Davide Van De Sfroos, 25 anni di poesie in musica: "Io storyteller folk-rock. La musica non è finita con Dylan. Che bravi Tedua e Salmo"
Davide Van De Sfroos racconta 25 anni di carriera. Il quarto posto a Sanremo? "Quando Morandi mi chiamò al Festival ci pensai una settimana. Da piccolo cantavo sul balcone. Per terrorizzarmi mi dicevano 'Ti mandiamo allo Zecchino d'Oro' - L'intervista
Davide Van De Sfroos (foto Lapresse)
Davide Van De Sfroos, 25 anni di poesie in musica
Un 2024 da ricordare per Davide Enrico Bernasconi, in arte Davide Van De Sfroos. Il cantautore brianzolo ha conquistato l’Unipol Forum di Assago (il 23 novembre) con un concerto, uno show che ha segnato il tutto esaurito in cui ha festeggiato i suoi 25 anni di carriera.
Non basta. L'8 novembre 2024 era uscito il triplo album intitolato Van De Best 1999 - 2015, dove ha re-inciso in studio (ri-arrangiando nuovamente la musica) 49 delle sue canzoni più famose.
Aspettando il 2025 dove tornerà sul palco dell’attesissima quarta edizione del Lake Sound Park (sabato 26 luglio 2025) l'uomo che ha reso arte la canzone dialettale, che conquistò un quarto posto nel Sanremo 2011 targato Gianni Morandi (con Yanez), si racconta in questa intervista ad Affaritaliani.it.
Davide Van De Sfroos: "Io storyteller folk-rock. La musica non è finita con Dylan. Che bravi Tedua e Salmo"
Buon 'compleanno' Davide: 25 anni di carriera festeggiati in questo 2024...
"In realtà sono molti di più, però, per quadrare il cerchio, diciamo che sono 25 anni 'significativi'. Poi, se stiamo a guardare, sono aggrappato a un microfono da quando avevo 17 anni e facevo punk. Quindi il... post punk, folk punk e il cantastorie. Meglio, lo storyteller folk-rock. Io credo che il viaggio sia stato molto interessante perché era fuori da ogni mood, moda e trend. Però..."
Però?
"Non è mai scaduto, perché il folk probabilmente è qualcosa presente alla radice. Come il blues, il country, il rock stesso o il reagge per i giamaicani: una musica legata alle etnie. Il fatto poi che io abbia anche scelto un linguaggio che non era convenzionale e che pochissimi usavano, specialmente da questa parte del mondo, ha fatto sì che diventasse anche un albero importante per tutti quelli che volevano sedersi alla sua ombra. Qualcuno queste cose le doveva dire, visto che secondo me sono molto importanti antropologicamente. E la lingua stessa con cui vengono espresse ha una valenza potentissima. Per me era assurdo che nessuno lo avesse già fatto abitualmente. Devo dire che è stato un bel viaggio..."
La cosa più bella che senti di aver comunicato alla gente in questi anni...
"L'emotività, il ritorno alle emozioni apparentemente semplici, ma che poi sono le più complesse dal punto di vista della struttura interiore. Tutte quelle vicende che magari parlano di persone o di mestieri, attitudini, avventure che non sono più del nostro tempo, ma che restano ancora fortemente radicate dentro la memoria e l'emotività di ciascuno. Perché sono simboliche. Perché sono dei totem. E vedere le persone che si commuovono perché canti 'La ninna nanna del contrabbandiere' o 'La figlia del tenente'... che tu sia di città o di paese, del Salento o della provincia di Verona... c'è un'universalità emotiva. Dalla Val d'Aosta alla Sardegna ho avuto persone che hanno comprato dischi e mi hanno trasmesso un feedback di emozione positivo. Questa secondo me è stata la cosa più importante"
Ossia?
"Far capire che c'è ancora un angolo di mondo che non è quello della corsa pazza, della tecnologia sfrenata o della guerra a tutti i costi. Un angolo di mondo dove ci si può rifugiare un attimo come si faceva una volta: con il racconto e la condivisione di alcune emozioni"
La canzone che ti rappresenta di più...
"Difficile. Se prendi la mia raccolta ci sono 49 brani e rappresentano un mosaico di ciò che io sono stato. Anche se non parlano direttamente di me, ci sono persone che mi hanno condizionato, affascinato, che magari erano diversissime da me e sapevano fare cose che io non saprei mai fare. Ma facevano parte del mio mondo, della mia venerazione per determinate sfumature delle cose. E poi trovare una canzone che ti rappresenta, quando le canzoni sono così tante è difficile. Perché comunque sia alcune sono un po' più leggere dal punto di vista dell'ironia, altre più profonde visto che parlano di problemi miei personali o situazioni interiori. Altre le considero degli 'album di famiglia', dentro ci sono personaggi di ogni tipo: dall'ex contrabbandiere, al genesio, il costruttore di motofoscafi, l'Alain Delon de Lenn. Sono tutte persone che fanno parte di quel paese che dalla memoria non è mai andato via"
Sei stato un Geolier ante-litteram a Sanremo. Come ha trovato la sua esibizione?
"Io quella polemica l'ho capita veramente poco. A parte che tantissimi anni fa in Italia c'erano i vari 99 Posse, Sud Sound System, Almamegretta con i loro suoni incredibili: si cantava nei dialetti e nelle lingue del sud tranquillamente e sembrava essere diventata una cosa normalissima. La cosa ancora più bizzarra è che io sono andato a Sanremo a cantare nel dialetto del lago di Como due o tre anni dopo che il regolamento era stato cambiato, perché prima era impossibile: l'unico dialetto che poteva essere portato al Festival era il napoletano, visto che canzoni come 'O sole mio' erano diventate patrimonio mondiale. Oggi salta fuori uno che canta in dialetto napoletano - cosa che si poteva fare anche prima - e viene fuori una gran polemica. Non ho assolutamente capito il senso. Ma poi, secondo voi io potrei scandalizzarmi se uno che fa musica spagnola canta in basco? O un francese che canta in bretone? Un irlandese in gaelico?"
