Umano, poco umano. Esercizi spirituali contro l’intelligenza artificiale. La recensione
Mauro Crippa e Giuseppe Girgenti illustrano un percorso spirituale con il saggio Umano, poco umano. Esercizi spirituali contro l’intelligenza artificiale
Umano, poco umano. Esercizi spirituali contro l’intelligenza artificiale. La recensione
“Non dobbiamo temere la sostituzione etnica quanto piuttosto la sostituzione tecnica” e forse è proprio qui il focus dal quale muoversi per invertire la rotta: la tecnica dall’epoca della modernità ai nostri giorni ha assunto un ruolo centrale fino ad alienare la persona e a oggettivarla privandola della sua spiritualità, del suo pensiero; in sostanza, del suo essere ‘umano’.
Con il saggio Umano, poco umano. Esercizi spirituali contro l’intelligenza artificiale, (Piemme, pp. 234, euro 18,90), Mauro Crippa e Giuseppe Girgenti illustrano un percorso spirituale al quale ogni lettore dovrebbe attingervi per scoprire il tesoro che è in ciascuno di noi. “Conoscere sé stesso”, “essere sé stessi”, godere e curare sé stessi, amare, narrare sé stessi, giocare con sé stessi, questi gli esercizi spirituali per giungere alla meta: riscoprire l’essenza. Il vivere. È fondamentale disvelare quell’Io che con il proprio sé hanno smarrito la via e brancolano nel buio a fari spenti.
Gli Autori intendono, visto il drammatico momento storico, illuminarci indicando la via maestra: la spiritualità. Volgere lo sguardo all’anima vuol significare recuperare il valore dell’umano: si pensi a Socrate, Platone, Aristotele, per citarne solo alcuni. Un vademecum su come insegnarci a esercitare la facoltà del pensiero e dell’azione con coerenza e su come costruire la propria identità. Con Giuseppe Girgenti (che ho avuto il piacere di ascoltare in occasione della presentazione del libro nella sede di Confindustria-Lecce, lo scorso 3 aprile) e Mauro Crippa la filosofia così bistrattata sale in cattedra, o almeno sale all’attenzione di alcuni; di contro, tecnica, intelligenza artificiale dovrebbero raffigurarsi soltanto come strumenti da utilizzare in circostanze adeguate e con ragionevole zelo. Appare un paradosso.
L’intelligenza artificiale sembra aver invaso ogni ambito dell’umano: talvolta prende perfino il posto dell’amico, dell’amante, o del compagno/a, ecc., ovvero lo sostituisce e pare inarrestabile questo suo essere predominante tanto da aver oscurato tutto ciò che è di pertinenza dell’uomo. Lodevole l’attenzione che Girgenti e Grippa dedicano alla filosofia, straordinario il richiamo a Socrate, al “conosci te stesso” come punto di partenza degli esercizi spirituali, designati da Ignazio di Loyola, e che «possono offrire un breviario di resistenza all’anima minacciata». La questione è innanzitutto aiutare a comprendere che l’anima oltre a essere minacciata non ha più rilievo nella vita. I simboli dell’esistenza dell’uomo contemporaneo sono le cose, il denaro, l’utilità, ed è per questo che l’intelligenza artificiale ha superato tutto ciò che appartiene al soggetto come se la stessa avesse coscienza.
Ma, la coscienza non appartiene all’uomo? L’originalità del saggio risiede nel consegnare al lettore le due alternative, lumeggiando (con buon senso) la grandezza del Pensiero e la stracciante sconfitta dell’IA. Un match impari quando a salire sul ring sono Socrate, Nietzsche, o Epicuro, o ancora S. Agostino, nonché la magnificente poesia di Virgilio, Dante, Shakespeare, Goethe. Nulla può contro i titani l’IA. Se fosse così evidente tuttavia vivremo in un mondo di uomini, donne, intrisi di umanità consapevoli e responsabili. Già porre in discussione e smontare quelle poche sicurezze che allievi, insegnanti, giovani, adulti possiedono potrebbe risultare eretico. Oggi si grida all’eresia per poco meno, pur di raggiungere gli utili necessari alla sopravvivenza. E allora leggere Umano, poco umano. Esercizi spirituali contro l’intelligenza artificiale è quel farmaco di cui ciascuno ha bisogno per comprendere, comprendersi.
Per riscoprire anche la bellezza della relazione, del corteggiamento, dell’amore. La passione per lo studio, per sé stesso. Difatti, “nella tradizione cristiana degli esercizi spirituali, la lettura quotidiana del Vangelo”, o la lettura dei classici, possono arricchire la propria interiorità, fornire gli strumenti adeguati e assaporare l’autenticità di sé stessi con i propri limiti, le fragilità, con il desiderio di conoscersi, conoscere e approfondire, penetrare nella verticalità per attuare un’adeguata metamorfosi.
E poi, attraverso il pensiero di Seneca si viaggia a vele spiegate: «Senza la filosofia l’anima è malata; e anche il corpo, se pure è in forze, è sano come può esserlo quello di un pazzo o di un forsennato». No, non si tratta di un’apologia alla filosofia, non ne ha bisogno la filosofia, (il pensiero non vive di bisogni), semmai è un incitamento alla vita, a salvaguardare la persona, a invitarla a giocare, creare, ridere e a essere libera. È un sollecito a conquistare il senso autentico della libertà: «Lasciamo quindi che l’IA giochi con sé stessa, in modo tale che impari che non c’è alcuna possibilità di vittoria al di fuori dei propri circuiti».
Detto altrimenti, “per imparare a insegnare” occorre rifarsi ad Aristotele, aprire le pagine dell’Etica Nicomachea, riprendere carta e penna, tornare a soffermarsi sulla “parola”, tessere dialoghi, imparare a comunicare (all’interno della quale le falle si acuiscono in modo sconsiderato). È doveroso riprendere il proprio Io, costruire la propria identità in relazione con l’Altro e imparare a guardare l’altro non con sospetto, come un nemico, (preferendo magari un robot-amico), bensì insegnando a porsi in discussione e a partorire nuove verità accogliendo la vita nella complessità, il valore del tempo, sfidando il destino, e unendo il pensiero alla vita, cosicché ciascun uomo possa costruire la felicità che nessuna “macchina” potrà regalarti, poiché la filosofia è terapia dei mali dell’anima; mentre, ciò che impropriamente viene definita “intelligenza artificiale” ti rende artificiale sottraendoti l’intelligenza. Cosa resta?