Stupro Palermo, Gruber: "Colpa dei porno". E accusa la categoria "gang bang"

La conduttrice di La7 punta il dito contro i porno accusandoli di rendere i ragazzi violenti. E, con insospettata sapienza, accusa una categoria in particolare

Di Giuseppe Vatinno
MediaTech

Stupro di Palermo, Lilli la Rossa accusa i porno e la categoria "gang bang"

Dopo i gravi fatti dello stupro di Palermo non poteva mancare il solito sciorinamento di “dotti, medici e sapienti” – come direbbe Edoardo Bennato - nella migliore tradizione radical-chic. E così anche Lilli Gruber ha sentito il bisogno di esternare – e fin qui nulla di male - ma con motivazioni bizzarre e “cure” da regime.

Infatti sul nuovo numero di “7”, il rotocalco settimanale del Corriere della Sera uscito ieri - Lilli la Rossa ha esplicitato la sua cogitata: la colpa di quanto successo alla povera ragazza siciliana sarebbe nientepopodimeno che dei siti pornografici su Internet che incitano i ragazzi alla violenza. Il titolo dell’articolo è eloquente: “Come e dove combattere la violenza sulle donne? Sui siti pornografici”. Il ragionamento non fa una grinza. Nel caso in questione la Gruber – manifestando una insospettata sapienza - ci dice che il genere ispiratore si chiama “gang bang”.

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Spinti dalla curiosità abbiamo interrogato l’Oracolo dei tempi moderni - e cioè Wikipedia - che così si esprime: “Una gang bang (ammucchiata, detta anche grigliata) è una pratica sessuale in cui un soggetto, di sesso maschile o femminile, volge attività sessuali con una moltitudine di partner, non necessariamente del sesso opposto. Si differenzia dall'orgia, ovvero dal sesso di gruppo di cui costituisce una variante, perché in questo caso la relazione è uno a molti, nel senso che il soggetto protagonista della gang bang è al centro dell'attenzione di tutti gli altri partecipanti”.

Sempre questa fonte sapienziale ci chiarisce – per i più curiosi - anche l’etimologia: “La parola gang bang è un neologismo segnalato nei dizionari al partire dal 1953, prima di questa data veniva utilizzato il termine gang-shag che è segnalato dal 1927 e significa letteralmente "banda/cricca del sesso". Il termine gang bang è un neologismo che significa letteralmente ‘banda/cricca dello sbattere’”. Per la Gruber il porno sdogana in maniera subdola la violenza e l’oggettivizzazione del corpo femminile (ma quello maschile, nel caso, no?).

Una posizione da beghina dei primi del Novecento, da antiproibizionista d’antan che vede nel vietare la rappresentazione immaginifica, cioè artistica e cinematografica, la soluzione a tutti i mali del mondo. Si è visto infatti cosa è successo in America ai tempi del proibizionismo sull’alcol e cosa accade ancora nei tempi moderni sulla droga. Se si dovesse seguire il pensiero della Gruber, allora dovremmo vietare ogni film che parla del lato oscuro dell’umanità a cominciare dai film di guerra o ai gialli ai polizieschi. Ma non solo. Per la rossa altoatesina la Tv e il cinema dovrebbero mostrare solo cartoni animati di Heidi. Con immagini di monti innevati e valli alpine.

Insomma la Gruber invoca la famigerata censura che nel secolo scorso colpiva veri capolavori come “Arancia Meccanica” (1971) di Stanley Kubrick o antecedenti rinomati come “Scarface” (1932) (non il rifacimento diretto da Brian De Palma e con Al Pacino del 1983), diretto da Howard Hawks e Richard Rosson che parla di Al Capone, “Il mio corpo ti scalderà” (1943) diretto da Howard Hughes e per passare a tempi più recenti, “Blow-Up” (1966) diretto da Michelangelo Antonioni, Palma d’Oro al Festival di Cannes. C’è poi il caso di “Ultimo tango a Parigi” (1972) diretto da Bernardo Bertolucci con Marlon Brando e la famosa scena del burro anale, “Salò o le 120 giornate di Sodoma” (1975) di Pier Paolo Pasolini, con scene di coprofagia, che è uscito in DVD solo nel 2003, per dare un’idea.

La mannaia della censura norvegese si abbatté – per motivi religiosi - anche su film comici, come l’irresistibile “Brian di Nazareth” (1979) dei Monty Python, e anche gli imperatori romani nel film “Io, Caligola” (1979) di Tinto Brass sono stati impallinati. L’elenco è lunghissimo e segnaliamo il sito “nonsolofilm” per un elenco esaustivo. Certo i siti porno non sono – in genere - film d’autore ma quello che la “censora” dimentica è che gli attori e le attrici sono uomini e donne adulti pienamente consenzienti che – oltretutto - traggono guadagno da questo lavoro. E questo porta alla pruderie della Legge Merlin del 1958 che abolì le “case chiuse” gettando letteralmente in mezzo alla strada migliaia di donne ed esponendole alla violenza e alle malattie, insieme ai loro clienti.

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