Patrizia Carrano, un'infanzia all'ombra del vecchio Pci
"Elisabetta crede che tutti i comunisti siano solidali, fraterni, esenti da pecca. Ma poi si scontra con gli spigoli e le ferite che la vita infligge"
Intervista a Patrizia Carrano, autrice de La bambina che mangiava i comunisti, Vallecchi Firenze Editore
Torna nelle librerie, ed è una buonissima notizia, un’autrice che meritava il recupero del suo nome di rango a un marchio editoriale che fosse all’altezza del suo passato (è stata autrice di best seller come Stupro e di long seller come La Magnani) e del suo futuro che si preannuncia luminoso.
Considerando la bellezza, la freschezza, la densità del suo nuovo romanzo, dal titolo originale ed evocativo La bambina che mangiava i comunisti per la storica Vallecchi Firenze, capitanata da Alessandro Bacci dopo una vita in Mondadori.
La protagonista assoluta di questa storia di formazione politica, affettiva e sociale, che sembra già un film d’autore, è la piccola Elisabetta, in arrivo nella Capitale con la madre, attivista del Pci. Scrittura irresistibile, esatta, essenziale. Elisabetta è un bambina dallo sguardo “adulto”... alle sue osservazioni e reazioni si rimane sbalorditi. E intanto incrocia personaggi storici, rimasti nel cuore di molti, invece: “Nel cuore e nella mente di Elisabetta, come accade in tutti i bambini, si intrecciano una grande ingenuità e un forte intuito. Elisabetta crede fideisticamente che tutti i comunisti siano solidali, fraterni, esenti da ogni pecca. Ma poi si scontra con gli spigoli e le ferite che la vita infligge a lei e agli adulti che le stanno attorno. E i conti non tornano più. La sua non è una analisi politica. È squisitamente infantile”, spiega la Carrano, che abbiamo interpellato per questa intervista.
Comencini diceva che i bambini non si dirigono ma si guardano vivere. Vale anche per la scrittura, in qualche modo?
L'accortezza che ho dovuto avere nel raccontare Elisabetta e gli altri bambini che le stanno attorno, dalla piccola baraccata Cesira, al piccolo Uliano, che vuole dividere con lei la sua caramella "già ciucciata ma buona", è stata quella di sfrondare: gli adulti hanno pensieri complessi. I bambini vanno al cuore delle cose. Questa è stata la preoccupazione più grande.
La mamma di Elisabetta, per la verità, sembra più concentrata sulle sue ambizioni che sulla propria maternità. Sbaglio?
La mamma di Elisabetta, cerca con fatica di conciliare le proprie ambizioni personali con il ruolo di madre. Una madre, ricordiamolo, sola, senza sostegni familiari, in una città nuova per lei. E' un personaggio che racconta la fatica di molte donne di ora e di allora, che non vogliono appiattirsi su un unico ruolo.
Perché un libro sul comunismo e i comunisti oggi?
Perché il futuro ha un cuore antico. L'Italia era ed è un paese diviso in due, un paese che dietro l'omologazione televisiva che ci ha resi - come diceva Pasolini - consumatori prima che cittadini, risponde ancor oggi alle grandi matrici del cattolicesimo e della sinistra. Scurati, da par suo, indaga sul Mussolini, io ho guardato attraverso gli occhi di una bambina, al comunismo italiano del dopoguerra.
Davvero chi non ha nostalgia del comunismo, come scrive in esergo, è senza cuore?
L'esergo parla di nostalgia del Pci. Di quelle grandi masse popolari che avevano inesauribili capacità di alleanza, solidarietà, fraternità. Che uscivano la sera per andare a parlare di politica. Che finivano nella caienna del reparto verniciatura della Fiat, perché avevano "L'Unità" in tasca.Un nuovo romanzo per un marchio storico dopo tanto tempo.
Dove tiene le storie prima di darle alle stampe?
Nella mia mente. Da lì si trasferiscono nel computer, poi trovano casa. Questa volta, Mariano Sabatini, capo della comunicazione, mi è venuto a cercare per la Vallecchi. Questo è il mio ventiduesimo titolo, senza contare i libri collettanei. Ho un grande avvenire dietro le spalle, come diceva Vittorio Gassman.
Lei ha scritto anche tanta Tv, quelli che un volta erano sceneggiati e oggi fiction. Questo romanzo sembra pronto per una trasposizione cinematografica. Un regista adatto?
Nessuno dei miei molti romanzi ha preso la strada del piccolo schermo. Neanche quelli in cui i protagonisti vivevano avventure molto più scatenate di quelle - soprattutto interiori - che toccano ala piccola Elisabetta. Forse si potrebbe pensare a un piccolo film. Un regista italiano che trovo bravissimo è Leonardo Di Costanzo, che ha recentemente diretto "Aria Ferma" con Toni Servillo e Silvio Orlando.
Scrivere per lei è un mestiere o una necessità?
Diciamo che è una necessità, diventata un mestiere. A 15 anni ho scritto il mio primo romanzo, ambientato in Messico! Poi sono diventata, lavorando a "Noi donne", con la direzione di Miriam Mafai, la più giovane pubblicista del Lazio, e 45 anni fa ho debuttato nel mondo editoriale. E non ho intenzione di smettere.