Roberto Emanuelli: “Il patriarcato esiste e gli uomini devono lavorare sulla gestione delle emozioni”

Mezzo milione di copie vendute, un tour di 60 incontri e oltre mezzo milione di follower su Facebook. Parla il fenomeno letterario Roberto Emanuelli

di Chiara Giacobelli
Libri & Editori

Roberto Emanuelli è un nome non nuovo ai lettori forti (e probabilmente anche a quelli meno forti), come pure al popolo dei social, dove è seguitissimo sia su Facebook che su Instagram. Dopo numerosi romanzi di successo, il suo ultimo Ora amati, pubblicato con Feltrinelli, tratta il tema della violenza sulle donne, intesa non soltanto a livello fisico, ma anche come manipolazione, tradimento, capacità di imporsi sull’altro sminuendo il suo valore e legandolo attraverso una dipendenza affettiva.

Un successo letterario immediato che, sebbene fosse nato da un’esperienza personale dell’autore, essendo stato raccontato al femminile ha trovato un terreno fertile nelle centinaia di migliaia di lettrici che in qualche modo si sono riconosciute nelle “due” protagoniste. Ma non è tutto qui, perché il tour composto da oltre 60 date in tutta Italia, in varie librerie – tra cui segnaliamo sabato 25 novembre La Rinascita ad Ascoli Piceno – ha permesso a Roberto di entrare in contatto con il mondo di queste donne in cerca di un appiglio, di una speranza. Da loro ha ricevuto spontaneamente decine di biglietti, con testimonianze personali, che ha poi deciso di raccogliere nel nuovo libricino pubblicato da SEM Donne che si amano. Pensieri di donne in rinascita. Un vademecum e un punto di riferimento per tutte coloro che stanno cercando di risalire verso la vetta della montagna dopo essere sprofondate in un rapporto disfunzionale e che in libreria arriva con le illustrazioni in bianco e nero di Catarina Bessel.


 

Siamo solo per pochi è il sottotitolo scelto da Emanuelli per presentare il nuovo lavoro, e c’è anche il suo di pensiero all’interno del libretto. Si tratta di vivere e raccontare un’opera di ricostruzione che lui stesso ha vissuto sulla propria pelle e che trova una descrizione calzante in queste parole. «Nulla è metafora della tua preziosa e rinnovata bellezza più dell’arte giapponese del “Kintsugi”, quella di rimettere insieme ceramiche cadute e andate in frantumi con metalli pregiati come l’oro, rendendole ancora più preziose. Non c’è una sola crepa o venatura della tua anima che non si rifletta nei tuoi occhi pieni di poesia. Ogni cicatrice racconta un po’ del tuo dolore. Ogni cicatrice disegna un po’ della tua forza. Ogni segno, impreziosito dall’oro o dall’argento, parla di te e della tua rinascita».


 

Noi di Affaritaliani.it abbiamo intervistato Roberto Emanuelli non soltanto per saperne di più sulle sue opere, ma per interrogarci insieme a lui sull’origine di questa disfunzionalità così diffusa, sulle differenze di genere e sul perché le donne cadono spesso vittime di relazioni manipolatorie. Ecco cosa ci ha svelato.

Questo nuovo libro, Donne che si amano. Pensieri di donne in rinascita, arriva dopo Ora amati ed è una raccolta di pensieri. A chi è dedicata e che cosa ti auguri che possa portare alle tue lettrici?

“Esatto, è il mio primo “non romanzo”, e ho accettato la sfida perché avevo una gran voglia di restituire un po’ della bellezza che ho ricevuto nei mesi scorsi dalle migliaia di donne con le quali sono entrato in contatto dopo la pubblicazione di Ora amati, il mio precedente romanzo basato su una storia di manipolazione, di amore tossico, che ho vissuto in prima persona. Quindi è dedicato a loro, e spero possa essere prima di tutto una piccola carezza emotiva, un promemoria per non smettere mai di amarsi”.

C’è un aspetto che colpisce. I pensieri che hai ricevuto sono tutti femminili. Significa che la dipendenza affettiva e le relazioni tossiche, manipolatorie, sono un problema di genere?

“A mio parere ci sono due livelli da considerare. Il primo è quello che riguarda la difficoltà che hanno gli uomini ad ammettere di stare soffrendo, non si espongono, e anche quando vivono storie di manipolazione si vergognano a parlarne. Il secondo livello ha a che fare con i numeri, e sì, penso che fra le persone manipolatorie il numero di uomini sia assolutamente maggiore. E la verità, per rispondere anche all’ultima domanda, è che temo che entrambi i livelli siano direttamente collegati alla cultura maschilista e patriarcale in cui siamo cresciuti e in cui tutt’ora viviamo”.

