Multinazionali? No. Immobiliare e Idealista si affidano ai "piccoli" creativi

Tra grandi fusioni, algoritmi e Intelligenza Artificiale, in Italia i migliori spot vengono da creativi che hanno deciso di lasciare le multinazionali

di Pasquale Diaferia
MediaTech

Spot, così immobiliare.it e Idealista hanno detto "no" ai big della pubblicità preferendo due piccole agenzie creative italiane

L’Italia è il paese con la più alta percentuale di proprietari di case: 72,4%, superiore sia alla media europea del 70%, che ai livelli registrati da Francia, Gran Bretagna e Germania (dati Eurostat). Uno stile di vita che ci ha permesso di sviluppare anche una serie di piccoli record su un mercato, che neanche la grande crisi dei subprime del 2008, né quella del post pandemia sono riusciti a frenare: ancora oggi vengono mossi più di 150 milioni di euro di fatturato legato alle transazioni (dati Duff & Phelps Real Estate Advisory Group).

Non è un caso, quindi, se sulle nostre televisioni impazzano gli spot delle società digitali che propongono appartamenti di privati, per la gioia dei responsabili commerciali di Publitalia e Rai Pubblicità. Come raccontava qualche mese fa Sala, AD della concessionaria Mediaset: “Sono proprio gli e-commerce che hanno bisogno della tv generalista per generare awareness e conseguente traffico on line, che per loro significa guadagno”.

La pubblicità che ha coagulato il mercato attorno a immobiliare.it e Idealista, i due maggiori operatori concorrenti, la conoscono tutti a memoria: insieme raggiungono circa 60 milioni di visite mensile sui loro portali, mentre gli altri 8 operatori, tutti insieme, non raggiungono neanche la meta di questa cifra.

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E’ la comunicazione che fa la differenza, sono gli spot in tv che costruiscono queste superiorità: c’è la coppia che prima di visitare l’appartamento stabilisce di non commentare davanti all’agente immobiliare, e poi entrambi svengono estasiati come adolescenti al primo appuntamento; e ci sono Watson e Sherlock che spiegano come sia elementare usare una App per trovare la casa dei propri sogni.

Investimenti milionari in media generalisti che hanno portato alla riconoscibilità massima delle due sigle, che ormai si spartiscono il mercato: la prima con l’arma dell’ironia, obbligata dalle dimensioni contenute del suo budget di comunicazione; la seconda con la presenza e la frequenza del leader che ripete con forza un concetto semplice semplice “immobiliare, Watson”.

E’ la regola, nei grandi scontri di comunicazione è sempre stato così: dai tempi di Avis/Hertz, come di Coca/Pepsi, piuttosto che Apple/IBM, c’è sempre un gigante che usa le risorse finanziarie per lasciare il segno. E c’è lo sfidante che usa altre virtù e stili per cercare la sorpresa.

Quello che è interessante è che, nel caso specifico italiano, non sono le multinazionali a gestire la guerra mediatica. Mentre per i food delivery, piuttosto che per i grandi player del digitale editoriale, le campagne arrivano dall’estero e vengono adattate a Milano dei reparti creativi in lingua italiana, la sfida tra immobiliare.it ed Idealista è gestita tutta da due agenzie italiane, dirette da giovani creativi che hanno scippato un mercato, milionario, solido e maturo, proprio alle multinazionali.

Da una parte ci sono Gibbo e Lori, piccola boutique di due creativi. Di là PicNic, un’altra boutique altrettanto qualificata. Entrambi i fondatori sono ex Young & Rubicam, agenzia del colosso WPP, che oggi, dopo fusioni e accorpamenti, ha un nuovo nome anonimo da nuovo millennio.

Ragazzi semplici e colti, facce giovani e determinate, anche se di generazioni diverse, si sono formati sulla identica cultura della comunicazione di gusto nazionale e visione globale: tengono in scacco grandi sigle sempre più impiegatizie, nascoste dietro ad acronimi sempre più incomprensibili.

Rappresentano forse la vera tendenza del movimento creativo nazionale, gli unici che riescono a sposare creatività, fatturato e grandi marche, battendo le multinazionali del dumping. Forse anche la loro visione può aiutare chi si muove in questo mercato tempestoso e confuso, e soprattutto i giovani che vogliono cominciare a fare questo mestiere creativo in modo serio e innovativo.

Niccolò Brioschi è il fondatore e direttore creativo di PicNic, l’agenzia che ha costruito l’identità di “Immobiliare, Watson”, il re delle ricerche, e nel corso di questi ultimi anni l’ha portata alla leadership del suo settore.

Giovanbattista Oneto, con la socia Lorena Cascino è il fondatore dell’agenzia, Gibbo&Lori: da sei anni ha scritto alcuni degli spot che più hanno caratterizzato la scena pubblicitaria nazionale, ed hanno attratto gli spettatori della tv.

Ad entrambi abbiamo fatto le due stesse domande. Cominciano dalla prima: Come mai clienti così importanti e pop hanno preferito lavorare con un’agenzia di persone e non una sigla roboante?

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Brioschi: “Immobiliare.it è il classico caso di lavoro con gli imprenditori e il loro team: sono molto presenti e si lavora insieme. L’imprenditore lavora più volentieri con gli imprenditori, pensa che i manager sono bravi, ma non sai mai se ti portano risultati, se ci saranno fra un anno: saranno andati via o, peggio, saranno licenziati.

PicNic invece offre agli imprenditori Creatività orientata al risultato. Io lavoro in prima persona, ci metto la faccia e questa è la differenza.”

Oneto: “Idealista è arrivata come start up. Loro non volevano realtà troppo grande e impersonale. Cercavano qualcuno con cui crescere. Hanno visto in noi la voglia di vincere la scommessa, e sono andati d’istinto. Una scelta tra persone e persone, guardandosi negli occhi.”

Ottimo viatico per la seconda domanda: “Come mai avete deciso di trovare fuori dal grande network (in questo caso Young & Rubicam/WPP) l’urgenza di esprimervi professionalmente?”

Brioschi: “Ho preferito lavorare in un gruppo di pochi creativi, ma scelti uno per uno, con cui condividevamo visione e stile. Insisto, ci lavoro in prima persona, c’è il mio nome fuori dalla porta, i successi del cliente sono i successi miei e dei miei ragazzi”.

Oneto: “Avevamo perso entusiasmo. Ci piaceva la multinazionale ma non avevamo più l’energia che ci guidava all’inizio. Ci siamo detti, con la mia socia: ‘o cambiamo modo di lavorare o cambiamo proprio lavoro’. Continuiamo a fare il nostro mestiere, con le nostre regole. La verità è che non siamo tagliati per qual tipo di carriera multinazionale. Li l’unica preoccupazione è salire nell’organigramma. A noi non interessava, avevamo l’urgenza di i fare cose belle, uniche, che fossero nostre”.

Da queste parole, e dai lavori che queste agenzie giovani e rivoluzionarie hanno messo in onda, può ripartire un movimento creativo nuovo, italiano, fuori dagli schemi finanziari e elefantiaci dei grandi gruppi che continuano a considerare centrale la tecnologia e solo una commodity la creatività.

Niccolò, come Gibo e pochi altri Copy ed art, dimostrano invece che il vero motore della pubblicità sono ancora quegli ostinati, talentosi e indipendenti creativi.  E che la Casa del business sarà sempre la stessa delle Idee. Vediamo chi vince, tra Creatività ed Algoritmi.

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