Festa della Donna: 5 figure femminili da cui prendere esempio
L’8 marzo Affaritaliani.it vi propone cinque biografie dedicate a donne straordinarie, che hanno segnato la storia
Libri da leggere per la festa della donna
Auguri alle donne di tutto il mondo! L’8 marzo è una ricorrenza che si festeggia anche in letteratura, grazie a quegli autori e autrici che hanno speso tempo ed energie per compiere ricerche e poi raccontare la storia di donne fuori dall’ordinario: coraggiose, indipendenti, visionarie, in anticipo con il sentire della propria epoca e di conseguenza non sempre felici.
Nel mese di marzo Longanesi pubblica Notti stellate, sogni confusi di Henn Kim, tra le artiste più apprezzate nel panorama internazionale delle nuove voci della poesia, mentre Neri Pozza ha lanciato sul mercato editoriale a febbraio una bellissima biografia dedicata a Maria Sofia. La tedesca che incantò Napoli, scritta da Aurelio Musi: sorella di Sissi e sposa di Francesco II di Borbone, fu l’ultima regina di Napoli e divenne nota per l’eroica difesa opposta sugli spalti di Gaeta con i soldati borbonici contro l’esercito piemontese.
La scrittrice bestseller Tahmina Anam – conosciuta soprattutto per I giorni dell’amore e della guerra – torna in libreria con un romanzo sul tema dell’emancipazione e del riscatto: All’ombra di nessuno, pubblicato da Garzanti. Altro nome femminile fondamentale della letteratura contemporanea è poi quello di Isabel Allende, già in testa alle classifiche internazionali con la sua Violeta (Feltrinelli); è della stessa casa editrice la nuova versione tascabile di un grande classico, La stanza di Jacob, dato alle stampe il 3 marzo per ricordare l’immensità narrativa di Virginia Woolf.
Ancora, il 10 marzo arriverà sugli scaffali di tutte le librerie Ultime sere con Teresa d’Avila, la suggestiva reinvenzione di una straordinaria figura religiosa, divenuta simbolo di radicalismo e libertà femminile. Donna intraprendente che cercava nella scrittura il riscatto da un mondo dominato dagli uomini, è raccontata con empatia e accuratezza di dettagli per Guanda da Cristina Morales.
De La Nave di Teseo segnaliamo due titoli, entrambi rilevanti per quanto riguarda il tema delle donne: il primo, Vediamoci al museo, è il folgorante debutto letterario di una settantenne, Anne Youngson, al fine di insegnarci che non è mai troppo tardi per coronare i propri sogni; il secondo, In famiglia di Elena Basile, celebra la vita e la speranza incarnata da donne forti e fragili insieme, in grado di sconfiggere il male che esiste nei rapporti con i familiari grazie alla scelta di essere sé stesse, autentiche e radicate nei loro affetti.
Einaudi dà voce alle esperienze drammatiche ma al contempo eroiche di Caterina Bonvicini, giornalista e scrittrice che già da tempo collabora con le più importanti associazioni umanitarie internazionali; insieme a Valerio Nicolosi – che qui è presente con un saggio e delle fotografie – è autrice del libro Mediterraneo. A bordo delle navi umanitarie. In queste pagine vengono narrate, con parole e immagini, le storie di chi ha deciso di inventarsi un’altra Storia, diversa da quella che ci vuole tutti cinici e indifferenti. Da segnalare per lo stesso editore anche Invisibili di Caroline Criado Perez, la quale ci mostra come in una società costruita a immagine e somiglianza degli uomini metà della popolazione, quella femminile, viene sistematicamente ignorata.
Non è da meno il bel romanzo che ritrae la realtà delle donne cubane, Sale di mare e di lacrime, edito da HarperCollins a partire dal 17 marzo. L’autrice Gabriela Garcia si concentra sulle madri e le figlie che si rialzano sempre, nonostante tutto, e lo fa attraverso quello che The Washington Post definisce uno “splendido affresco di coraggio, determinazione e lotta per la libertà”.
