La lattoferrina aiuta a combattere gli effetti del Covid-19

Uno studio clinico italiano, riguardo la somministrazione orale della lattoferrina in pazienti affetti da Covid-19

Medicina
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Durante la XV International Conference on Lactoferrin 2021 che si è tenuta a Pechino a dicembre, è stata dedicata una sessione sugli effetti della lattoferrina nel contenere i sintomi del Covid-19.

Sul tema, a settembre, è stato pubblicato sul “Journal of Clinical Medicine” uno studio clinico italiano, riguardo la somministrazione orale della lattoferrina in pazienti affetti da Covid-19, condotto utilizzando lattoferrina in capsule (Mosiac®, Pharmaguida). Ne parliamo con Piera Valenti, Professore Ordinario di Microbiologia dell’Università di Roma La Sapienza e Membro del Comitato internazionale di Esperti sulla lattoferrina e con il dottor Enrico Naldi, medico di Medicina Generale di Firenze.

Prof.ssa Valenti che novità sono emerse dall’International Conference on Lactoferrin?

“Ci sono state una serie di relazioni che hanno confermato l’efficacia della lattoferrina nel contrastare le infezioni da SARS-CoV-2. Infatti, vari ricercatori italiani e internazionali hanno presentato i risultati ottenuti in modelli in vitro che hanno evidenziato come la lattoferrina inibisca, nelle fasi precoci, l’entrata del virus nelle cellule e, conseguentemente, l’infezione da SARS-CoV-2. Questa inibizione è associata ad un legame tra la lattoferrina e le specifiche strutture delle cellule e le glicoproteine spike del virus. Inoltre, i risultati degli studi clinici presentati, anche se solamente su centinaia di pazienti Covid-19, hanno dimostrato che, oltre ai vaccini, una strategia vincente contro il Covid-19 può essere rappresentata, in pazienti affetti da SARS-CoV-2, da un trattamento immediato con la lattoferrina. Trattamento immediato è quello rappresentato dalla somministrazione di 1 g di lattoferrina al giorno, subito dopo il risultato positivo del tampone molecolare, somministrazione che viene prolungata fino alla negativizzazione dello stesso”. 

Siamo alle prese con le varianti del virus, la lattoferrina è utile anche sulle varianti?

“Si, il Prof Mattia Falconi ha pubblicato nel 2021 un lavoro in cui si dimostra un legame tra la lattoferrina e la variante Wuhan di spike. Attualmente sta pubblicando i dati di un altro studio in vitro sul legame tra la lattoferrina e le varianti Alfa, Beta, Delta e Omicron, che confermano gli eccellenti risultati ottenuti nei trial clinici in cui pazienti affetti dalle differenti varianti SARS-CoV-2 venivano trattati sempre con 1 g al giorno di lattoferrina”. 

Ci possono essere differenze tra le lattoferrine in commercio? 

“Purtroppo si. Infatti, il costo della lattoferrina varia in relazione alla purezza e alcune ditte acquistano lattoferrina a basso costo e pertanto di bassa qualità che, conseguentemente, non ha la stessa efficacia nel contrastare le infezioni rispetto alle preparazioni pure. Inoltre, alcuni produttori, per evitare brevetti internazionali già concessi sulle varie funzioni della lattoferrina, immettono in commercio prodotti in cui la lattoferrina è mescolata con le vitamine o lo zinco, senza aver eseguito alcuna ricerca scientifica. Il Comitato Internazionale sulla lattoferrina, di cui faccio parte, ha raccomandato nell’ultimo Convegno Internazionale sulla Lattoferrina (Pechino, dicembre 2021) di insistere presso i Ministeri della Salute dei singoli Paesi e presso l’EFSA e la FDA di obbligare i distributori di prodotti a base di proteine naturali a eseguire le analisi necessarie ad appurare la qualità del prodotto similmente a quanto avviene per i farmaci”. 

Dott. Naldi da quanto tempo usa la lattoferrina?