Tu stesso fai eccezione, dal momento che hai raccontato di aver tratto spunto dalla tua esperienza personale. Quando hai cercato aiuto e confronto per riprenderti da questa situazione, le reazioni dei tuoi amici uomini sono state diverse da quelle delle amiche donne?

“Sono state diverse, sì, gli amici uomini erano spiazzati e disorientati, le donne avevano invece quasi sempre un punto di vista più preciso e a volte chirurgico. Anche l’empatia era diversa. Dalle donne arrivava più coraggio perché loro stesse ne avevano di più.  La verità è che gli uomini, tendenzialmente, continuano ancora ad avere seri problemi di gestione delle emozioni, proprie e altrui”.


 

Un’altra cosa che mi ha colpito di entrambi i libri è il fatto che venga data quasi per scontata a un certo punto una ripresa. Tutte, in qualche modo, ce la fanno, rinascono. Ma sappiamo che nella realtà non è così: ci sono molte donne che - nonostante i segnali evidenti - non riescono ad uscire da relazioni tossiche e manipolatorie, che talvolta sfociano nella violenza, quando non persino nel femminicidio (il cui numero rimane sempre alto). Come affronteresti questo tema e cosa diresti a chi non ce la sta facendo o non ce l’ha fatta?

“È una domanda bellissima e importante. La verità è che conservo dentro di me una grande speranza. Dopo il trauma vissuto sono finito in una profonda depressione, mi sono chiuso, e la mia non era più vita. Ho avuto il coraggio di chiedere aiuto, non subito, e ho iniziato un lavoro di psicoterapia e poi ho accettato anche un supporto farmacologico (ovviamente sotto osservazione di un medico). Ecco, poi, dopo anni, non giorni o mesi, ho rivisto la luce. Ma non sono state tutte rose e fiori e ancora non lo sono. Quello che voglio dire è che in cuor mio penso che può farcela chiunque, anche se non sarà per tutti un lavoro semplice. Anche se la strada per la felicità a volte dura una vita intera. Provare a fare un profondo lavoro su sé stessi è l’unica chance. Perché sugli altri non possiamo nulla. Questo lavoro, in alcuni casi, mi piace pensare possa evitare anche alcuni tragici epiloghi a cui facevi cenno. Il mio lavoro, per dire, continua, non ho smesso con la psicoterapia, non ho smesso di guardarmi dentro e di ricordarmi che devo provare a volermi bene”.

Ora amati è a mio parere un romanzo bellissimo, commovente e molto inteso, vero. L’unica parte che mi ha lasciato qualche dubbio è la fine, che rischia di sembrare un po’ semplicistica. Ti andrebbe di porre l’attenzione sul fatto che a volte ci si possono impiegare anni prima di vedere una luce e ricominciare ad amarsi, e che comunque le ricadute sono sempre dietro l’angolo?

Ora amati è un romanzo di svolta, per me, professionale ma soprattutto personale. Con quel romanzo ho voluto verbalizzare il dolore straziante che avevo vissuto, quel senso di solitudine e di svuotamento che avevo provato per anni. Quel sentirmi stupido, inadeguato, non abbastanza. E poi ho voluto parlare della chiave che ho trovato e usato per rinascere, cioè l’amore per me stesso. Sul resto, ho l’impressione di aver detto già quasi tutto nella precedente risposta. Sai, nei romanzi poi si prendono delle decisioni legate alla narrazione, agli snodi, all’evoluzione dei personaggi, eccetera. Ma ho cercato di rimanere fedele a me stesso e alla mia vicenda personale, con qualche piccola modifica dovuta a esigenze, appunto, narrative o editoriali”.

Infine ti chiedo: per te il processo della scrittura e del raccontare questa esperienza prima in un libro, poi condividerla con tante lettrici grazie alle presentazioni da cui è nato il secondo libro è stato molto terapeutico. Che cosa potrebbero fare quelle persone che non hanno il dono della scrittura o non amano scrivere? Ci sono altre attività che, nel tuo venire a contatto con tante donne, sai averle aiutate per uscire dalla dipendenza affettiva?

“Non sono uno psicologo o uno psichiatra, quindi parlo a titolo personale. Penso sia importante ritagliarsi ogni giorno del tempo per sé stessi. Solo per sé stessi. Riappropriarsi della propria vita, della propria unicità, a prescindere e al di là di tutto e di chiunque. Coltivare qualunque passione sia vicina alla nostra natura. Oltre al lavoro su di noi di cui abbiamo parlato prima, se serve consiglio di chiedere aiuto a qualcuno (psicologo o psichiatra), che resta la base da cui partire”.

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