Concludiamo questa carrellata di titoli consigliati, prima di passare alla nostra selezione speciale, con il podcast Audible Original L’ombra delle donne 2, a cura di Grazia De Sensi: scopo del progetto è accendere i microfoni e lasciar parlare donne spesso costrette al silenzio, per infondere forza e fiducia a quante ancora non hanno trovato il coraggio di raccontarsi. Dodici episodi da 50 minuti ciascuno dedicati ad altrettante protagoniste, nell’ottica di contribuire alla diffusione della sorellanza, per chi ha bisogno di un appiglio per sfuggire alla propria ombra.
Bly di Melania Soriani (Mondadori)
Il primo libro che ci sentiamo di consigliare per la Festa della Donna è dedicato a Nellie Bly, viaggiatrice, giornalista e avventuriera già nota a buona parte del pubblico femminile, ma ancora gravemente sottovalutata. Leggendaria figura del femminismo ante litteram, Nelly visse a cavallo tra l’Otto e il Novecento, il quel “mondo di ieri” che segnava il tramonto di un’epoca e apriva a nuovi scenari sociali, umanistici, tecnologici. Mille opportunità sbocciavano per chi nasceva in quel periodo fortunato e al contempo malinconico, diviso tra passato e futuro, ma soltanto se si era borghesi e uomini.
Nonostante il vento rivoluzionario e innovativo che sferzava sulle terre della Pennsylvania, la società in cui Elizabeth Jane Cochran – questo il vero nome della scrittrice che firmò con lo pseudonimo di Nellie Bly quasi tutti i suoi articoli – era ancora fortemente maschilista e conservatrice: due aspetti, questi, che la giovane e ribelle Elizabeth non era disposta ad accettare.
Dalla prima lettera piena di enfasi e toni di denuncia indirizzata al direttore di un quotidiano locale, fino al viaggio intorno al mondo in meno giorni rispetto a quanti ne aveva immaginati Jules Verne, Nellie divenne a poco a poco una figura di riferimento per la lotta contro la disparità di genere, la ricerca di sé stesse e del proprio posto nel mondo, la battaglia per l’avanguardistico concetto di pari opportunità. Non dimentichiamoci mai, infatti, che stiamo parlando di un secolo fa, quando molte di queste argomentazioni apparivano sulla scena internazionale e sulle pagine dei giornali per la prima volta.
Da allora sono passati esattamente cento anni ed è per questo che nell’anniversario della sua morte Melania Soriani, già autrice di successo vincitrice del premio Selezione Bancarellino 2019, intende ricordarla con un ottimo romanzo edito da Mondadori, dal titolo semplice e diretto: Bly.
La Soriani ci racconta questa straordinaria figura femminile in prima persona, calandosi nei suoi panni, immaginandone il fervore e l’acume, lo spirito rivoluzionario e la creatività che la portava a elaborare progetti sempre più arditi; con uno stile spigliato, talvolta ironico, ben capace di restituire il caratterino tutto sale e pepe di una lottatrice senza pari, Bly è il romanzo che forse meglio di qualunque altro ingloba in sé lo spirito e il sentimento dell’8 marzo.
“Essere donne è difficile, tesoro mio, ma anche bellissimo – aggiunsi – e non devi permettere a nessuno di rubare i tuoi sogni. O di intimorirti. Devi essere coraggiosa, sempre…”.
Amore e furia di Samantha Silva (Neri Pozza)
Facciamo un salto indietro di circa un secolo per incontrare un’altra figura eccezionale che lasciò un segno indelebile non soltanto nella storia dell’emancipazione femminile, ma anche in quella della letteratura e della filosofia.
Quasi tutti conosciamo la ben più famosa figlia, Mary Shelley, autrice di Frankestein e compagna, nonché musa ispiratrice, del poeta romantico Percy Bysshe Shelley. Non è però di questa coppia tra le più celebri della letteratura che vi vogliamo qui parlare, bensì della donna che forgiò il carattere e lo spirito di Mary: sua madre.
