Contenere la mobilità sanitaria in oncologia si può. Nonostante la pandemia

Assegnati i riconoscimenti dei Cancer Policy Award. "Si deve fare networking"

Medicina
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Reti multidisciplinari intra ed extra-regionali attivate dagli stessi clinici, grazie alle quali i pazienti hanno evitato spostamenti inutili e assunto la consapevolezza delle eccellenze presenti nella propria Regione. L’apporto fondamentale di telemedicina e teleconsulti, che hanno consentito ai pazienti di continuare le cure a casa propria riducendo al minimo gli spostamenti e di poter ricevere, quando necessaria, una second opinion. La carta vincente della consegna di farmaci oncologici a domicilio o nelle farmacie e nei centri ospedalieri più prossimi, modalità estremamente utile, in particolare per i trattamenti a somministrazione orale e per pazienti che non hanno bisogno di sottoporsi frequentemente a visite per monitorare la situazione o che possono eseguire esami a domicilio comunicandone gli esiti telematicamente.

Tutti supporti senza i quali sarebbe stato difficile, se non impossibile, gestire l’assistenza sul territorio ai pazienti oncologici e oncoematologici durante i mesi ‘caldi’ dell’emergenza Covid, tenendo il più possibile al sicuro dal rischio contagio le persone che convivono con un tumore e soprattutto calmierando la migrazione sanitaria che normalmente interessa 1 paziente su 10.

Proprio per questo, suggeriscono le Associazioni di pazienti, i clinici e i rappresentanti istituzionali, le lezioni apprese durante la pandemia non vanno dimenticate ma anzi vanno adottate, potenziate e implementate anche per il futuro.

La lezione della pandemia 

È quanto emerge dal racconto delle buone pratiche messe in atto durante la pandemia per contrastare la migrazione sanitaria in oncologia raccolte dal gruppo di Associazioni pazienti “La salute: un bene da difendere, un diritto da promuovere” e discusse nel corso dell’8° Forum istituzionale annuale del gruppo, evento di riferimento a livello nazionale per la valutazione e il dibattito sulle politiche sanitarie in ambito oncologico, che si è svolto oggi a Roma in modalità ‘ibrida’.

«Il tema della migrazione sanitaria in oncologia, sul quale da sempre è impegnato il nostro Gruppo – spiega Annamaria Mancuso, Presidente Salute Donna Onlus e coordinatrice del gruppo “La salute: un bene da difendere, un diritto da promuovere” – in questo momento storico è particolarmente rilevante, anche perché l’emergenza Covid purtroppo non è ancora archiviata e la fragilità dei pazienti oncologici e oncoematologici non deve essere sottovalutata. Inoltre, questo tema è strettamente correlato alla medicina del territorio, che se implementata a dovere consentirebbe di ridurre al minimo gli spostamenti. La ricerca qualitativa che presentiamo oggi ha coinvolto Associazioni del gruppo, membri della Commissione tecnico-scientifica e Istituzioni per mettere in luce le “pratiche virtuose” che sono state attuate durante la pandemia e che hanno consentito ai pazienti di non spostarsi ed essere curati a domicilio o nei centri prossimi alla residenza. Lo scopo è quello di favorire la messa in atto strutturale e organizzata di queste buone pratiche per comprimere il fenomeno della migrazione sanitaria e valorizzare al massimo le eccellenze sanitarie regionali. Abbiamo capito che digitalizzare il sistema sanitario è necessario e urgente, così come, appunto, potenziare la medicina territoriale».

Tuttavia, se telemedicina, teleconsulto, cartella sanitaria digitale, invio di referti e comunicazione di esiti online sono considerati strategici, lo strumento informatico va sempre “mediato” dall’intervento dello specialista – emerge dalla ricerca qualitativa – perché una diagnosi di tumore ricevuta via mail senza alcun supporto di tipo clinico e psicologico può avere pesanti ripercussioni sul paziente, o perché è essenziale nel caso di pazienti in trattamento monitorare che non ci siano controindicazioni nella somministrazione dei farmaci. Come sottolineano gli esperti, bisogna sempre ricordare che la medicina implica un rapporto fisico, empatico, tra medico e paziente che non può essere sostituito dalla tecnologia.

Il numero dei pazienti con tumore è in aumento, ci dicono i dati, così come aumenta la sopravvivenza media e crescono quindi i bisogni da soddisfare: in questo senso un punto cardine, secondo pazienti e medici è l’attivazione delle reti oncologiche sull’intero territorio nazionale, non ancora implementate in tutte le Regioni. E una soluzione efficace potrebbe essere anche quella di creare dei Centri di orientamento oncologico in ogni Regione.

Il ruolo delle associazioni

Anche le Associazioni hanno fatto la loro parte durante l’emergenza pandemica mettendo in atto diverse iniziative. C’è chi ha attivato piattaforme online per dare supporto ai pazienti che necessitavano di un consulto con uno specialista, il quale se necessario metteva i pazienti in contatto con i medici di riferimento evitando loro di recarsi in ospedale. Chi ha organizzato, insieme alle Aziende, i servizi di consegna a domicilio dei farmaci. E chi ha avviato un servizio di prelievi domiciliari per favorire pazienti in cura con chemioterapia o immunoterapia che non potevano recarsi presso le strutture sanitarie a causa degli accessi contingentati e della paura generata dalla diffusione del virus stesso. 