“Da circa 2 anni, cioè da quando ho cominciato a documentarmi, ho capito che questa proteina naturale, priva di effetti avversi e presente in elevata concentrazione nel latte materno e in tutte le secrezioni umane può essere particolarmente efficace nell’attività anti-SARS-CoV-2. Se la lattoferrina è presente in tutte le secrezioni ed è prodotta dai neutrofili, tra le più importanti cellule dell’immunità innata, vuol dire che ha un ruolo fondamentale nelle difese del nostro organismo”. 

Lei e una sua collaboratrice siete stati tra i primi a osservare che somministrando la lattoferrina in pazienti positivi si aveva una rapida negativizzazione del tampone e nessuna ospedalizzazione.  

“Si, noi abbiamo cominciato a utilizzare la lattoferrina già all’inizio della seconda ondata, da sola nei pazienti asintomatici e in combinazione con anti-infiammatori come i Fans o con altre terapie, laddove necessario per pregresse patologie, nei pazienti paucisintomatici o moderatamente sintomatici. È altresì importante un suo utilizzo tempestivo, cioè al manifestarsi dei primi sintomi o immediatamente dopo la risposta positiva del tampone. I nostri dati preliminari su 25 pazienti con Covid-19 sono stati presentati al Congresso sul Covid che si è tenuto a Codogno nel dicembre 2020”.

Ha continuato questo trattamento anche con gli altri suoi pazienti risultati positivi?

“Si, visti gli ottimi risultati che avevamo ottenuto dal punto di vista clinico. Consideri che in quel periodo c’erano tanti contagi, anche tantissime ospedalizzazioni e purtroppo anche tanti decessi. La somministrazione immediata di lattoferrina negli asintomatici o in associazione alla terapia con Fans e altri farmaci nei sintomatici, continuava a fornire risultati positivi e incoraggianti tanto da applicare questo schema terapeutico anche nella terza ondata, intervenendo sempre in maniera subitanea, senza utilizzare solo la tachipirina e applicare una vigile attesa. Questi risultati li abbiamo raccolti insieme ad altri colleghi che stavano utilizzando il trattamento con la lattoferrina e pubblicati su Journal of Clinical Medicine. I nostri pazienti, circa un centinaio, trattati con lattoferrina, nello specifico con le capsule di Mosiac®, si sono negativizzati dieci giorni prima rispetto al gruppo che non aveva assunto lattoferrina. Inoltre, nessuno dei nostri pazienti è stato ospedalizzato e non c’è stato nessun decesso. E sto continuando a utilizzarla, sempre in maniera tempestiva e cioè al manifestarsi dei primi sintomi”.

Quindi Lei non ha utilizzato il famoso protocollo, al centro di molte polemiche, ‘Tachipirina e vigile attesa’?

“No e sono fiero di non averlo fatto perché questo virus è subdolo ed è necessario spuntargli le armi da subito...cercare di non permettergli di replicarsi e spegnere l’infiammazione prima possibile: contro la replicazione di SARS-CoV-2 e l’infiammazione, l’aggiunta di lattoferrina nel trattamento di questi pazienti si è dimostrata un alleato ideale”.

Si sente parlare di sintomi che si manifestano dopo essere guariti dal virus, una lunga coda dell’infezione, detta Long Covid. Lei cosa ci può dire al riguardo? 

“Per quanto riguarda tutti i miei pazienti che hanno avuto l’infezione e che io ho trattato immediatamente con la sola lattoferrina o abbinata ai Fans o ad altri farmaci se necessario, nessuno di loro ha avuto problemi di Long Covid”. 

Nella sua esperienza clinica ha notato differenze nei tempi di negativizzazione del tampone nei pazienti affetti dalla variante Omicron o dalle varianti precedenti utilizzando la lattoferrina?

“Si, con la variante Omicron la negativizzazione avviene in tempi più brevi rispetto alla variante Delta: mediamente in 5 giorni utilizzando 1 g di lattoferrina, cioè 5 capsule al giorno, lontano dai pasti”.