Verrebbe a questo punto da pensare che la presenza materna fu fondamentale nella crescita e nella formazione della piccola autrice del più grande capolavoro gotico di sempre; in effetti lo fu, ma non nella maniera in cui potremmo immaginare. Mary Wollstonecraft spirò infatti a pochi giorni dalla nascita di Mary Wollstonecraft Godwin (altresì nota come Mary Shelley), a causa di una setticemia. Non morirono però insieme a lei il suo pensiero, i suoi insegnamenti, le sue opere e il suo esempio, che ancora oggi costituisce un punto di riferimento per il femminismo mondiale.
Quella che è ormai divenuta una parola di uso comune – “femminismo”, per l’appunto – alla fine del XVIII secolo non esisteva neppure, per lo meno non nei termini in cui noi la conosciamo. Tuttavia, ci furono alcune donne che ne incarnarono gli ideali e gli obiettivi ben prima che esso assumesse una reale forma: Mary Wollstonecraft fu proprio una di queste rare e preziose donne.
Filosofa, scrittrice, libera pensatrice britannica sposata a sua volta con un grande intellettuale, Mary fondò insieme alla cara amica Fanny Blood una scuola a Londra che aveva lo scopo di insegnare alle ragazze la cura tanto del corpo quanto dello spirito, introducendole a un concetto di emancipazione, di libertà e di autodeterminismo; un progetto ardito, dunque, che non venne calorosamente accolto – come si può ben immaginare – dalla società dell’epoca.
D’altra parte, non è un caso se il romanzo che la scrittrice Samantha Silva intesse attorno alla figura della Wollstonecraft si intitola proprio Amore e furia, poiché erano queste, in fondo, le basi di una personalità alquanto al di fuori degli schemi. Pubblicato a inizio marzo da Neri Pozza in Italia proprio per la Festa della Donna, Amore e furia è la storia di due protagoniste distanti ma al contempo vicine, entrambe votate alla causa di costruire un mondo migliore per tutte le figlie che verranno.
Per la prima volta questo ritratto avvincente e moderno, più che mai attuale sebbene rientri all’interno del genere storico, getta una luce scintillante e vivida sulla figura di Mary Wollstonecraft: senza la sua esistenza certamente Mary Shelley non sarebbe stata l’autrice che noi tutti conosciamo e forse la libertà femminile avrebbe impiegato più tempo per trovare le parole con cui far sentire la propria voce.
In contemporanea all’uscita di Amore e furia, Neri Pozza pubblica anche Sui diritti delle donne, uno dei più noti saggi a cura di Mary Wollstonecraft: fu infatti grazie a questo libro se la madre della Shelley raggiunse essa stessa la fama e viene oggi considerata l’antesignana del femminismo, attivista e simbolo di lotta per i diritti delle donne. Il suo saggio è tuttora ritenuto il primo manifesto femminista della storia, pertanto in occasione dell’8 marzo Neri Pozza ne mette in commercio una nuova, curata edizione, con una traduzione rivista e aggiornata.
Entrambi i titoli sono degni di essere menzionati in questo speciale, ma se ciò che state cercando è un bel romanzo storico, piacevole da leggere e vibrante di passionalità, allora è ad Amore e furia che vi suggerisco di guardare: una straziante ma ispiratrice storia di donne con una marcia in più che rappresentano ciascuna di noi, e a cui forse dovremmo dire grazie per i progressi raggiunti sino ad oggi.
Teodora. I demoni del potere di Mariangela Galatea Vaglio (Piemme)
Non è soltanto al Sette e all’Ottocento che dobbiamo rivolgerci se vogliamo individuare figure femminili capaci di lasciare un segno indelebile nella storia, fonti di ispirazione e modelli di indipendenza da cui possiamo apprendere. La protagonista del terzo romanzo che abbiamo selezionato per voi risale a un tempo ben più lontano: ci troviamo a Costantinopoli nel 524 d.C., un’epoca i cui costumi e valori potrebbero sembrarci immensamente lontani rispetto ai nostri. Eppure non è così, poiché è noto agli storici che era forse più semplice ambire a una scalata sociale e politica in quei secoli antichi, rispetto al periodo che prese vita dalla caduta dell’Impero Romano d’Oriente in poi.