Dalla ricerca qualitativa emergono dunque una serie di soluzioni obbligate durante i mesi di lockdown ma che devono ora essere istituzionalizzate e messe a regime per contribuire a migliorare l’assistenza sul territorio e arginare il fenomeno della migrazione sanitaria dei pazienti oncologici e oncoematologici.

Procede quindi in questa direzione il lavoro del Gruppo “La salute: un bene da difendere, un diritto da promuovere”, che fin dal 2014 fa leva sul dialogo diretto con le Istituzioni, sulla base di un Accordo di Legislatura siglato con tutte le forze politiche e attraverso il forte impegno dei membri dell’Intergruppo parlamentare “Insieme per un impegno contro il cancro”.

Il rilevante impegno delle Istituzioni nazionali e regionali per tutelare i diritti e la presa in carico dei pazienti con tumore, anche in questi mesi di pandemia, è stato premiato nella terza edizione del Cancer Policy Award, riconoscimento onorario assegnato ai politici che hanno interpretato e tradotto in Atti a livello nazionale e regionale i punti qualificanti dell’Accordo di Legislatura sottoscritto dalle Associazioni dei pazienti con le Istituzioni. I riconoscimenti sono stati conferiti oggi, nel corso del Forum istituzionale, dalle Associazioni e da una Giuria tecnico-scientifica.

Il parere degli esperti

Filippo de Braud, Ordinario di Oncologia Medica, Direttore Scuola di Specialità in Oncologia Medica Università di Milano, Direttore Dipartimento Oncologia e Ematoncologia Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori Milano

 

«La leva sulla quale agire è il miglioramento del “networking”. Ovviamente è necessario un impegno politico che abbia l’obiettivo di garantire un’omogeneità di approccio alle cure tra le Regioni, con linee guida comuni, regole di sistema omogenee, quali ad esempio la gestione del sistema liste di attesa e delle priorità per patologie e della disponibilità dei farmaci ad alto costo. Se si istaurasse tutto questo sarebbe facile gestire in maniera efficace la migrazione dei pazienti sia intra che extra regione. Essenziale poi che le reti oncologiche siano attivate sull’intero territorio nazionale e messe realmente in connessione tra loro.».

 

Marco Vignetti, Presidente Fondazione GIMEMA Franco Mandelli Onlus, Ricercatore Ematologia Sapienza Università di Roma, Vicepresidente AIL Nazionale

«È indispensabile attivare una infrastruttura informatica analoga a quella già in uso in molti altri campi. Esistono applicativi, come il fascicolo sanitario elettronico, di cui abbiamo potuto prendere conoscenza proprio grazie alla pandemia per la efficienza e rapidità con cui è stato gestito il green pass, già sviluppati. Si tratterebbe di fare lo sforzo di governare la pletora di sistemi sviluppati all’interno di singoli reparti, ospedali, città, regioni per surrogare, appunto, la mancanza di una infrastruttura nazionale istituzionale, avviando l’impiego del fascicolo sanitario elettronico, che consente, tra l’altro, non solo la comunicazione e condivisione tra medico e paziente, ma anche tra medico del territorio e specialista, con il paziente al centro, evitando al paziente la necessità di essere lui a far da coordinatore tra le diverse figure sanitarie di cui ha bisogno».

 

Francesca Catalano, Direttore UOC multidisciplinare di senologia Ospedale Cannizzaro Catania e Coordinatore Commissione Rete senologica oncologica, Assessorato alla Salute, Regione Sicilia

«Da quando esiste la rete senologica e la rete oncologica della Regione siciliana abbiamo abbassato di molto il fenomeno della migrazione sanitaria. Ma c’è ancora molto da fare: far conoscere ad esempio a tutti i cittadini ed in maniera capillare ogni singola struttura sanitaria che eroga prestazioni di alto livello e conformi ai PDTA.

Sicuramente la possibilità di fare rete con altre regioni d’Italia e con i colleghi, ognuno nel proprio specifico campo e attraverso una piattaforma condivisa, snellirebbe le procedure amministrative che tolgono troppo tempo al lavoro prettamente medico. Penso ad esempio ai tumori rari da trattare nei centri di riferimento, o alle terapie complementari sperimentali che solo alcuni centri possono erogare».

 

Pierpaolo Correale, Direttore UOC di Oncologia, Grande Ospedale Metropolitano Bianchi Melacrino Morelli Reggio Calabria 

«Per arginare a livello strutturale il fenomeno della migrazione sanitaria sarebbe fondamentale consolidare il percorso di collaborazione - e di qualità - perché il paziente deve poter scegliere liberamente dove curarsi avendo tutte le opportunità di cura a disposizione. Questo in Calabria si traduce nel poter fare affidamento su una governance adatta. Per quanto riguarda le prospettive di digitalizzazione dei sistemi sanitari, ovviamente la collaborazione a distanza può solo beneficiare del miglioramento dei sistemi digitali. Bisogna però creare piattaforme condivise e dialoganti sull’intero territorio nazionale. E da questo punto di vista c’è ancora molto da fare».