Tornando a Geolier...
"Non vedo il motivo perché sia potuta diventare una polemica. E' una cosa che si può fare"
Comunque ti è piaciuto?
"Sì, lui ha il suo stile. Io poi faccio fatica a correre dietro a tutti. I miei figli ascoltano più Tedua. Altri Salmo... Li sento girare e hanno davvero una poetica metropolitana, personale, con delle rime interessanti. Non tutti sono dei poeti moderni, ma alcuni sì. Si è arrivati a parlare di scuola genovese per tutti i cantautori trap che derivano da quella zona e stanno facendo parlare: vendono, fanno concerti, raccontano cose. Sai qual è la cosa davvero importante?
Dimmi...
"Non nascondersi dietro al silenzio. Poi, qualcuno dirà anche delle cose più superficiali, qualcuno si atteggerà a essere qualcosa che non è, però di base vedo un sottobosco che sta crescendo sempre più. C'è molta lirica interessante"
E della lirica interessante che stai osservando, chi ti piace maggiormente?
"Sicuramente Tedua, lui nei testi va anche a cercare delle cose molto più profonde. Anche Salmo è capacissimo di mutare e non è noioso, perchè può spaccare la barriera e la membrana: un momento può essere più rap/trap, un altro è più simile ai Sex Pistols. E' aperto, versatile. Poi della vecchia scuola Frankie-hi-nrg è stato uno dei grandissimi. Basta prendere un testo a caso dei suoi e si capisce benissimo lo spessore. Aggiungo una cosa però..."
Prego..
"Io non mi trovo assolutamente con quelli della mia età che, sventolando un disco di Bob Dylan o dei Led Zeppelin, dicono che la musica è finita. E che era bello solo una volta. Perché in realtà oggi c'è talmente tanta roba che... non la troviamo: dal grounge al rock, punk, heavy metal estremo... Se le piattaforme streaming come Spotify e via dicendo hanno un pregio è quello di facilitare l'ascolto degli sconosciuti, con i giovani che possono davvero fare delle perlustrazioni sconfinate nella musica. Non soo obbligati, come ai miei tempi, ad andare a comprare il disco o farselo registrare dall'amico. Ora può essere ascoltato in qualsiasi istante. E hanno poi la possibilità di andare ad acquistare quello di cui si innamorano. Questo è un vantaggio".
La morale è che la musica non si ferma mai...
"Esatto. Non possiamo dire che non c'è più niente di buono o che la musica è finita, perché ci sono dei musicisti strepitosi. A volte anche fin troppo preparati tecnicamente, che ti fanno venire il mal di testa. Ma non è morto il punk, né il jazz o il metal. Anzi, è tutto ipertrofico, viene fuori tanta di quella musica. Dovremmo avere quattro orecchie in più per sentirli tutti. Nel momento in cui stiamo parlando c'è qualcuno che sta facendo un disco in casa sua, lo sta buttando fuori e magari è anche di alto livello"
Se tu fossi nato oggi, avresti provato la strada di un talent alla 'X Factor' per provare a fare strada nella musica?
"Credo... non così immediatamente, perché sono arrivato a cantare le mie cose intorno ai 17-18 anni, ma ero fondamentalmente un ragazzo che voleva stare lontano il più possibile da un palco e da un microfono. Era una cosa che non mi apparteneva, l'esibizione pubblica mi intimoriva. Non ero isolazionista, stavo bene con la gente, ma al tempo stesso ero anche un po' solitario e da solo stavo bene. Non sentivo il bisogno di salire sul palco"
Poi invece...
"Quando ho capito che la passione ha battuto la timidezza, ho fatto quello che ho fatto.. Però anche quando Gianni Morandi mi ha propose di andare a Sanremo, ci ho pensato una settimana. A quel punto istintivamente ho capito che era giusto andare. Da piccolo io cantavo sul balcone e quando volevano terrorizzarmi sai cosa mi dicevano?"
Cosa?
"'Ti mandiamo allo Zecchino d'oro'. Era la cosa che mi faceva più paura del mondo, l'idea che io, con altri bambini, dovessi andare all'Antoniano di Bologna, prendere il microfono e cantare in tv"
Quindi tornando a un Davide Van De Sfroos ventenne oggi nel mondo dei talent...
"Non so se la passione sarebbe stata sufficiente a farmi andare a questi programmi, che sono addirittura delle gare, delle roulette russe. Molto belle, affascinanti. Mi piacciono e le ho guardate. Ci sono tanti artisti bravi. Così come non riuscirei a fare il giudice, perché non me la sento, allo stesso tempo non vorrei stare lì ed essere giudicato. Cantare sul balcone o sulla riva del Lago era un conto, dover partecipare a una gara no. Dopo ho capito invece che, se la cose che volevi cantare, se sentivi che erano valide o emotivamente potenti, allora sarebbe stato un suicidio non farle sentire anche agli altri. Non è che puoi nasconderti. Altrimenti decidi di scrivere canzoni per un altro"
Il primo concerto...
"Quando andavo ancora al liceo, con i Potage - un gruppo in cui erano tutti più grandi di me - lì ho fatto uscire una parte di me che non conoscevo ed era molto aggressiva sul palco. Molto libera. E mi sono sentito bene. Lì ho capito"