Telegram, non indaga solo Parigi ma anche l'Ue. Nel mirino il trucco di sottostimare gli utenti

La rivelazione del Financial Times: "L'Ue sta indagando su Telegram per possibili violazioni del Digital Services Act". I dettagli

di Redazione Mediatech

Pavel Durov

MediaTech

Caso Telegram, scatta la seconda indagine. Ora può succedere davvero di tutto

Il caso Telegram rischia di esplodere a tutti i livelli, qui non si tratta più di un problema personale di Pavel Durov, il fondatore della piattaforma di messaggistica russo arrestato a Parigi e poi rilasciato su cauzione per 5 milioni di euro. Sulla vicenda di Telegram, infatti, starebbe indagando anche l'Unione europea. Durov - riporta Il Fatto Quotidiano - è stretto tra due fuochi. Da una parte, le inchieste francesi che lo accusano di essere complice dei reati commessi su Telegram. Dall’altra, l’indagine della Commissione europea sulla presunta violazione, da parte della piattaforma, delle regole digitali europee, stabilite dal Digital Services Act (Dsa). A riportare la notizia è la prima pagina del Financial Times: i funzionari sospettano che i 41 milioni di utenti dichiarati da Telegram in Europa siano stati volontariamente sottostimati per evitare di superare la soglia per una supervisione più severa fissata dall'Ue a 45 milioni di utenti.

Leggi anche: Caso Telegram, la minaccia: "Le Big Tech potrebbero lasciare l'Europa". L'arresto di Durov ha creato un precedente

L’indagine Ue - prosegue Il Fatto - si aggiunge a quella francese che ha portato all’arresto di Durov a Parigi, la sera del 24 agosto. Dopo quattro giorni di fermo e dopo le contestazioni del capo di imputazione, Durov è in libertà condizionata: gli è stato ordinato di pagare una cauzione di cinque milioni di euro e di presentarsi in una stazione di polizia due volte alla settimana. L’indagato non può lasciare la Francia in attesa del processo. Sull'inchiesta della Commissione Ue emergono ulteriori dettagli. "Abbiamo un modo, attraverso i nostri sistemi, per determinare quanto siano accurati i dati degli utenti", ha spiegato Thomas Regnier, portavoce della Commissione per le questioni digitali. "E se pensiamo che qualcuno non abbia fornito dati accurati sugli utenti, possiamo assegnarli noi unilateralmente sulla base della nostra stessa indagine". Ballano diversi milioni, non si tratta di piccole cifre, tra gli utenti dichiarati e quelli "reali" secondo la Ue.

Tags:
pavel durovtelegram