La modella di Klimt: dalla Galleria Ricci Oddi al libro

Gabriele Dadati ci racconta il dietro le quinte di uno tra i più celebri quadri di Klimt

di Chiara Giacobelli
Libri & Editori
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Non tutti sanno che la Galleria D’Arte Moderna Ricci Oddi di Piacenza custodisce un vero e proprio tesoro, ancor più prezioso poiché rubato nel 1997 e inaspettatamente ritrovato alla fine del 2019. Lì per lì in molti erano scettici, dopo le numerose false segnalazioni degli anni precedenti; invece l’opera era proprio l’originale: il Ritratto di signora che Klimt dipinse una seconda volta, dopo aver già dato vita al precedente Ritratto di ragazza. La giovane che guarda sbarazzina e affascinante verso di noi è la stessa, tuttavia cambiano il contesto, i vestiti, il fine del quadro. Perché? Chi era la donna in questione? Ma soprattutto come mai la tela venne sottratta al museo?

Prova a darci le risposte a queste domande e a molte altre Gabriele Dadati, scrittore già apprezzato in Italia che con Baldini+Castoldi ha pubblicato La modella di Klimt. La vera storia del capolavoro ritrovato. La ricerca documentaristica si intreccia ai fili dell’immaginazione per dare forma a un romanzo davvero meritevole di essere letto, in quanto coinvolgente, interessante, persino commovente in alcuni passaggi. Così, ancora una volta la letteratura si unisce all’arte generando un risultato ben degno di attenzione.

Le vicende hanno inizio nel dicembre del 2019 a Piacenza, nel periodo in cui Dadati sta per inaugurare una mostra in ricordo del suo maestro, Stefano Fugazza, storico dell’arte ed ex direttore della Galleria Ricci Oddi. In quei giorni Gabriele riceve la notizia del presunto ritrovamento dell’opera scomparsa e, poco dopo, una misteriosa mail lo invita ad un appuntamento. Sarà proprio da questo incontro straordinario e surreale che si aprirà il sipario su un’altra storia: quella che, a partire dal lontano 1910, segue le vicende di Gustav Klimt, del Ritratto di signora e dei protagonisti che ruotano attorno a questo capolavoro sino ad arrivare, passo dopo passo, al punto di partenza: il dicembre 2019.

La forza di questo romanzo originale, dallo stile narrativo piacevole, sta soprattutto nella capacità di dare vita a un quadro, rendendolo a tutti gli effetti un elemento dinamico e, al contempo, l’espressione di un uomo che segnò la storia dell’arte mondiale: Gustav Klimt.

“Avevo due diversi faldoni, conservati nella mia memoria, con sopra l’etichetta Klimtha spiegato ad Affaritaliani.it l’autore del libro, a proposito del suo rapporto con il pittore viennese – uno era dedicato alla sua parabola artistica nel complesso, intesa come un’avventura fondamentale per la pittura tra Otto e Novecento, l’altro all’opera della Ricci Oddi, un fascicolo in cui per certi versi l’aneddotica finiva per sovrastare l’analisi. Quando mi sono messo a lavorare al libro, il contenuto del secondo faldone è diventato la chiave di volta per tutti i materiali contenuti nel primo. Il Ritratto della Ricci Oddi è stato collocato idealmente al centro di una vita d’artista e d’uomo, dandole un senso diverso”.

Questa è una storia di uomini, senza dubbio: Klimt in primis; il suo ipotetico figlio, abbandonato in orfanotrofio seppur con la certezza che qualcuno si sarebbe sempre preso cura di lui; infine suo nipote, colui che – secondo la versione del romanzo – avrebbe trafugato il quadro per rompere una maledizione. Quest’ultima apre però il racconto a un inatteso punto di vista femminile. “In fondo si tratta di una storia di madri che non possono crescere i propri figli, e di figli che devono fare a meno delle madri su cui fare sponda, mentre cercano di costruire la propria identità”, dice ancora Gabriele.

Per aggiungere poi, interrogato in merito alla ricerca e alla documentazione che un libro del genere si porta inevitabilmente appresso: “Ho letto pubblicistica dell’epoca, studiato i cataloghi storici delle mostre, osservato vecchie fotografie e antiche pellicole che ci mostrano brevi scorci della Vienna di allora, visto documentari. Ho meditato tanto, camminando per chiarirmi le idee. Non sono però potuto tornare a Vienna, paradossalmente, e mi sono dovuto accontentare dei ricordi di visite precedenti. Avevo programmato di raggiungerla per Pasqua, ma lo scoppio della pandemia me l’ha impedito. Quando è stato di nuovo possibile, il libro era già scritto. Ma forse non è un paradosso, a ben pensarci: Vienna è stata inaccessibile proprio come lo è stato per quasi ventitré anni il Ritratto della Ricci Oddi. Forse, quindi, è semplicemente il karma di questa storia”.

Due parole, infine, vanno spese proprio sulla Galleria Ricci Oddi di Piacenza, che non soltanto conserva questo piccolo ma pregiato quadro. Al suo interno è possibile ammirare, infatti, anche le opere della collezione un tempo appartenuta a Giuseppe Ricci Oddi, oltre agli acquisti che continuarono negli anni successivi. “La Ricci Oddi è un rarissimo caso, in Italia, di museo fondato a inizio Novecento da un singolo che prima ha collezionato le opere, poi ha fatto costruire un edificio apposito per esporle. L’esito è molto spirituale, per certi versi autenticamente metafisico” ci racconta Gabriele Dadati in merito a questo luogo assolutamente da visitare per chi capiti in visita a Piacenza.

La conclusione della nostra chiacchierata è invece dedicata a Klimt, l’artista da cui prese origine tutto questo e molto altro: “L’arte della Secessione, e Klimt ne è senz’altro il vertice, si parla da vicino sia con l’architettura, sia con le arti applicate. È quindi nella sua natura recepire tratti che rischiano di essere letti, superficialmente, come decorativi. È quello che purtroppo è implicitamente avvenuto negli ultimi anni, da quando hanno iniziato a circolare sempre più magliette, matite, astucci, magneti da frigo, tappetini per il mouse, tazze, gomme, portacenere e da ultimo mascherine anti Covid con dettagli delle sue opere luccicanti con i loro sfondi dorati. Oggi Klimt è famosissimo, ma quasi come gadget, a livello basso. Se riusciamo a scansare questo profluvio, però, ci rendiamo conto che è vero, sì: è immortale. Perché guarda dritto negli occhi i grandi tempi esistenziali – su tutti l’invecchiamento e la morte, ma non solo – e poi guarda negli occhi noi”.