Stop alla plastica monouso, Greenpeace: “L’Italia rischia sanzioni ambientali”

La nuova legge Ue rappresenta un'importante vittoria per contrastare l'abuso dell'"usa e getta" ma l'Italia rischia di essere troppo "miope" nell'approccio

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Secondo Greenpeace la legge italiana consente di aggirare il divieto europeo ricorrendo ad alternative in plastica biodegradibile e compostabile 

"L'Italia rischia sanzioni per aver introdotto alcune deroghe in contrasto con i dettami della direttiva europea sulle plastiche monouso (Sup)". Secondo Greenpeace, che nei mesi scorsi insieme a ClienthEarth, Ecos e Rethink Plastic Alliance aveva già presentato un reclamo ufficiale alle autorità europee, per i prodotti in plastica destinati a entrare in contatto con gli alimenti, come ad esempio piatti e posate, la legge italiana consente infatti di aggirare il divieto europeo ricorrendo ad alternative in plastica biodegradabile e compostabile. In base alla norma comunitaria, tuttavia, queste dovrebbero essere vietate al pari delle stoviglie realizzate con plastiche derivate da petrolio e gas fossile.

"Un'ulteriore violazione, spiega Greenpeace, è l'esclusione dall'ambito di applicazione della direttiva dei prodotti dotati di rivestimento in plastica con un peso inferiore al 10 per cento dell'intero prodotto. Su questa tipologia di articoli i dettami comunitari non prevedono tuttavia alcuna deroga.

"La direttiva offriva l'opportunità di andare oltre il monouso e la semplice sostituzione di un materiale con un altro, promuovendo soluzioni basate sul riutilizzo. Un obiettivo che è stato volutamente ignorato dal nostro Paese. Ci auguriamo che nelle prossime settimane l'Europa imponga al governo italiano le modifiche necessarie affinché prevalga la tutela dell'ambiente e della collettività anziché i meri interessi industriali. Purtroppo c'è il concreto rischio che venga avviato l'iter per una procedura d'infrazione", afferma Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace Italia. 

Secondo l'organizzazione ambientalista limitare i danni delle plastiche sull'ambiente non vuol dire sostituire i materiali, spostando così gli impatti su altri comparti ambientali e lasciando inalterato il modello dell'usa e getta. Bisogna ridurre il ricorso al monouso, costruendo le condizioni economiche, fiscali e legislative per la diffusione e il consolidamento di modelli di business e di consumo basati sull'impiego di prodotti durevoli e riutilizzabili, sostenendo la vendita di prodotti sfusi.

Col recepimento della Sup molte nazioni europee si sono dotate di nuove leggi per contrastare l'impiego eccessivo di plastica usa e getta. La Francia ha già varato misure per ridurre il consumo di prodotti in plastica monouso e promuovere la diffusione di prodotti e imballaggi riutilizzabili, inclusi bicchieri e tazze per bevande, contenitori alimentari per il consumo sul posto e da asporto, oltre al divieto di vendere frutta e verdura confezionata in plastica nei supermercati.

La Spagna sta andando nella stessa direzione, mentre la Germania ha introdotto una legge che obbliga gli esercenti a mettere a disposizione dei consumatori alimenti e bevande anche in contenitori riutilizzabili, sia per il consumo sul posto che da asporto. In Austria invece è stato da poco approvato un disegno di legge che obbliga la vendita di una quota di bevande in contenitori riutilizzabili.

Nei mesi scorsi Greenpeace aveva pubblicato il rapporto 'Dalla riduzione del monouso in plastica alla riduzione del monouso: indicazioni per il recepimento della direttiva Sup in Italia' in cui venivano esaminate le azioni intraprese da altri Paesi nel quadro delineato dalle politiche comunitarie. Da questo lavoro erano scaturite una serie di proposte, alcune immediatamente attuabili, condivise con il ministero della Transizione ecologica durante le fasi consultive in merito al recepimento della direttiva Sup, che "tuttavia non hanno avuto seguito".