto no alla Tav, però oggi tutti usano l’alta velocità. Il ponte non sarebbe solo un segno di modernità, ma ridurrebbe drasticamente le emissioni di CO2 nell’ambiente. I traghetti, che vanno avanti indietro dal porto di Messina a quelli di Villa San Giovanni e Reggio Calabria, inquinano il mare con gli idrocarburi e immettono nell’atmosfera ingenti quantità di CO2".
Perchè l’Italia deve dire no al ponte? Si chiede il professore Pepe. "Un paese moderno - risponde - sa coniugare lo sviluppo con la sostenibilità. Lo sviluppo comporta sempre un rischio, ma in questo caso è proprio la tutela dell’ambiente che viene messa in primo piano. Se vogliamo davvero lottare contro il cambiamento climatico, dobbiamo emettere meno CO2 in atmosfera e il ponte ci aiuterà a fare questo".
"Senza contare l'accelerazione che darebbe al turismo in Sicilia, fermo restando l'ammodernamento della rete ferroviaria dell'isola, che dovrebbe essere fatta in contemporanea con la realizzazione del ponte".
L'appello al governo di Giorgia Meloni
Pepe poi si rivolge direttamente al governo: "L’appello che faccio al governo Meloni e anche al ministro Matteo Salvini è di accorciare i tempi, limitare la burocrazia, per far sì che il ponte sullo Stretto, che è un’opera simbolo del Pnrr, simbolo di un’Italia che vuole progredire, che vuole andare avanti, si realizzi al più presto". "Molte delle teorie che dicono no alla costruzione del ponte sono frutto di un ambientalismo ideologico fondamentalista o di visioni preconfezionate. Prima si diceva che la Tav inquinasse, che non si dovesse fare, eppure la Tav è meno rischiosa delle macchine che vanno avanti e indietro e oggi non c’è quasi più nessuno che faccia Napoli-Roma senza usare l’alta velocità". "Riguardo al ponte, il problema è lo stesso. Certo che lo sviluppo comporta dei rischi, come ne comporta la Tav, come ne comportano i termovalorizzatori, ma si tratta di un rischio insito nello sviluppo. Perchè lo sviluppo a rischio zero non esiste".
Vincenzo Pepe: "La sostenibilità è il calcolo del rischio"
"La sostenibilità è il calcolo del rischio: quindi uso la prevenzione, le precauzioni che sono i principi del diritto e delle politiche ambientali, che sono quelli di un ambientalismo moderno, di tipo europeo, quello della Francia, della Germania, quello dei paesi del Nord Europa, ma costruisco.
In nord Europa ci sono dei ponti meravigliosi. Rischiosi anch’essi. Ma perchè si fanno? Perchè agevolano la tecnologia che migliora la qualità della vita e anche perchè sono più ambientaliste delle macchine che vanno avanti e indietro e che mettono più a rischio la vita delle persone e inquinano di più.
Se davvero vogliamo fare una lotta al cambiamento climatico dobbiamo declinare in termini di ragionevolezza senza fondamentalismi. Sono la scienza e la tecnologia che devono decidere qual è il rischio minore per una buona qualità della vita, non i preconcetti.
Inoltre, il ponte sullo Stretto sarà un volano per l'economia e l’occupazione. E sarà il segnale che l’Italia cambia registro, che guarda alla modernità. Il ponte è un segnale dell’Italia nuova. A chiederlo non è il comitato sotto casa, bensì l’Europa".
Ponte sullo Stretto osteggiato per ragioni ideologiche
L’ambientalismo in Italia nasce nel mondo liberale, nel 1972. Tutto il mondo di sinistra arriva dopo, e ritiene, soprattutto dal punto di vista ideologico, che attraverso l’ambientalismo si possa creare consenso, soprattutto attraverso la paura, dicendo no al ponte. Ma questo è un ambientalismo che guarda alla decrescita, che vuole tornare indietro ma il progresso è un’altra cosa.
L’Italia è rimasta ancorata a una visione di ambientalismo post-sessantottino, bello, romantico, gli uccellini, le acque fresche, ma poi ognuno vuole il cellulare, poi ognuno vuole la mobilità, poi ognuno vuole il progresso, vuole lo sviluppo. Lo sviluppo comporta un rischio. Ogni giorno ci dobbiamo confrontare con i problemi della realtà dando delle soluzioni che sono di ragionevolezza, di buonsenso, di equilibrio, altrimenti crei illegalità.
La ragionevolezza, la pragmaticità, il buonsenso e la visione scientifica sono quelle che indicano la strada migliore per una buona qualità della vita legata a rischi minori, perchè il rischio zero non esiste".