Tra le donne che hanno sete di ambizione e non sono disposte a farsi dare ordini dagli uomini c’è anche Teodora, colei che è riuscita a incantare tutti sino ai limiti della grande Costantinopoli grazie alla sua arte di danzare in maniera sensuale. La realtà da cui proviene è quella dei bassifondi: la vita circense, lo spogliarello, il teatro dei poveri; tuttavia la sua bellezza, l’avvenenza e la sagace astuzia in un mondo di corruzione e maschilismo la rendono speciale: in breve tempo Teodora diviene la concubina preferita di Giustiniano, nipote dell’imperatore Giustino, nonché il più importante ministro dell’Impero Romano d’Oriente.
Come sempre accade in questi casi, però, la corte non può accettare una moglie di basso rango per un rampollo di sangue reale: così, non soltanto l’ascesa di Teodora è a rischio, ma persino la sua stessa vita finisce per essere ogni giorno più in pericolo, tra nemici interni ed esterni all’impero.
Teodora. I demoni del potere è il coinvolgente racconto che la storica Mariangela Galatea Vaglio fa di un’affascinante e insolita imperatrice, il cui nome risuona ancora a distanza di secoli. Quale fu il segreto che questa donna celò agli sguardi di tutti, per non cedere mai davanti alle numerose difficoltà incontrate? Potremmo rispondere la smania di potere e la capacità di muoversi in una corte straripante di intrighi e tradimenti; potremmo tirare in ballo anche la sua avvenenza, la personalità carismatica e intraprendente che non le fece mai abbassare la testa; potremmo, infine, focalizzarci sul suo innato talento dell’esser donna in un mondo di uomini, riuscendo a trasformare le debolezze in armi, la fragilità in dolcezza, l’esperienza di vita in insegnamenti preziosi.
Tuttavia, nulla di quanto avvenne sarebbe stato possibile senza il sincero palpito di un amore indissolubile, un sentimento tale che solo una donna può proteggere al sicuro nel proprio cuore. Per essere infine uniti, a dispetto di tutto e di tutti.
Isabella d’Este. Il regno del diamante di Francesca Cani (Leggereditore)
Non poteva mancare in questo speciale dedicato alle donne almeno una grande signora del Rinascimento. Tra le molte di cui avremmo potuto parlare, abbiamo scelto Isabella d’Este, poiché fu proprio lei ad essere ritenuta la dama indiscussa dell’epoca.
Ci regala una corposa biografia, agile e fluida, la scrittrice di romanzi storici Francesca Cani, che per Leggereditore ha pubblicato il bel volume Isabella d’Este. Il regno del diamante. La città in cui buona parte delle vicende sono ambientate è ovviamente Mantova, alla corte dei Gonzaga: Isabella era infatti la figlia del duca Ercole d’Este e fu data in sposa a Francesco Gonzaga, che teneva in pugno un territorio ben più vasto dei confini cittadini. Francesco, a differenza della nobile moglie, era un uomo d’armi e non raramente di violenza, poco incline alle arti e alla cultura. Nonostante ciò, la corte dei Gonzaga tra il Quattro e il Cinquecento fu un crocevia di artisti, letterati, musicisti, pensatori e in generale fu proprio qui che fiorirono i più importanti movimenti destinati a durare nei secoli, da quelli filosofici sino alle tendenze della moda.
Si deve a Isabella d’Este un simile ambiente guardato con stima e simpatia dal resto d’Italia, eppure non si deve commettere l’errore di pensare che l’intelligenza, il buon gusto e le belle maniere di Isabella la rendessero una donna fragile, assoggettata al potere degli uomini; al contrario, imparò ben presto – sin da bambina – il vero significato della parola “corte”: invidie, inganni, tradimenti sussurrati alle spalle, l’esigenza di guardarsi sempre dal nemico (anche quello apparentemente invisibile) e al contempo l’ambizione necessaria per puntare in alto. Ben lungi dall’essere una fanciulla vulnerabile ed esposta alle intemperie dei secoli tumultuosi in cui visse, Isabella d’Este fu padrona del suo destino, vera mente e stratega dietro al ducato dei Gonzaga.
