Una suprema preghiera al Cielo: recensione de "Il canto della pace"

Il libro del poeta Damiano Leo

di Gaetano Scatigna Minghetti
Libri & Editori

"Il canto della pace": recensione 

Damiano Leo. Il poeta Damiano Leo non finisce mai di sorprendere. Adesso, abbandonata l'espressione nella consueta lingua del suo poetare, ossia l'italiano, ha affidato il canto, armonico, serenatore, sotteso di un tenue filo di dolore, che accattiva, che ammalia, si è affidato al dialetto – che, nelle molteplici declinazioni che lo connotano, costituisce l'onnipervadente idioma dell'intera Penisola italiana, sin dai primordi della storia: politica, sociale, religiosa, linguistica della popolazione che ha dato forma e nerbo a quella superna entità chiamata Italia -, alla lingua madre sua e di Ceglie Messapica, offrendo alla nutrita schiera: silenziosa, ma attenta, attiva, dei suoi lettori, U candǝ d'a pascǝ. (Il canto della pace). Poesie in vernacolo cegliese, Fasano di Brindisi, Grafiche Ventrella, 2024, pp. 107.

La silloge, sin dalla prima di copertina, avvince e cattura l'attenzione del lettore e degli aficionados dell'idioma dialettale, con una cornice campita in un leggiero giallo pastello, che favorisce un approccio molto soft ai testi poetici in dialetto. Che vengono, per così dire, “chiariti” ma, certamente, corroborati, per coloro che non possiedono dimestichezza alcuna con l'espressione linguistica di Ceglie Messapica, dal testo italiano a fronte, che si rivela altrettanto pregnante della versione originaria in dialetto, sostanziandosi nella sua omozigote gemella. Ma, cosa rinserra la cornice di copertina?

La copertina de "Il canto della pace"

Cosa simboleggia la raffigurazione? Come un marchio “di qualità”, essa non testimonia soltanto del contenuto della pubblicazione, ma anche rende conto dell'intera comunità dei Cegliesi messapici, che, pur tra i travolgenti marosi dell'esistenza odierna, cercano la pace, desiderano fortemente la pace, anelano ognora alla pace. Si vede così, nella rappresentazione acquerellata, l'orbe terracqueo, sovrastato da uno stilizzatissimo albero d'olivo – pianta mediterranea feconda e sovrana di civiltà e di terre – le cui vitali radici coprono mari e continenti, ma che da essi, dalla madre terra, dalle vivificanti acque che la proteggono e l'avviluppano, traggono humus e linfa; ad essa, alla terra, vichianamente, in un incessante eterno ritorno, confluiscono quotidianamente per ribadire, se ce ne fosse bisogno, l'eziologia della vita, insieme, e di pari passo, con la storia dei singoli e delle nazioni dei quali da costoro sono innervate.

Pascǝ a tuttǝ lǝ crištianǝ / Pace a tutte le persone

dǝ šta terra meijǝ... / di questa terra mia...

vv. 46 – 47, p. 28 vv. 46 – 47, p. 29

È, questa, la suprema preghiera che il poeta innalza al Cielo. Ma essa basta da sola a realizzare un mondo pacificato, ad eliminare guerre e conflitti, a obliterare quel gioco crudele che affligge e conturba anime e popoli? Servono, sono utili le innumeri marce della pace perchè il mondo viva ormai sereno, tranquillo con se stesso e con gli altri? Non credo proprio! La narrazione biblica di Abele e Caino sta lì a fare mente che no! Tutto questo non può bastare! Non deve bastare.

Il poeta lo sa bene e, per ciò, ha pubblicato i propri versi in dialetto, perchè attraverso questi bozzetti di vita vera, di piccola, ma umana dimensione, tutti quanti si possano predisporre con animo scevro di prevenzioni, alla lettura delle composizioni contenute nella raccolta, affinchè riescano a rendersi conto appieno come sia necessario cambiare passo, se non si vuole contribuire a rovinare, ancora, il mondo; che si deve pensare positivo abbandonando, in modo definitivo, egoismi e arrivismi. Tutto il resto non deve contare, perchè senza importanza alcuna.

I versi di Damiano Leo, credo che rappresentino un decisivo traguardo verso il buon auspicio di una pace responsabile e matura. Come ci si prefigge che debba essere in una civiltà articolata, frutto di millennarie esperienze di vita e di pensiero, come quella italiana ed europea.

Ora, però, è doveroso dire grazie a Damiano Leo per lo sprone e per l'incommensurabile dono che ha inteso confezionare per tutti gli uomini corrivi alla pace. Con gentile e affabulatrice amicizia.

 
 
 
 
 
 
 
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