Vendita Agi, spunta Mondadori. Eni: "La trattativa in corso non è esclusiva"
Per la prima volta l'azienda ammette il negoziato con Angelucci. I giornalisti sono al quinto giorno di sciopero, il Pd: "Intervenga la Commissione Ue"
Vendita Agi, l'ammissione di Eni e i nuovi scenari: può cambiare tutto
Era prevedibile che la vendita dell'Agi, la seconda agenzia di stampa italiana di proprietà dell'Eni, società controllata dallo Stato, ad Antonio Angelucci, figura chiave delle cliniche private e proprietario di tre giornali di destra oltre che deputato della Lega, non passasse inosservata. Il fatto che l'imprenditore sia parte dell'entourage di Matteo Salvini non è così determinante: in passato è stato eletto in Parlamento con Forza Italia, poi ha aderito alla Lega quando questa è apparsa più solida, e ora sembra allineato con le posizioni di Giorgia Meloni all'interno del variegato panorama della destra italiana. Questo è riportato da La Stampa.
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L'operazione politicamente spregiudicata, coinvolgente diverse sfere politiche, il governo, il Ministero dell'Economia, Palazzo Chigi, una concentrazione editoriale così marcata e la più importante multinazionale partecipata d'Italia, con interessi geopolitici globali, non poteva non suscitare reazioni. I giornalisti dell'Agi sono in sciopero da cinque giorni e oggi si sono riuniti per una manifestazione davanti al Pantheon insieme alle associazioni di categoria - Fnsi, Stampa Romana, Asp - e ai partiti di opposizione che da settimane chiedono di fermare l'acquisizione. Queste reazioni hanno costretto l'Eni a rompere il silenzio. L'azienda ha rilasciato una dichiarazione informale, in forma anonima, attraverso Reuters, tramite un portavoce che ha confermato di essere impegnata in un dialogo "preliminare e non esclusivo" con l'Agi ma è pronta a valutare "qualsiasi altra manifestazione di interesse che possa emergere da altri soggetti in questo momento".
Nella stessa comunicazione, si fa riferimento ad Angelucci ma si menziona anche Mondadori come possibile alternativa. Questa era un'ipotesi circolante da giorni che non ha ricevuto né conferme né smentite. Tuttavia, è interessante notare una coincidenza: per la prima volta l'Eni si espone pubblicamente, e contemporaneamente emerge l'ipotesi di coinvolgimento di un gruppo editoriale legato a Marina Berlusconi, erede del fondatore di Forza Italia, che attualmente sostiene il terzo partito che, insieme a Fratelli d'Italia e alla Lega, costituisce la maggioranza di governo. Inoltre, i Berlusconi - in questo caso lo zio Paolo, fratello di Silvio - sono coinvolti negli affari con Angelucci, avendo venduto a lui il controllo de Il Giornale, ma mantenendo una quota minoritaria. In sintesi: se entrambe le manifestazioni di interesse fossero confermate, l'Agi potrebbe finire nelle mani di un deputato della Lega simpatizzante di Meloni, oppure di un gruppo che ancora mantiene legami con Forza Italia. Entrambi gli scenari rimarrebbero all'interno della coalizione di centro-destra e, in entrambi i casi, con poche preoccupazioni per i conflitti d'interesse.
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La mossa di ieri dell'Eni arriva a meno di una settimana dall'intervento del ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti che, pur scaricando il Ministero dall'onere della vendita, ha ribadito la necessità di "soddisfare i requisiti di trasparenza" e massimizzare il valore economico della possibile cessione. Questo ha rafforzato i dubbi, soprattutto nel Partito Democratico, su un'operazione che non dovrebbe sembrare una svendita sottobanco, specialmente se complicata da un coinvolgimento politico diretto del governo. La questione ha ottenuto rilevanza internazionale e ieri è stata portata all'attenzione dell'Europa con una lettera inviata dalla delegazione degli eurodeputati del Pd alla commissaria europea ai Valori e alla Trasparenza Vera Jourová.
Non è impensabile che l'Eni abbia agito di conseguenza per cercare di smentire le voci su trattative sotterranee, tramite la mediazione di Mario Sechi, ex direttore dell'Agi, ex portavoce di Meloni e attuale direttore di Libero, un altro quotidiano di proprietà Angelucci. Il settore dell'editoria è notoriamente difficile, con margini di profitto ridotti, ma ciò non scoraggia gli interessi dell'imprenditore. Tra i suoi obiettivi ci sono anche altri giornali e, secondo varie fonti, è in corso un confronto con la famiglia Rifeser, proprietaria del gruppo Qn (La Nazione, Il Giorno, Il Resto del Carlino), anche se ci sarebbero ancora delle divergenze sulle condizioni dell'offerta.
Inoltre, alcuni giorni fa Il Giornale d'Italia, sito affiliato a Francesco Storace, un'altra figura che naviga tra politica e giornalismo (ex governatore della Regione Lazio, ex ministro della Salute, sempre in stretto rapporto con il passato fascista), ha riportato un interesse di Angelucci per La Dire, l'agenzia fondata dall'ex portavoce di Enrico Berlinguer e ora proprietà di Stefano Valori, imprenditore vicino alla destra che durante le festività natalizie ha licenziato 15 giornalisti e, il 31 dicembre, ha mandato una lettera invitando altri 17 a non presentarsi al lavoro dal 1º gennaio, senza averli pagati.
REPLICA AD ARTICOLI SULLA CESSIONE DELLE TESTATE MONRIF
Monrif SpA ha letto con stupore il contenuto degli articoli pubblicati recentemente sulle testate “Prima Comunicazione” e “La Stampa” nei quali si riferisce che la società sarebbe in procinto di cedere i quotidiani storici del proprio Gruppo. Tali affermazioni sono prive di ogni fondamento, non essendo in essere alcuna trattativa, negoziazione o contatto per la vendita di testate del Gruppo.
Si invitano gli autori dei menzionati articoli a verificare in futuro con maggiore attenzione i fatti di cui danno notizia, specie se attinenti a società parti di un gruppo quotato, al fine di non ingenerare voci infondate e speculazioni.