Protesi al seno e cancro, c’è correlazione: la FDA segnala casi inattesi
Rifarsi il seno? Attenzione: il cosiddetto "ritocchino" è l’intervento di chirurgia estetica più praticato nel mondo, ma c'è una correlazione col tumore
Seno rifatto: gli operatori sanitari e le persone che hanno o stanno prendendo in considerazione le protesi mammarie dovrebbero essere consapevoli dei casi di cancro, anche se rari
La Food and Drug Administration statunitense segnala l’emergere di un numero di casi di cancro, tra cui carcinoma a cellule squamose e altri linfomi, collegati al tessuto cicatriziale intorno alle protesi mammarie. Restano casi rari, ma ci sono e fanno emergere una correlazione inattesa.
E non sono gli stessi riscontrati con i linfomi anaplastici a grandi cellule collegati a protesi mammarie di dieci anni fa, ha affermato l’agenzia nazionale americana in una comunicazione sulla sicurezza.
Fino al 1 settembre scorso si segnalavano un numero limitatissimo di casi. Ma da quella data la FDA ha ricevuto 10 segnalazioni di dispositivi medici su marcatori tumorali relativi alle protesi mammarie e 12 segnalazioni di dispositivi medici su vari linfomi correlati sempre alle protesi mammarie. La FDA ha affermato di essere venuta a conoscenza dei casi attraverso rapporti sui dispositivi medici, studi post-commercializzazione, letteratura pubblicata, dati dai registri e dai database dei reclami.
Il cosiddetto "ritocchino" al seno è l’intervento di chirurgia estetica più praticato in tutto il mondo.
Il New York Times sostiene che circa 400.000 donne statunitensi all'anno si facciano impiantare protesi mammarie: 300.000 per motivi estetici e 100.000 per ricostruzione dopo una mastectomia.
Il dato italiano è che circa 300.000 donne si facciano impiantare protesi al seno ogni anno.
Una prospettiva drammatica però per chi ha dovuto farsi rimuovere il seno o parte dei esso per un tumore. Ora emerge la possibilità, anche se rara, che per motivi legati alla protesi ci si possa procurare un nuovo tumore nella stessa parte di corpo offesa.
“Sebbene la FDA ritenga che le occorrenze di SCC (i marcatori tumorali, ndr) e i vari linfomi nella capsula attorno alla protesi mammaria possano essere rare”, scrive lo stesso istituto americano, “gli operatori sanitari e le persone che hanno o stanno prendendo in considerazione le protesi mammarie dovrebbero essere consapevoli del fatto che i casi sono stati segnalati alla FDA e in letteratura”.
Esistono due tipi di protesi mammarie approvate per la vendita negli Stati Uniti: riempite con soluzione salina e riempite con gel di silicone. Entrambi i tipi hanno un guscio esterno in silicone. Variano per dimensioni, spessore del guscio, struttura della superficie del guscio e forma (contorno). Le protesi mammarie non sono dispositivi a vita. Più a lungo si ha gli impianti, più è probabile che vengano rimossi o sostituiti.
“Attualmente, il tasso di incidenza e i fattori di rischio per SCC e vari linfomi nella capsula attorno alle protesi mammarie sono sconosciuti”, scrive la Fda, “In alcuni casi, alle persone sono state diagnosticate dopo anni di protesi mammarie. Questo è un problema emergente e la nostra comprensione si sta evolvendo. Per questo motivo, la FDA chiede agli operatori sanitari e alle persone con protesi mammarie di segnalare casi di SCC, linfomi o qualsiasi altro tumore intorno alla protesi mammaria alla FDA”.
“Anche se le donne che hanno avuto protesi non hanno bisogno di cambiare la loro routine, dovrebbero comunque essere consapevoli dei sintomi del cancro, che includono gonfiore, dolore, noduli o cambiamenti della pelle”, ha affermato la FDA.
La Fda invita le pazienti a monitorare le protesi mammarie finché le hanno. Se si notano cambiamenti anormali nel seno o nelle protesi occorre parlarne prontamente con il chirurgo o con il fornitore di assistenza sanitaria che le ha impiantate.