Il ritardo dello sviluppo del linguaggio del bambino

I consigli delle logopediste Tamagnone e Chiadò Piat di Villa Ida, Korian

Medicina

La Logopedia si occupa di favorire lo sviluppo dei prerequisiti del linguaggio e di potenziare e riabilitare la comprensione e produzione del linguaggio su vari livelli, al fine di promuovere al meglio le abilità comunicativo-relazionali del bambino.  

Quando si parla di ritardo del linguaggio si indica un insieme di difficoltà specifiche che compromettono la capacità linguistica del bambino. Nonostante sia molto frequente nell’età evolutiva, nella maggior parte dei casi può rappresentare solo una fase transitoria che si risolve nel giro di qualche anno, con gli opportuni accorgimenti. Se 36 mesi un bambino presenta difficoltà di comprensione e/o nella produzione del linguaggio, è consigliabile indagarne le possibili cause, attraverso una valutazione logopedica completa degli aspetti comunicativi e linguistici e, se necessario, approfondendo con una visita Neuropsichiatrica Infantile (NPI) e con una visita Otorinolaringoiatrica (se necessario escludere problemi uditivi). È molto importante intervenire precocemente ed evitare che un semplice ritardo si trasformi poi in un disturbo più difficile da correggere e che potrebbe condizionare l’apprendimento, le relazioni sociali e talvolta diventare causa di disagio psicologico per il bambino.

Presso l’ambulatorio della Casa di Cura Villa Ida Korian a Lanzo Torinese è possibile effettuare trattamenti logopedici personalizzati sulla base delle difficoltà del bambino, comprendenti di anamnesi e incontro conoscitivo con la famiglia, test standardizzati per la valutazione delle abilità socio-comunicativo-linguistiche, stesura della relazione clinica ed eventuale piano di lavoro personalizzato, creazione di una rete interdisciplinare con la scuola, la famiglia e le altre figure professionali.


Quali sono le fasi evolutive del linguaggio?

“Ci sono specifiche tappe del linguaggio che ogni bambino attraversa e che si possono prendere come spunto per individuare un probabile ritardo nello sviluppo del linguaggio. Conoscere le fasi evolutive del linguaggio permette di scorgere i campanelli d’allarme per riconoscere un ritardo o un disturbo specifico nello sviluppo dello stesso”. Ha dichiarato la dottoressa Dott.ssa Marta Tamagnone, logopedista presso la Casa di Cura Villa Ida Korian. “In condizioni normali, un bambino attraversa le seguenti fasi: la lallazione (il bambino a circa 6/7 mesi comincia a produrre suoni ripetitivi di vocali e di consonanti. Sono i suoi primi fonemi che lo divertono e lo stimolano a continuare nella vocalizzazione); la comunicazione gestuale intenzionale (verso i 9-12 mesi il bambino impara a indicare, mostrare e dare. Sono i primi comportamenti che il bambino produce per raggiungere un obiettivo o soddisfare uno scopo e costituiscono la base per lo sviluppo delle abilità comunicative più complesse); la comunicazione verbale intenzionale (verso i 9-12 mesi cresce la capacità di interagire con le altre persone. Il piccolo cerca di comunicare le sue richieste o i suoi bisogni e si sentono per la prima volta anche le parole mamma e papà); le prime parole (a partire dai 12 mesi, il bambino esprime le sue prime parole e il suo vocabolario diventa sempre più ricco con il passare del tempo. Aumenta anche la sua capacità espressiva sia verbale che non verbale); l’ampliamento del vocabolario (dai 12 ai 24 mesi, i bambini arrivano a conoscere ed utilizzare anche più di un centinaio di termini, che apprendono dalle proposte fatte dai genitori, dagli scambi relazionali e dall’ambiente che li circonda) e la capacità di formare frasi complete (dai 24 ai 36 mesi, la capacità linguistica del bambino si è sviluppata e gli consente di articolare delle frasi di senso compiuto. Il bambino che giunge ai 3 anni possiede una capacità di linguaggio espressiva e ricca di vocaboli. Dialoga con gli altri, fa delle domande e parla correttamente con frasi sempre più lunghe)”.

Cosa sono i ritardi di linguaggio?

“I bambini tra i 18 e i 36 mesi possono presentare un ritardo nella prima comparsa del linguaggio, un ritmo di sviluppo lento e prestazioni simili a quelle dei bambini più piccoli.  Questi bambini sono chiamati “parlatori tardivi”. Alcuni di essi recuperano entro i 3 anni (late bloomers), mentre in altri casi i disturbi possono evolvere in Disturbi Specifici di Linguaggio”. Ha dichiarato la dottoressa Dott.ssa Marta Tamagnone, logopedista presso la Casa di Cura Villa Ida Korian.

Cosa sono i disturbi specifici di linguaggio?

“Da definizione, i Disturbi Specifici di Linguaggio (o Disturbi Primari di Linguaggio) rappresentano un insieme eterogeneo di disordini e difficoltà in uno o più ambiti dello sviluppo linguistico in assenza di deficit cognitivi, sensoriali, motori, affettivi e di importanti carenze socio-ambientali (Cipriani e Chilosi, 1995). La prevalenza dei Disturbi Primari di Linguaggio in età prescolare è posta da numerosi autori intorno al 6-8%, mentre in età scolare tale prevalenza scende fino all’1-2%. È importante valutare precocemente se il linguaggio presenta uno sviluppo tipico o atipico in quanto un Disturbo Primario di Linguaggio può evolvere in un disturbo di apprendimento della lettura, scrittura e/o calcolo nei primi anni scolastici”. Ha dichiarato la dottoressa Dott.ssa Marta Tamagnone, logopedista presso la Casa di Cura Villa Ida Korian.

Quali sono gli aspetti su cui i genitori devono stare attenti?

“Tra gli aspetti ai quali i genitori devo prestare attenzione ci sono la familiarità per ritardo o disturbo di linguaggio; otiti ricorrenti e fluttuanti tra il primo e il secondo anno di vita; l’assenza della lallazione (ripetizione di due o più sillabe) fino ai 10 mesi, o una produzione scarsa e indifferenziata; l’assenza di utilizzazione dei gesti per comunicare a 12-14 mesi; un vocabolario inferiore alle 50 parole intorno ai 24 mesi; l’assenza di combinazione di almeno due parole ai 36 mesi; l’assenza o la ridotta presenza del gioco simbolico a 24-30 mesi e la produzione di frasi con meno di 3 parole ai 38 mesi”. Continua la dottoressa Martina Chiadò Piat, logopedista presso la Casa di Cura Villa Ida Korian.

Cosa deve fare o non deve fare un genitore quando non capisce il bambino quando parla?

“Un genitore deve sicuramente accogliere il bambino per farlo sentire compreso e ascoltato, incentivarlo a comunicare e concedergli i giusti spazi comunicativi. Inoltre, i genitori sono un modello per i figli; pertanto, è bene parlare lentamente utilizzando termini semplici e frasi non troppo lunghe, variando intensità ed intonazione”. Continua la dottoressa Martina Chiadò Piat, logopedista presso la Casa di Cura Villa Ida Korian.

“Non bisogna mai chiedere insistentemente al bambino di ripetere una parola o frase, fin quando non produrrà la formula corretta; oppure far finta di non capirlo o chiedergli di sforzarsi a parlare”. Conclude la dottoressa Martina Chiadò Piat, logopedista presso la Casa di Cura Villa Ida Korian.

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