Libropolis, festival dei libri dove la geopolitica è letteratura. E viceversa

Pietrasanta, quinta edizione del Festival Libropolis: 3 giorni di dialoghi, presentazioni e approfondimento politico, economico e culturale

Libri & Editori
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Il grande gioco della geopolitica è letteratura. E viceversa. E' iniziata a Pietrasanta la quinta edizione del Festival Libropolis. Tre giorni di dialoghi, presentazioni e approfondimenti legati dal tema dell'approfondimento politico, economico, e culturale.

A raccontarlo ad Agi e' Sebastiano Caputo, trent'anni ancora da compiere, giornalista e direttore editoriale del Festival che cura insieme ad Alessandro Mosti e Lorenzo Vitelli, nel piu' ampio alveo dell'attivita' editoriale del gruppo editoriale Magog, figlio delle edizioni Gog. Citazione biblica, questa, ripresa da Papini, "per raccontare il bene e il male, cio' che e' impubblicabile insieme a cio' che e' presentabile: la vita, insomma. Cio' che va piu' a fondo della finzione di Instagram".

"Il Festival - dice Caputo - e' alla sua quinta edizione: siamo riusciti a mantenere l'appuntamento anche lo scorso anno, in piena pandemia. Nasce da un gruppo di ragazzi che mettendo insieme passioni e professionalita' hanno fatto una cosa semplice: bussare. Bussando alla porta del Comune di Pietrasanta abbiamo avuto il Chiostro di Sant'Agostino, che fino al 2011 ospitava le Anteprime di Mondadori. Per l'ultima volta ripeteremo lo stesso format: dal prossimo anno ci saranno novita'".

Il format e' quello di un lavoro artigianale: venticinque stand per altrettanti editori, piccoli, indipendenti, orgogliosamente distanti dalla "pubblicistica di maniera". Costi contenuti e idee "laterali". Filo conduttore, per questa edizione, "Le metamorfosi del potere": la tecnica, i Big Data, il difficile equilibrio tra i confini che si vedono e il vero petrolio che non si vede, tra chi amministra la cosa pubblica e chi detiene il patrimonio immenso dei dati privati.

Economia e politica, ma anche filosofia e teologia: tutto si tiene? Risponde Caputo: "Il tema dello scorso anno era 'I confini del futuro', nel tentativo di raccontare l'anno in cui a causa della pandemia tempo e spazio si sono fermati. Oggi raccontiamo le conseguenze di questo anno e mezzo di stop. E abbiamo alcune tra le voci piu' autorevoli per farlo: Francesco Semprini, inviato de La Stampa, e Dario Fabbri, firma di Limes, ci daranno un quadro importante dal punto di vista intellettuale e dell'attualita'.

Di economia e digitalizzazione della finanza parleranno il direttore di Agi Mario Sechi e l'ex ministro Paolo Savona; sui dati interverra' Guido Scorza, componente del Garante per la protezione dei dati; di politica trattera' Filippo Ceccarelli di Repubblica. E poi la cifra culturale: forse l'arma piu' importante che abbiamo contro la Civilta' della tecnica, non un rifugio ma uno strumento di etica e di pathos. Di questo tratteranno, tra gli altri, Davide Brullo. Juri Camisasca. E poi Giancarlo Dotto e Luisa Viglietti, persone, queste, vicine a Carmelo Bene, che e' sempre il nostro primo ospite in assenza: colui che ci insegna che la prima dissidenza necessaria e' quella contro se stessi". 

"Il brand da cui nasce tutto, L'intellettuale dissidente, e' nato proprio quando noi organizzatori, ventenni - spiega ancora Caputo - abbiamo cercato un modo per esprimere il nostro avercela con il mondo. Come e' giusto che sia: meglio un ragazzino con un caratteraccio che uno senza carattere. Ora siamo cresciuti noi, i lettori, e anche il progetto: si avvia un nuovo corso".

Rimane, nel solco della narrazione geopolitica, l'interesse per gli esteri. Caputo stesso e' da poco rientrato da Kabul. "Il 15 agosto, quando i talebani hanno preso Kabul, ero come tutti in spiaggia ma volevo essere laggiu': sono partito appena possibile e ho trovato una situazione da punk Islam. Una situazione surreale, che lancia sfide geopolitiche importanti, lasciti che scopriremo davvero solo nei prossimi mesi, o anni.

L'Afghanistan - puntualizza Caputo - e' una pentola a pressione con su un coperchio, il governo provvisorio, molto precario. Se le divergenze interne crescono la guerra civile e' dietro l'angolo, e a temerla sono soprattutto i Paesi vicini. Proprio in questo ultimo viaggio ho stretto stringere amicizia con uno degli ospiti del Festival, Francesco Semprini. Con lui ho condiviso l'esperienza del 7 settembre, quando i talebani hanno dimostrato di non avere strategie per la gestione dell'ordine - o del disordine - in occasione di una manifestazione.

Hanno sparato in aria, colpendo - senza conseguenze - le stanze dell'albergo dove stavo insieme agli altri giornalisti. Ci siamo dati una mano in una situazione estrema, nella consapevolezza che in assenza di collegamenti aerei e di un'ambasciata, se fosse successo qualcosa sarebbe stata la fine".