In questo romanzo, che ne è forse la biografia finora più accurata e avvincente in commercio, Francesca Cani ne tratteggia la personalità politica, quella mondana ma anche quella privata, scoprendo verità mai dette circa il suo matrimonio infelice, la rivalità con Lucrezia Borgia e il pensiero più intimo, unendo così il lavoro della storica a quello della romanziera, che sa usare la fantasia per riempire i vuoti lasciati dalla storia.
La scultrice. Vita di Camille Claudel di Pia Rosenberger (Beat Edizioni)
Camille Claudel è una delle artiste più talentuose e al contempo dimenticate nella storia dell’arte. Semmai, se ne è parlato come musa e amante di Rodin, dunque sempre in funzione di un uomo; Camille, però, era una donna con una personalità estremamente interessante, dotata di una creatività artistica produttiva e ricettiva nei confronti degli stimoli che la circondavano.
Siamo a Parigi sul finire dell’Ottocento, un luogo e un’epoca che di per sé fanno già venir voglia di amare il romanzo La scultrice, realizzato dalla giornalista e guida turistica Pia Rosenberger attorno alla Vita di Camille Claudel. Da poco pubblicato da Beat Edizioni (Neri Pozza), questo libro punta a far emergere l’immenso mondo sommerso di Camille, quello cioè di cui quasi nessuno parla mai.
Ragazzina appena sedicenne proveniente dalla campagna, si trasferì con la famiglia a Parigi con il sogno di studiare scultura, la sua più grande passione: di lì a poco lo realizzò, venendo accettata presso la prestigiosa Accademia Colarossi. Nel giro di breve tempo divenne l’allieva prediletta del maestro Alfred Boucher, per poi aprire – nel 1882 – uno studio di scultura insieme a due amiche e colleghe.
È dunque la giovane dal cuore gonfio di speranze che la Rosenberger racconta in queste toccanti pagine e poi la donna che fu sì amante e musa ispiratrice di Auguste Rodin, arrivando quasi ad annullare sé stessa per lui, ma fu anche un’entità a sé stante che oggi è importante riscoprire e conoscere. Dunque, non più Camille in funzione di Rodin, ma Camille per sé stessa: l’artista, la creatura in cerca di passione e l’innamorata che sperò sempre in un matrimonio con l’uomo che possedeva il suo cuore.
Attraverso una serie di capitoli brevi, densi di dialoghi, anticipati da luogo e data per seguire l’evoluzione della sua vita giorno dopo giorno, l’autrice indaga in queste pagine la natura meno conosciuta di una grande artista dell’Ottocento francese, senza però mai parlarne in maniera troppo esplicita; sono piuttosto i fatti, gli scambi di battute, qualche breve discorso indiretto dal punto di vista di Camille a creare riga dopo riga il ritratto di una figura tanto coraggiosa quanto fragile, tanto combattiva quanto disposta a cedere di fronte alle lusinghe dell’amore.
Fu una vita di sofferenza, quella di Camille Claudel, inutile negarlo; fors’anche perché certa arte, così tortuosa e intensa, nasce quasi sempre da un’inquietudine interiore. Oggi sappiamo del suo dolore perché è documentato che morì nel manicomio di Montfavet il 19 ottobre 1943, ma per scavare dentro le pieghe di una tale disperazione occorre approfondirne la storia, le disillusioni, accoglierne le cadute. Scrive lei stessa a proposito della sua esistenza, che fu lunga e la portò quasi alla soglia degli ottant’anni: “Dal sogno che è stata la mia vita, ora è rimasto solo l’incubo. Da cosa deriva tanta ferocia umana?”.
Oggi più che mai non abbiamo ancora una risposta a questa domanda…