Rai, il boicottaggio dello sciopero: "Andate in onda costi quel che costi"

Le manovre dei vertici di Viale Mazzini: "Annullati i riposi". Così l'iniziativa del sindacato di sinistra si è trasformata in un flop. Retroscena

di Redazione Mediatech
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Giampaolo Rossi
MediaTech

Rai, lo scontro tra i sindacati di sinistra e di destra. Così si è passati dallo sciopero alla farsa

Lo sciopero dei giornalisti della Rai si è rivelato un flop. L'iniziativa dell'Usigrai di protestare contro la "censura" non ha avuto l'effetto sperato. Il motivo è da ricercare nel "boicottaggio" effettuato dal neo sindacato più vicino al governo Meloni, l'Unirai. "Dovete andare in onda, costi quel che costi". Questo - secondo quanto risulta a Repubblica - è stato l’ordine partito dal settimo piano di Viale Mazzini. Per più di una settimana i direttori della testata ammiraglia Gian Marco Chiocci e di quella cadetta Antonio Preziosi, insieme a Paolo Petrecca di Rainews24, compulsano gli elenchi delle presenze, contattano i colleghi per carpirne le intenzioni, spostano e programmato i turni.

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L’Unirai - prosegue Repubblica - ha chiamato a raccolta le truppe per essere "tutti operativi lunedì 6 maggio. Chi per sbaglio si ritrova di riposo chieda di cambiare", il suggerimento contenuto nell’avviso spedito sabato per colmare i vuoti. "Bisogna essere presenti per coprire tutto il territorio nazionale qualsiasi cosa accada, anche per i Tg nazionali che andranno regolarmente in onda". Così alla fine, Tg1 e Tg2 vanno in onda, seppur in forma ridotta, e i telespettatori quasi neanche si accorgono della protesta, nonostante abbia coinvolto la stragrande maggioranza dei giornalisti. I direttori "meloniani" hanno fatto scudo e l'iniziativa del sindacato di sinistra si è rivelata un flop. "È l’alba di un giorno nuovo”, scrivono sui social i membri del sindacato di destra.