Salone del libro, successo di pubblico e il piacere di tornare a incontrarsi
Salone del libro di Torino, l’edizione della ripresa post-Covid ha regalato grandi soddisfazioni e boom di visitatori
Si è conclusa l’edizione 2021 del Salone del libro di Torino, tra molta soddisfazione per il boom di visitatori e anche un po’ di commozione per il ritorno in presenza dopo i lunghi disagi causati da lockdown e Covid.
“Bentornati” è stato il messaggio più usato per accogliere i lettori ai vari stand, ma anche tra gli addetti ai lavori c’era gioia palpabile nel tornare a vedersi dal vivo (nonostante l’inevitabile stress che 5 giorni di eventi no-stop possono provocare).
Secondo i dati comunicati dall’amministratore delegato di Salonelibro srl, Piero Crocenzi, sono stati circa 150mila i visitatori che in 5 giorni hanno riempito gli spazi del Lingotto. “Posso dire che il passaggio nel nostro stand è aumentato circa del 60% rispetto all'ultima edizione” racconta Giulio Passerini di Edizioni e/o, che esprime molta soddisfazione anche per il volume delle vendite effettuate.
"Questo è un risultato storico in un'edizione storica, sono state giornate cruciali per noi ma anche per il Paese", ha commentato il direttore del Salone Nicola Lagioia. "Forse sfogliare un libro fa meno rumore che sfondare le vetrine della Cgil, ma non si può non tenere conto di questo risultato. Un record che la città e il territorio devono amministrare".
"In ampiezza il Salone non può crescere più di tanto, ma dovrà migliorare dal punto di vista qualitativo, anche stringendo nuove collaborazioni con le istituzioni importanti", ha aggiunto Lagioia, chiudendo la kermesse.
E dei miglioramenti iniziano a sentirsi necessari se, a fronte di questi numeri, molti piccoli editori riportavano “tanto passaggio ma poche vendite”. “Al Salone di Torino bisogna esserci e siamo contenti di esserci, ma per certi versi preferiamo quello di Roma, Più libri più liberi, perché tutti gli editori, grandi e piccoli, hanno lo stesso spazio a disposizione”, confidano da Kellermann Editore, che al Salone festeggiava anche i 30 anni di attività.
E infatti saltava subito all’occhio la differenza tra i piccoli banchetti dei marchi minori e i mega-stand dei big: nel padiglione Oval, per esempio, quasi si doveva sgomitare per muoversi tra gli espositori di Mondadori (che comprendeva Piemme, Rizzoli, Ponte alle Grazie, Sperling&Kupfer), Einaudi, Bompiani e Libraccio, mentre negli altri padiglioni molti stand erano vuoti o quasi.
Certo i primi potevano vantare ospiti d’eccezione e incontri con autori e personaggi famosi in grado di catalizzare l’attenzione di un più vasto pubblico, ma negli stand dei marchi piccoli e medi, lontano dalla ressa, si trovava qualcosa di forse ancora più prezioso: editori, redattori e autori con cui potersi fermare e parlare a lungo, approfondire con calma libri, autori e traduzioni, confrontarsi direttamente sull’attualità dell’editoria e sulla vita quotidiana di una casa editrice.
Si scoprono così i graziosi quaderni di Kellermann Editore, i saggi di Jimenez, le delicate traduzioni dall’ungherese di Edizioni Anfora, i romanzi di Minerva e l’entusiasmo di chi al Salone si presenta in proprio per la prima volta, come il pugliese Giacovelli Editore. Anche se, ammette qualcuno, i visitatori pur incuriositi dalle loro chicche poco conosciute poi preferiscono spendere i soldi messi a budget per i best seller delle grandi firme più conosciute.
Ma non per tutti è stato così: People e Triskell, per esempio, riferiscono di aver venduto oltre le previsioni, mentre grande soddisfazione si è sentita forte anche tra gli editori di fumetti e graphic novel.
A conti fatti, comunque, il bilancio di questo Salone del libro è più che positivo e ora tutti non aspettano altro che di tornare a Torino a maggio.