Ohio, il grande affresco dell’America contemporanea
Già definito “il grande romanzo dei nostri anni”, “Ohio” racconta gli umori e le speranze infrante della provincia americana
Ohio, l'esordio nella narrativa di Stephen Markley arriva in Italia pubblicata da Einaudi
C’è una parata che sfila lungo le ampie strade di New Canaan, una cittadina qualunque dell’Ohio. C’è un feretro che viene sommerso di onori e lodi, ma dentro non vi è nessun corpo, perché ciò che conta – come sempre – è l’apparenza, il simbolo, il messaggio che si vuole trasmettere alla massa. Quel messaggio risuona forte e chiaro in una fredda e ventosa giornata di ottobre: chi muore per la patria è un eroe, un esempio per tutti.
All’interno della bara vuota ci sarebbe dovuto essere il corpo di Rick Brinklan, soldato caduto in battaglia e un tempo brillante liceale fidanzato con la splendida Kaylyn Lynn, la ragazza più ambita della scuola. Rick è il punto di inizio e di fine dell’intera storia che Stephen Markley, alla sua prima prova narrativa dopo aver frequentato l’Iowa Writer’s Workshop, ha costruito con estrema ricchezza di dettagli, giocando con i molteplici significati veicolati dalle immagini ed entrando nella complessità dei personaggi immaginati, nonché dei temi che ruotano attorno ad essi.
Già successo internazionale, Ohio è un romanzo d’esordio potente che parla non soltanto all’America della provincia e dei grandi centri, ma al mondo intero. Pubblicato in Italia da Einaudi, si sviluppa seguendo una duplice linea temporale: quella del presente – più presenti diversi, ad essere precisi – e quella del passato, che vede come fulcro delle vicende raccontate il liceo di New Canaan. È tra queste mura, ma soprattutto negli spazi in cui lo sport trova terreno fertile e genera unione, che avvengono la maggior parte degli inquietanti episodi aventi come protagonisti i ragazzi della scuola; fatti e segreti da cui non tutti sapranno liberarsi, anzi in realtà neppure coloro che scapperanno dalla cittadina per sempre riusciranno a trovare mai un senso compiuto per la propria esistenza.
C’è Rick Brinklan, destinato secondo tutti a raggiungere le vette del successo: nulla di tutto ciò accadrà, poiché l’unico attimo di gloria della sua vita sarà per l’appunto quella parata, in cui il nazionalismo americano è talmente strillato da apparire ridicolo.
C’è Bill Ashcraft, il suo migliore amico che però, davanti e dietro ai suoi occhi, difende uno spirito di sinistra contrario alla guerra e alle grandi multinazionali, senza mai essere preso sul serio da nessuno, e intanto intreccia una relazione clandestina con la bella Kaylyn; anche per lui è previsto un onorevole futuro di volontariato, militanza e rottura degli schemi precostituiti, se non fosse per quella pressione sociale troppo forte che lo porterà a cadere nel tunnel della dipendenza da droghe e della criminalità.
C’è Stacey Moore, che si riscopre gay ed è costretta ad andarsene per ricercare un equilibrio con sé stessa, ma nonostante tutti gli sforzi compiuti non riuscirà comunque a trovarlo.
C’è Dan Eaton, il quale nell’esercito ci è finito per motivi ben diversi rispetto a quelli di Rick Brinklan, primo fra tutti l’incapacità di trovare il proprio posto in un mondo in cui chiunque sembra essere più dotato e ricco di lui; Dan sa che cosa significhi davvero fare la guerra e non è affatto ciò che tutti raccontano attraverso inni, parate e altre cerimonie di circostanza.
E poi c’è Tina Ross, umiliata e molestata negli anni del liceo, ma finalmente lontana con un fidanzato che la ama sinceramente; un lieto fine, all’apparenza, eppure dentro di lei una rabbia sorda e un’insoddisfazione devastante montano ogni giorno un po’ di più, fino a quando sfoceranno in una violenza estrema.
L’ipocrisia dell’America contemporanea pervade l’affresco di personaggi, luoghi, storie e interiorità descritte da Markley in questo “romanzo epico che racconta con rispetto e compassione vite danneggiate e ostacolate”, come lo definisce The New York Times Book Review.
È, ad esempio, l’ipocrisia di una società che si finge egualitaria, quando nella realtà dei fatti il razzismo regna incontrato non soltanto tra provenienze etniche diverse, ma anche tra differenti ceti sociali, religioni, famiglie, persino scuole che si frequentano o strade in cui si abita all’interno della stessa città.
È poi l’ipocrisia di un Paese che poggia fortemente sul concetto di nazionalismo e di patria, sulla difesa della democrazia e sul primato americano, tenendo alto di conseguenza il culto dell’uomo audace e dell’eroe di guerra; lo stesso Paese in cui maggior parte dei cittadini, però, non è mai stato davvero al fronte e non ha idea né di cosa ciò significhi, né di quali forze politiche ed economiche muovano gli interessi degli Stati.
L’ipocrisia, ancora, di chi finge di accettare il diverso, ma nell’interiorità non smette mai di giudicare; di chi si mostra forte e disinibito, quando in realtà è in preda agli alti e bassi delle droghe o dell’alcol; di chi predica la fede, l’amore per il prossimo e la salvezza, tuttavia non ritiene degno di amore chiunque si discosti dai propri ciechi valori.
La bravura dell’autore non è soltanto nell’indagine psicologica approfondita e interessante dei singoli personaggi, ma anche nella capacità di disegnare una struttura in cui ogni tassello è legato all’altro e i fili si stringono sempre più fino all’epilogo inatteso; tutto è studiato con cura di dettagli e logica, muovendosi nei terreni del thriller e del giallo, senza che mai il libro appaia davvero come un prodotto di genere, poiché le storie dei singoli personaggi sono talmente coinvolgenti da mettere in secondo piano l’architettura stessa della trama. Ancora più importante di esse è però il messaggio veicolato tra le righe, il non detto che ci arriva attraverso i fatti, le piccole sfumature, le battute, le ripetizioni dei gesti: quell’America, per l’appunto, su cui ci sarebbe molto da ragionare…
Un ottimo libro che consiglio vivamente di leggere e che sono certa catturerà il vostro immaginario, così come ha catturato il mio.